OCSE: bassa crescita stipendi italiani. Retribuzioni reali -6,9% rispetto al 2019

L’OCSE ha recentemente pubblicato un rapporto sull'occupazione, concentrandosi sulla transizione verde del lavoro. Complessivamente, la situazione delle retribuzioni in Italia, al netto delle analisi più avanzate, è piuttosto scoraggiante. L'Organizzazione parigina riporta che l'occupazione nell'area economica è ai massimi storici. Tuttavia, i dati aggiornati al primo trimestre del 2024 confermano il primato negativo dell'Italia per quanto riguarda i salari reali, ovvero al netto dell'inflazione. Con un calo del 6,9% rispetto al quarto trimestre del 2019, prima della pandemia, l'Italia è la peggiore dell'area euro (-2% per la Germania, +0,1% per la Francia), e terzultima tra i 38 paesi dell'Ocse, superata solo dalla Repubblica Ceca e dalla Svezia.

Nel suo focus sull'Italia, l'Ocse evidenzia che, grazie ai rinnovi di importanti contratti collettivi, soprattutto nel settore dei servizi, c'è stato un aumento dei salari negoziati, con un +2,8% rispetto all'anno precedente nel primo trimestre dell'anno. Tuttavia, la prospettiva è di una crescita contenuta dei salari reali nei prossimi due anni. I salari nominali sono previsti in aumento del 2,7% nel 2024 e del 2,5% nel 2025, rimanendo comunque sotto la media Ocse ma sopra l'inflazione, prevista all'1,1% nel 2024 e al 2% nel 2025, con un minimo recupero del potere d'acquisto.

Il problema dei salari in Italia non è nuovo. Solo pochi mesi fa, la Commissione europea nel suo rapporto sulla convergenza sociale ha affermato che "la crescita dei salari nominali non è stata sufficiente a compensare la perdita di potere d'acquisto causata dal recente picco di inflazione legato alla crisi energetica derivante dall'invasione russa in Ucraina". Inoltre, ha sottolineato che "i salari italiani sono strutturalmente bassitra il 2013 e il 2022, la crescita dei salari nominali per occupato è stata del 12%, la metà della crescita europea (23%)." Considerando il potere d'acquisto, l'Italia è in calo del 2% mentre la Ue cresce del 2,5%. La stessa Ocse, analizzando ulteriormente i dati Inapp, indica salari reali stagnanti dal 1991 al 2023 (+1%)rispetto al +32,5% della media dei Paesi OCSE.

Come fare spazio per aumentare gli stipendi, incrementando i costi di produzione, senza causare tensioni sui prezzi? La risposta è univocada Panetta all'Ocse: ora tocca alle aziende, che hanno accumulato buoni profitti scaricando a valle gli incrementi di costi dovuti all'inflazione (e, nel caso dell'export italiano, guadagnando in competitività), assorbire l'aumento degli stipendi senza toccare i listini

Ottimismo del Ministro Giorgetti in vista della manovra

Il Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti promette di raggiungere il pareggio di bilancio senza ricorrere a misure drastiche. Assicura che un Pil dell’1% per quest’anno è un traguardo facilmente raggiungibile e sostiene che l’Italia uscirà gradualmente dalla condizione di Paese ad alto debito, non più sotto stretta sorveglianza. Questo è il lessico ottimistico che il ministro ha usato all'assemblea dell’Abi per persuadere banchieri e l’Europa che l’Italia è pronta a crescere e a mantenere i conti in ordine.

Il ministro respinge l'idea che l'obiettivo dell'1% sia "politicamente comodo" e afferma invece che si basa su "criteri di ragionevolezza e responsabilità". Giorgetti sfrutta le stime presentate dal governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, per rafforzare il suo discorso: "La crescita acquisita per quest'anno è già dello 0,6%, e potrebbe arrivare allo 0,9% se le stime del secondo trimestre saranno confermate". Tuttavia, Panetta si limita a dire che la crescita del primo trimestre è stata dello 0,3% accenna a un ulteriore 0,3% per il secondo trimestresenza sbilanciarsi sulla proiezione annuale. Infatti, un'appendice del suo intervento suggerisce che la crescita potrebbe oscillare tra lo 0,7% e lo 0,9%, al di sotto dell'obiettivo di Giorgetti.

Le prospettive sono diverse anche nel linguaggio utilizzato: "In Italia, la crescita procede a ritmi moderati", afferma Panetta. Sottolinea che "il rafforzamento delle imprese, la solida posizione finanziaria delle famiglie e la forza delle banche" sono motivi per essere fiduciosi, ma avverte che "non bisogna cedere a un eccessivo ottimismo".

ISTAT: maxibonus assunzioni riguarderà solo 5% delle imprese

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni spiegava la sua misura con lo slogan «Più assumi, meno paghi». La maxi-deduzione del 120-130% sulle assunzioni a tempo indeterminato, valida solo per quest'anno, era uno dei punti di forza del governo. Tuttavia, l'Istat ha rivelato che solo il 5,6% delle imprese beneficerà di questa misura, mentre il 25,3% sarà penalizzato dalla soppressione dell'Ace (Aiuto alla crescita economica), eliminato per finanziare il maxi-bonus e per coprire la proroga del taglio del cuneo fiscale nel 2025

Così, le imprese risultano svantaggiate e l'impatto sull'occupazione è minimo. La questione era stata sollevata già dall'Istat, dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio parlamentare di bilancio subito dopo l'introduzione della super deduzione nella legge di Bilancio. Alle aziende sono stati tolti quasi 5 miliardi con l'abolizione dell'Ace e sono stati restituiti solo 1,3 miliardi sotto forma di incentivi per le assunzioni incrementali (assumere senza licenziare). Di conseguenza, le tasse per le imprese, cioè l'Ires, anziché diminuire, aumentano.

Secondo le nuove simulazioni dell'Istat, diffuse oggi, il 25,3% delle imprese subirà un aggravio d'imposta a causa dell'eliminazione dell'Ace. Le imprese più colpite sono nel settore manifatturiero (32,9%) e nei servizi di pubblica utilità (38%). La percentuale di aziende svantaggiate cresce con la dimensione dell'impresa (quasi una su due tra quelle con oltre 2 milioni di fatturato o con più di 50 dipendenti), tra le imprese più solide (42% con indicatore Isef “in salute”) e dinamiche, situate nelle regioni settentrionali e tra le esportatrici.

L'introduzione della deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale avvantaggerà solo il 5,6% delle imprese. Tra queste, le percentuali più alte si registrano nel settore manifatturiero (8%) e delle costruzioni (7,9%), con un aumento proporzionale alla dimensione aziendale.

Nel 2024, le misure adottate aumenteranno l'aliquota effettiva sui redditi di 0,3 punti percentuali, portandola al 18,9%,ancora inferiore all'aliquota legale (24%). Considerando anche la quota dell'Irap sui profitti, l'aliquota mediana effettiva sui redditi d'impresa, sarà del 24%. Le piccole imprese (fino a 500 mila euro di fatturato) vedranno una riduzione dell'aliquota effettiva di circa 0,4 punti percentuali (dal 17,7% al 17,3%), mentre le imprese con fatturato superiore ai 10 milioni di euro subiranno gli incrementi maggiori, oltre 0,8 punti percentuali (dal 19,1% al 19,9%).

Ex-Ilva: ok della Commissione Europea a prestito ponte di 320 milioni di euro

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha ricevuto dalla Commissione Europea una comfort letter che approva il "prestito ponte" di 320 milioni di euro per Acciaierie d'Italia, attualmente in amministrazione straordinaria. La lettera conferma una valutazione favorevole sui termini del prestito, che include un tasso di interesse annuo dell'11,6%.

"Questa approvazione dimostra la validità del piano industriale sviluppato dalla gestione commissariale e la capacità dell'azienda di rimborsare il prestito in tempi appropriatisenza configurarsi come aiuto di Stato", si legge in una nota del MIMIT.

ISTAT: Produzione industriale in lieve crescita (+0,5%) su aprile

La produzione industriale italiana ha registrato un lieve aumento a maggio, ma questo incremento non è sufficiente per compensare il calo rispetto all'anno scorso. Tuttavia, il rapporto mensile dell'Istat sull'economia italiana rivela un certo ottimismo.

L'Istat stima che, dopo due cali consecutivi, l'indice destagionalizzato della produzione industriale sia aumentato dello 0,5% rispetto ad aprile. Questo aumento congiunturale interessa quasi tutti i settoritranne i beni strumentali. Tuttavia, la media degli ultimi tre mesi mostra ancora una tendenza al ribasso, osserva l'Istat.

Comparando i dati con maggio 2023, l'indice complessivo della produzione industriale ha registrato una flessione tendenziale del 3,3% al netto degli effetti di calendario.

L'Unione nazionale consumatori ha interpretato questi dati come "una disfatta", parlando di "caduta libera" su base annua. "Per la sedicesima volta consecutiva la produzione industriale mostra dati negativi tendenziali. Una situazione preoccupante che richiede un rilancio della domanda interna e una maggiore capacità di spesa per le famiglie". Secondo i calcoli dell'associazione, la produzione di maggio 2024, pur crescendo dello 0,5% rispetto ad aprile 2024 nei dati destagionalizzati, è inferiore del 4,7% rispetto a gennaio 2023. Per i beni di consumo il divario è del 5,9%, che diventa addirittura -8,8% per i beni di consumo durevoli.

L'Istat evidenzia che la produzione italiana di autoveicoli ha subito un calo del 27,8% a maggio rispetto all'anno precedente. Nei primi cinque mesi dell'anno, la produzione è diminuita del 16% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Complessivamente, il settore della fabbricazione di mezzi di trasporto ha registrato la flessione tendenziale più ampia a maggio, con un calo dell'11,1% su base annua. Da inizio anno, la produzione si è ridotta del 6,7% rispetto ai primi cinque mesi del 2023.

In una nota separata sull'economia italiana, l'Istituto di Statistica rileva che la crescita continua, confermando un aumento congiunturale dello 0,3% (+0,7% su base annua) nel periodo gennaio-marzo, con una crescita acquisita per il 2024 pari allo 0,6%. L'espansione è stata sostenuta dai consumi e dagli investimenti, che hanno contribuito rispettivamente con 0,2 e 0,1 punti percentuali. Il contributo della spesa delle Amministrazioni Pubbliche è stato nullo. Positivo l'apporto della domanda estera netta (0,7 punti percentuali), dovuto a una riduzione delle importazioni (-1,7%) e a una moderata espansione delle esportazioni (+0,6%). Negativo invece il contributo delle scorte (-0,7 punti percentuali).

Segnali positivi provengono anche dal settore delle costruzioni, che ad aprile ha registrato un incremento del 2,3% rispetto a marzo, dopo due mesi di calo. Nella media febbraio-aprile, la produzione nel settore delle costruzioni è diminuita dell'1,2% rispetto al trimestre precedente.

  1. OCSE: bassa crescita stipendi italiani. Retribuzioni reali -6,9% rispetto al 2019
  2. Ottimismo del Ministro Giorgetti in vista della manovra
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