Il Governo pone la fiducia sulla manovra. Alta tensione nella maggioranza
Arriva in Aula alla Camera la legge di bilancio e, quando alle 8.00 si apre la seduta, i banchi del Governo sono deserti. A segnare queste ultime ora ci sono le forti tensioni interne alla maggioranza, soprattutto fra FdI e Lega, ma anche a livello più alto, fra Palazzo Chigi e Mef, una situazione che provoca le proteste delle opposizioni e un evitabile imbarazzo a Giorgia Meloni. La mattinata è segnata da contatti frenetici fra Roma e Bruxelles, mentre si precipitano a Montecitorio il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e quello dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Ciriani pone la questione di fiducia (con voto finale ora atteso nella serata di oggi) e non gli resta che chiedere scusa, a nome suo e del Governo, per il ritardo nell'inizio dei lavori. Possono esserci “stanchezza e incomprensioni” ma “le giustificazioni stanno a zero”, chiarisce con una postilla: “Non intendo ricorrere alla pratica dello scaricabarile come pure potrei”, parole da cui traspare la forte irritazione per la gestione della situazione.
La certezza è che a inizio seduta nessuno del Governo si è presentato. Nella maggioranza c'è chi dice che toccasse al sottosegretario all'Economia Federico Freni, della Lega. Lui, reduce dalle due notturne in commissione Bilancio, nega e alle 9.00 è in Transatlantico con una scolaresca. Nel frattempo, mezz'ora prima è arrivata un'altra sottosegretaria, Lucia Albano di FdI, neanche un mese fa sul banco degli imputati quando il Governo è andato sotto in una votazione sul taglio del canone Rai. Il tema sarà affrontato meglio ai piani alti lunedì, quando è anche in programma un Cdm. Per ora resta agli atti la protesta delle opposizioni: anche a loro Ciriani in Aula ha garantito il “massimo impegno affinché tutti i ministeri garantiscano doverosamente e prioritariamente la loro presenza puntuale in Aula e nelle Commissioni affinché questi episodi non si ripetano più”. Intanto però le polemiche vanno avanti.
Nel centrodestra si parla di un dissidio fra i due sottosegretari Freni e Albano ma anche delle perplessità all'interno di FdI per i modi con cui il Mef ha gestito la manovra, una conduzione troppo solitaria, dicono, e troppe le misure localistiche inserite alla fine dalla Lega. In realtà, fra i circa 300 emendamenti approvati, dalla riscrittura della tassazione sulle criptovalute alle pensioni, passando per i fondi per lo psicologo nelle scuole, ci sono numerose micronorme simili a favore dei territori, presentate e votate da tutti i partiti di maggioranza. Alla fine, al posto dei 144 originari, la legge di bilancio è composta dal solito articolo unico del maxi-emendamento. E non sono stati necessari né il temuto ritorno tecnico in Commissione, né stralci: a sorpresa ha preso forma una sovracopertura, di poco sotto i 100 milioni nel 2025 e di poco sopra nel 2026. Il governo ha due opzioni: migliorare i saldi o, più probabile, destinarli nel conto di controllo, uno strumento che il Psb dà alla politica economica da usare durante l'anno. Giancarlo Giorgetti liquida la caotica mattinata rimarcando che le “opposizioni fanno il loro lavoro” e conta di chiudere definitivamente la manovra il 28 al Senato. Quello che sembra certo è che qualche segno sulla maggioranza questa manovra rischia di lasciarlo. A gennaio si vedrà.
Meloni rilancia il modello Albania e trova l’asse con il Nord Ue
Nonostante la febbre, a Bruxelles Giorgia Meloni non ha voluto rinunciare alla riunione dei cosiddetti falchi sul dossier migranti. Di prima mattina dieci leader, così come lo scorso ottobre, si sono ritrovati in una delle sale dell'Europa Building; con loro, come due mesi fa, anche Ursula von der Leyen. È stata una riunione di coordinamento, molto positiva”, hanno spiegato più fonti diplomatiche, soddisfatte di un dato, innanzitutto: la presidente della Commissione ha assicurato che, quelli su rimpatri e Paesi sicuri, non saranno solo annunci.
La scaletta illustrata da von der Leyen è apparsa chiara: a febbraio la nuova direttiva sui rimpatri, entro giugno i nuovi codici per circoscrivere i Paesi sicuri di origine, puntando a definire tali anche quelli che, in alcune parti, non lo sono. L'altra novità dell'incontro è il saldarsi di un inedito asse Nord-Sud. A organizzarlo sono stati Italia, Olanda e Danimarca, ma al tavolo, inoltre, c’erano Polonia, Grecia, Cipro, Ungheria, Svezia, Malta, Repubblica Ceca. La linea dura sarà ribadita nel vertice del weekend, in Lapponia, tra Italia, Svezia, Finlandia e Grecia. La convergenza parte da origini diverse: i Paesi del Nord-Est, Polonia in testa, pretendono la chiusura totale contro la strumentalizzazione della migrazione della Russia; Italia, Malta e Grecia pur con esecutivi di colore diverso prediligono ormai la strada del “fermare i migranti illegali a casa loro” piuttosto che quella della solidarietà obbligatoria.
La riunione si è concentrata “sull'esigenza di disporre di un quadro normativo europeo sempre più chiaro ed efficace con, in particolare, il rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro per sostenere le soluzioni innovative, a partire dal modello Italia-Albania e dalla possibile creazione di returns hubs in Paesi terzi”. Il tema migranti, nel pomeriggio, è finito sul tavolo del summit dei 27 e, in chiave siriana, è stato centrale nella cena di lavoro. Meloni, tuttavia, aveva già lasciato il vertice per via del suo stato influenzale. La premier è riuscita a partecipare solo alla sessione con Volodymyr Zelensky rinunciando di porre a pranzo il dossier auto, sul quale comunque von der Leyen ha annunciato di aprire un dialogo strategico sulla scia di quello con gli agricoltori.
Oggi ci sarà la sentenza sul caso Open Arms. Salvini si dice tranquillo
È una vigilia di solidarietà per Matteo Salvini; oltre ai leghisti, si schierano dalla sua parte gli alleati in Italia e in Europa. E perfino oltreoceano; Elon Musk torna a mobilitarsi per lui: “E' assurdo che Salvini venga processato per aver difeso l'Italia”. Tra poche ore il processo Open arms arriverà al capolinea e in mattinata i giudici di Palermo entreranno in Camera di consiglio per decidere sul vicepremier, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per aver bloccato lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla ong Open Arms, nel 2019. Rischia sei anni di carcere. Il leader della Lega aspetta il verdetto in solitaria, o quasi. Atterrato a Palermo in serata, non si unisce ai parlamentari siciliani convocati per un direttivo simbolico e solidale.
Va in albergo a Mondello. “Preferisce stare solo e concentrato”, riferisce il suo colonnello della Lega sull'isola, il senatore Nino Germanà. Nell'aula bunker del carcere Pagliarelli, sarà con lui Giulia Bongiorno, nel ruolo di suo avvocato prima che leghista. Nessuna mobilitazione, invece, dei leghisti: “Ha deciso così Salvini stesso, quindi abbiamo accolto la sua scelta”, spiega Germanà. Poco prima a Bruxelles, circondato dall'amico Viktor Orban e dagli altri Patrioti per l'Europa, il capitano sfoggia sorrisi e una cravatta rosso-trumpiana e insiste: “Non sono preoccupato, sono fiducioso e determinato”, tanto che “mi aspetto l'assoluzione”, ribadisce. Ma nel caso opposto di una condanna, spiega, “per l'Italia sarebbe una figuraccia” e, ancor di più, “un sovvertimento delle regole democratiche”, denuncia al quotidiano olandese De Telegraaf.
Il vicepremier teme l'effetto domino che quel verdetto potrebbe avere: “Costituirebbe un pericoloso precedente. I Ministri di tutta Europa potrebbero chiedersi se potranno fermare i migranti”. Quindi difende la sua azione, perché “era sostenuta dall'intero Governo” (allora guidato da Giuseppe Conte) ed era “in linea con il programma elettorale della Lega”. Al di là del peso e delle eventuali conseguenze di una condanna sul governo Meloni, Salvini non ha cambiato idea sull'immediato futuro: resterà al suo posto, nell'esecutivo e nella Lega. A inizio anno dovrebbe riunirsi il congresso del partito, rinviato da tempo; al momento non si vedono rivali all'orizzonte, a contendergli la leadership. Del resto, ora è il momento della vicinanza, umana e politica.
Lucaselli attacca Mattarella: usa la Carta ma esprime sue opinioni
La stoccata al Capo dello Stato è arrivata a metà di una trasmissione pomeridiana. L'autrice è stata Ylenja Lucaselli, deputata di FdI, il partito della premier Giorgia Meloni: “Secondo me”, ha detto la parlamentare, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “utilizza molto spesso il riferimento alla Costituzione per esprimere la propria posizione rispetto ai provvedimenti del Governo, atteso che non esiste una sinistra, un'opposizione capace”. Insomma, un giro di parole per tratteggiare un ruolo del Colle che non sempre sarebbe super partes. Il Pd ha chiamato in causa la premier: “Chiediamo alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di prendere immediatamente le distanze”, ha detto la deputata dem Simona Bonafè, interpretando la posizione del Nazareno. Sulla stessa linea il leader dei Verdi Angelo Bonelli, deputato di Avs: “La leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni deve prendere una posizione e dire cosa pensa del gravissimo attacco della deputata Lucaselli”.
Il presidente del M5S, Giuseppe Conte, è andato all'attacco della deputata di Fdi e in difesa del Colle: “Lucaselli deve studiare di più. Se studiasse di più la nostra Costituzione non si permetterebbe di dire che il presidente Mattarella la usa per esprimere posizioni personali. Le sue posizioni, invece, sono equilibratissime e sono proprio per interpretare, leggere e divulgare i principi costituzionali. Nulla di personale”.
La critica di Lucaselli non era generica. L'esponente di Fdi aveva in mente norme ben precise: “Sicuramente c'è molto interventismo che poi non si traduce in realtà nel blocco di uno o più provvedimenti, come sull'immigrazione o il ddl Foti sulla revisione della Corte dei conti, perché ci sono una serie di misure imprescindibili e necessarie per il controllo della Corte conti su enti locali. In questo senso va il ddl Foti che può essere contestato, si può dibattere, verrà affrontato nelle sedi opportune del Parlamento. Il riferimento da parte del presidente della Repubblica è un po' oltre il potere”. L'accenno era alla frenata subita dal provvedimento che, con una particolare puntualità cronologica, è arrivata dopo la difesa del ruolo dei giudici contabili fatta da Mattarella all'inizio di dicembre, quando al Quirinale ha ricevuto i magistrati di nuova nomina.
Renzi è stato prosciolto sul caso Open
“Dopo anni di sofferenza oggi arriva la notizia: prosciolto. Volevano farmi fuori con un’indagine farlocca. Non ce l'hanno fatta”. Matteo Renzi, oggi prosciolto dal gup di Firenze Sara Farini per l'inchiesta su Open, si sfoga alla fine della vicenda giudiziaria sulla Fondazione nata per sostenere le iniziative politiche del leader di Iv quando era segretario del Pd. Renzi ricorda “gli ultimi cinque anni vissuti da appestato” a causa dell'inchiesta: “Sono stato politicamente massacrato da tanti, a cominciare da FdI e dai Cinque Stelle. In un mondo normale oggi Giorgia Meloni mi chiederebbe scusa per come ha cavalcato in modo vergognoso l'aggressione giudiziaria nei confronti miei e della mia famiglia. Non lo farà”.
Con lui prosciolti anche Maria Elena Boschi e tutti gli altri 9 indagati tra cui l'ex ministro Luca Lotti, l'imprenditore Marco Carrai e l'avvocato Alberto Bianchi. Renzi, Boschi e Carrai erano imputati solo di finanziamento illecito ai partiti. Tra le altre ipotesi di reato contestate dalla Procura a vario titolo anche il traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. “Prosciolto io, prosciolti tutti i miei amici” aggiunge Renzi che ribadisce “è stato un tentativo di assassinare un progetto politico, ne sono assolutamente convinto. E ciononostante dico che siamo più vivi e vegeti che mai e abbiamo voglia di futuro. Oggi in tanti dovrebbero scusarsi, Meloni e Travaglio in primis. Non lo faranno.
Alla Camera
Dopo che ieri il Governo ha posto la questione di fiducia, l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per l’approvazione, in prima lettura, del Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e del bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027 e dell’eventuale Nota di variazioni. La manovra poi passerà al Senato che dovrà, poi, approvarla definitivamente entro la fine dell’anno così da scongiurare l’esercizio provvisorio.
- Il Governo pone la fiducia sulla manovra. Alta tensione nella maggioranza
- Meloni rilancia il modello Albania e trova l’asse con il Nord Ue
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