Meloni sull’Ucraina chiarisce: non prepariamo la guerra
L'Occidente non si sta preparando a una guerra contro la Russia, anzi il sostegno all'Ucraina è per la pace e se è vero che “non molliamo” contro Putin è necessario anche evitare “atteggiamenti muscolari”. È il richiamo che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni invia coloro che nelle ultime settimane hanno alzato i toni nei confronti di Mosca, il presidente francese Emmanuel Macron ma anche quello americano Joe Biden e alcuni leader europei. Dal salotto di “Fuori dal coro” su Rete4 Meloni ha parlato di sicurezza, sanità, reazioni avverse ai vaccini contro il Covid, migranti, con i risultati che “arrivano” anche se il Governo è stato rallentato nella sua azione dalla sinistra e da “una certa magistratura politicizzata”. Ma sono naturalmente i temi di politica estera a tenere banco. La premier respinge le accuse di Vladimir Putin, secondo cui dietro l'attentato di Mosca ci sono l'Ucraina e l'Occidente, perché “è stato rivendicato” dall'Isis-K e il resto è “propaganda”.
La verità è che il leader russo in Ucraina “aveva in testa una guerra lampo che gli avrebbe consentito di invadere l'Ucraina” e se ci fosse riuscito “non si sarebbe fermato” ma avrebbe perseguito il disegno di tornare ai “confini storici della Russia” che incorporano anche “Moldova, Georgia, i Baltici, una parte della Finlandia, volendo anche la Polonia”. Dunque, chi aiuta Kiev lo fa per “allontanare la guerra” dal “cuore d'Europa”: solo così, “se non molliamo lo costringiamo anche a sedersi a un tavolo delle trattative per cercare una pace giusta”. In questa fase, però, serve cautela. Per Meloni si deve essere “muscolari nei fatti e non negli atteggiamenti” e dunque ribadisce: “Non ho condiviso le parole di Macron” su un possibile invio di truppe perché si deve “fare attenzione ai toni che si usano”. “Bisogna fare attenzione a come certe cose si vendono perché se ci mettiamo pure noi a fare la propaganda come i russi oggettivamente abbiamo un problema”.
Meloni dal Libano ribadisce il sostegno italiano alla sicurezza
Aumentare il contingente italiano impegnato nella missione bilaterale in Libano, che ora conta un centinaio di militari: l'ipotesi è stata affrontata nei colloqui avuti a Roma il primo marzo con il comandante delle Forze armate libanesi, il generale Joseph Aoun, e potrebbe rientrare tra le ulteriori attività a sostegno dell'esercito di Beirut per evitare un’escalation al confine Sud fra i gruppi di Hezbollah e Israele. È lo scenario che Giorgia Meloni vuole evitare, come ha ribadito anche nell'incontro con il premier libanese uscente Najib Miqati a Beirut. Nelle prossime ore la premier si recherà alla base militare italiana di Shamaa. La missione della presidente del Consiglio capita in una delle giornate più sanguinose da quando si è riacceso il conflitto: almeno 14 vittime, incluse le sei uccise nel raid israeliano nel sud del Libano, non lontano dalla base militare di Naqura, sede del quartiere generale di Unifil, la missione Onu di cui fa parte anche il contingente italiano con oltre un migliaio di soldati.
La de-escalation è stata al centro del faccia a faccia fra Meloni e Miqati. La premier ha ribadito “la volontà dell'Italia di continuare a contribuire alla sicurezza e alla stabilità del Libano, in particolare in questo momento storico”. Palazzo Chigi chiarisce la “necessità di evitare ogni rischio di escalation lungo il confine con Israele” fra i gruppi Hezbollah e l'esercito israeliano, un fronte che è tornato instabile dopo l'attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre. E anche per questo gli sforzi italiani puntano al cessate il fuoco a Gaza, per evitare conseguenze su più larga scala. L'Italia è pronta a contribuire con ulteriori attività a sostegno delle forze armate libanesi. Fra queste, ci sarebbe anche l'ipotesi di un aumento della presenza di militari italiani nella missione bilaterale Mibil. Come ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, “i nostri militari non sono lì solo per fare la guardia alla bandiera ma sono un braccio operativo della politica internazionale”.
La mozione di sfiducia a Santanchè agita la maggioranza
Il caso Santanché agita il Governo. La mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro la Ministra del Turismo, alla luce dell'indagine della Procura di Milano sul caso Visibilia, approderà in Aula alla Camera mercoledì prossimo, ma potrebbe slittare ancora, complice un ingorgo di provvedimenti. E nel frattempo nessuno nella maggioranza scommette siano esclusi colpi di scena. “Nessuno mi ha chiesto di dimettermi”, ha assicurato la ministra; c'è chi giura che la stessa Giorgia Meloni le abbia chiesto almeno una riflessione e segnali di pressioni arrivano anche dalla Lega, anche se il partito di Matteo Salvini ha provato a stoppare queste ricostruzioni con una nota: “La Lega è e resta garantista” e la vicenda che riguarda la Ministra “confermerà per l'ennesima volta la compattezza della maggioranza e la piena sintonia tra i leader”. Dopo Pasqua, tra mercoledì e giovedì, dovrebbe arrivare in Aula, sempre a Montecitorio, la mozione di sfiducia delle opposizioni al ministro Matteo Salvini, che riguarda i rapporti della Lega con il partito Russia Unita. L'esito di questa votazione non agita affatto la maggioranza che su questo è certa di superare l’ostacolo con semplicità.
Il Governo stringe le maglie del superbonus
Con il decreto-legge varato martedì sera dal Cdm, di fatto, il Governo archivia la stagione del Superbonus. Il testo presentato dal Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti parte dai dati Istat sulla revisione del deficit 2023, con un rialzo che tocca quota 7,2%, dopo gli incrementi del 2021 e 2022. Dunque, con il provvedimento vengono eliminati gli interventi successivi all’entrata in vigore delle nuove norme, le residue fattispecie per le quali risulta ancora vigente l’esercizio delle opzioni per il cosiddetto sconto in fattura o per la cessione del credito in luogo delle detrazioni. Tra le altre novità, c'è l’introduzione di misure volte mirate all'acquisizione di maggiori informazioni sulla realizzazione degli interventi agevolabili. Chi ometterà di trasmetterle, se relative agli interventi già avviati, subirà una sanzione amministrativa di 10mila euro, mentre per i nuovi interventi è prevista la decadenza dall’agevolazione fiscale. Inoltre, per stoppare la possibilità che soggetti terzi esposti con debiti verso l'erario possano fruire dei bonus edilizi, c'è la sospensione, fino a concorrenza di quanto dovuto, dell’utilizzabilità dei crediti d’imposta inerenti i bonus edilizi in presenza d’iscrizioni a ruolo o carichi affidati agli agenti della riscossione o atti dell’Agenzia delle entrate per importi superiori a 10mila euro.
E ancora, il decreto introduce misure per prevenire le frodi in materia di cessione dei crediti Ace, riducendo a una la possibilità di cessione ed estendendo la responsabilità solidale del cessionario alle ipotesi di concorso nella violazione, nonché ampliando i controlli preventivi in materia di operazioni sospette. C'è un nodo che nelle prossime settimane andrà sciolto, ed è quello relativo agli interventi per la ricostruzione delle zone colpite dai terremoti. In particolare, dalle Regioni del cratere in centro Italia arrivano richieste di “attenzione” al problema, mantenendo vive le agevolazioni. Dura anche la presa di posizione delle opposizioni, in particolare del M5S, ma dubbi ci sono anche nella maggioranza: “Rimangono degli aspetti da chiarire e perfino da correggere in fase di conversione del decreto: per esempio sulla cessione o sugli immobili appartenenti a onlus o in zone terremotate”, spiega la deputata di FI, Erica Mazzetti. Più certezze, invece, in FdI: “Nel decreto legge viene finalmente posto un argine a questo sistema malato, eliminando ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito ancora previsto per i bonus edilizi”, dice il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, che aggiunge: “Il Governo Meloni corre così ai ripari per evitare che si possano ripetere truffe nel settore dell’edilizia”.
Salvini rilancia il tetto del 20% agli stranieri nelle classi. Polemiche.
Sul caso Pioltello interviene il vicepremier Matteo Salvini non solo considerando “un arretramento” la chiusura della scuola per la fine del Ramandan ma anche proponendo la quota massima del 20% di bambini stranieri in una classe, parole che arrivano dopo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva espresso apprezzamento per il lavoro “che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell'adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”. Parole, quelle di Salvini, divergenti dal pensiero espresso dal Capo dello Stato: “Non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale. Finché l'Islam non si darà una struttura e non riconoscerà la parità tra uomo e donna chiudere la scuola mi sembra un pessimo segnale. È un segnale di cedimento e arretramento chiudere per il Ramadan”.
Salvini poi rilancia una proposta, quella del tetto agli alunni stranieri in aula, già avanzata anni fa dopo il caso di una scuola romana, la Pisacane, dove intere classi erano composte prevalentemente da bimbi immigrati o figli di immigrati. “Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l'italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe come fa una maestra a spiegare?”. Le parole del leader della Lega hanno scatenato delle immediate prese di posizione da parte di molti partiti a partire dal Pd: oltre che per i toni della proposta in molti hanno stigmatizzato le critiche di Salvini al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Alla Camera
Dopo che ieri ha approvato, in prima lettura, la proposta di legge sulla sicurezza stradale e di delega al Governo per la revisione del Codice della strada, nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana l’Assemblea della Camera non si riunirà. I lavori dell’Aula di palazzo Montecitorio riprenderanno mercoledì prossimo con la mozione di sfiducia mozione nei confronti del Ministro del turismo Daniela Garnero Santanchè, con l’esame della pdl sulla dichiarazione di monumento nazionale dei teatri italiani, del disegno di legge sugli enti del Terzo settore, della pdl sui costi di produzione per la fissazione dei prezzi nei contratti di cessione dei prodotti e della mozione di sfiducia nei confronti del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari costituzionali svolgerà delle audizioni sulla pdl sull’autonomia differenziata e, con la Giustizia, sul ddl governativo per il rafforzamento della cybersicurezza nazionale e sui reati informatici. La Giustizia svolgerà delle audizioni sul ddl di modifica del Codice penale, del Codice di procedura penale, dell'ordinamento giudiziario e del Codice dell'ordinamento militare e sulla pdl per la concessione della liberazione. La Ambiente, con la Attività Produttive, svolgerà delle audizioni sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
Al Senato
Dopo che ieri ha approvato il ddl per il contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne, l’Assemblea del Senato tornerà alle 10.00 per lo svolgimento di una interrogazione. Per quanto riguarda le Commissioni, la Giustizia proseguirà le audizioni sul ddl relativo ai cognomi dei figli. Tutte le altre commissioni invece torneranno a riunirsi la settimana prossima.
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