Meloni a pranzo da Mattarella per un confronto su legge di bilancio e dopo Fitto
L'incontro, assicurano sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi, era stato fissato alcuni giorni fa e rientra in quelli “di routine”, specie al rientro da importanti missioni internazionali. Il faccia a faccia di martedì a pranzo tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, però, arriva questa volta nel momento forse più caldo della vita della maggioranza, immediatamente dopo “l'inciampo” andato in scena al Senato sul decreto Fiscale, con Forza Italia che ha votato contro il Governo sull'emendamento per la riduzione del canone Rai presentato dalla Lega e sostenuto anche da FdI. La notizia del colloquio è trapelata ieri in ambienti della maggioranza e viene poi confermata dal Quirinale che parla di clima “cordiale e collaborativo”. Nessun incontro “a sorpresa”, sottolineano da Palazzo Chigi, “Sono pranzi che hanno fatto molto spesso da quando Meloni è premier e che sono quasi automatici quando ci sono missioni all'estero di rilievo, in questo caso la visita in Cina del Presidente della Repubblica, il G20 e la missione in Argentina per Meloni”, assicurano le fonti.
I due presidenti si sarebbero concentrati sulla legge di bilancio all'esame della Camera e avrebbero fatto poi “un excursus sull'Europa” dopo il via libera alla Commissione Ue con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo. Il futuro delle deleghe in capo al ministro (Sud, Pnrr, Coesione e Affari europei) è un dossier che la Meloni dovrà affrontare a breve. La premier ne parla con il Capo dello Stato, prospettando l'ipotesi che non verranno riassegnate nell'immediato: nessun rimpasto di Governo, insomma, nell'immediato, in piena sessione di bilancio, Meloni, infatti, preferirebbe prendersi un po' di tempo, anche per scegliere bene. Se, infatti, i dossier che riguardano Pnrr, Sud e Coesione potrebbero essere affidati a Ermenegilda Siniscalchi, attuale capo di gabinetto di Fitto, è la delega agli Affari europei, alla quale Mattarella è da sempre molto attento, a complicare un po' il quadro.
Ci sono poi le tensioni interne alla maggioranza. Da Palazzo Chigi assicurano che “le fibrillazioni che ci sono state ieri in Parlamento non c'entrano assolutamente nulla”, viene rimarcato. Dal Quirinale più volte è arrivato l'appello all'unità, alla coesione: per Mattarella “Non è l’antitesi della dialettica politica, nella differenza delle posizioni, delle idee. Al contrario è il quadro in cui questa dialettica, questo confronto, questa anche contrapposizione, talvolta, si articola. Dentro una cornice, però di unità che è l’interesse nazionale, l’interesse generale del nostro Paese”. Il ragionamento del Capo dello Stato non ha mai avuto destinatari specifici, ma fa riferimento a un metodo di confronto, anche aspro, ma che abbia come stella polare l'interesse collettivo. L'invito, quindi, pur nell'ambito della dialettica politica, è ad abbassare i toni. Anche i richiami arrivati nei giorni scorsi puntano alla tutela dell'interesse collettivo e al rispetto delle prerogative di tutti: netto quello arrivato sulla riforma del finanziamento pubblico ai partiti inserita in un emendamento al decreto fiscale e stoppata senza mezze misure dal Capo dello Stato. A dividere Meloni e Mattarella, infine, anche i recenti scontri tra politica e magistratura: il Quirinale si era detto stupito dopo l'incontro tra la premier e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, chissà se, un incontro “di routine”, possa essere servito a chiarire anche questo capitolo.
FI chiede maggiore collegialità. Salvini stempera le tensioni: “Peace and love”
Il giorno dopo lo scontro in maggioranza, con FI che ha votato in Commissione Bilancio al Senato con le opposizioni per respingere l'emendamento sulla conferma del taglio del canone della Rai, non si stempera ancora la tensione nel centrodestra. È bastata una frase del portavoce di FI Raffaele Nevi, che ha dichiarato: “La Lega si dia una calmata, abbassi i toni e torniamo a parlarci di più”, ad accendere di nuovo gli animi. Il vicepresidente del gruppo di FI alla Camera ha poi corretto il tiro, ma sul tavolo resta la richiesta di collegialità agli alleati. Insomma, non è andato giù al partito azzurro il fatto che si cerchino i fondi per la sforbiciata sul canone della Rai e non quelli su altre imposte, a partire dalla sugar tax. E resta anche l'irritazione della premier per l'incidente parlamentare. Ma l'obiettivo dell'alleanza è spegnere l'incendio, da qui l'appello reiterato del presidente del Consiglio a fermare le polemiche. Tra messaggi e telefonate, il dialogo tra la premier e gli altri leader è costante; il Cdm di oggi è l'occasione, all'ordine del giorno il decreto sulla giustizia, per un chiarimento e rinsaldare l'unità su uno dei temi principali, quello appunto sulla giustizia, anche perché all'inizio della prossima settimana arriverà il primo sì in Commissione sulla separazione delle carriere, e tanto più che la riunione servirà anche per salutare Raffaele Fitto che traslocherà in Europa.
I due vicepremier hanno del resto hanno fatto sapere di non voler soffiare sul fuoco delle polemiche. Per Antonio Tajani il caso è chiuso: “Non ci saranno problemi nella maggioranza, si andrà avanti fino a fine legislatura”, ha sottolineato, mentre Matteo Salvini ha spiegato di non voler litigare con il responsabile della Farnesina (“Non ho voglia di fare polemica: andiamo avanti occupandoci di altro. Mi rifiuto di pensare che un collega che stimo come Tajani voti in Parlamento per interesse di un'azienda privata”, pur ricordandogli che il centrodestra è stato eletto per ridurre le tasse. “Peace and love”, la formula del responsabile dei Trasporti e delle Infrastrutture. Domenica, tra l'altro, i leader della coalizione si vedranno all'assemblea nazionale di Noi moderati e un nuovo vertice potrebbe tenersi anche la prossima settimana. Ci sono da sciogliere diversi nodi, oltre a quelli legati alla Rai, a partire dall'iter della legge di bilancio al dopo-Fitto. Intanto il Governo ha incassato ieri la fiducia sul decreto fiscale a palazzo Madama.
La tensione fra FI e Lega pesa anche sulle giunte di Lazio e Calabria, e non solo
Dalla Rai all'autonomia, dallo ius scholae agli extra profitti, sono diversi i temi che hanno portato fibrillazioni nel centrodestra a livello nazionale. Ma le tensioni tra gli alleati non si fermano a Roma: infatti, sono arrivate alle stelle, ormai da mesi, anche in alcuni governi territoriali. Le scosse più evidenti nel Lazio e in Calabria: nella Regione guidata da Francesco Rocca, indipendente vicino a FdI, da mesi si consuma una guerra fredda, tra richieste, minacce, e momenti di ritrovata serenità, con episodi di stallo nella giunta ma soprattutto nei lavori del Consiglio, ripresi dopo un lungo periodo di stop. Nell'esecutivo del Lazio il partito di Antonio Tajani da luglio ha puntato i piedi in diverse occasioni per ottenere più peso politico. Dopo una fruttuosa campagna acquisti che ha portato ad accrescere il gruppo di Fi, passando da 4 a 7 consiglieri arrivati nel gruppo da M5S e Lega, e dopo il risultato alle europee, gli azzurri hanno chiesto più considerazione e rappresentanza, una richiesta questa ai danni della Lega, ma anche di FdI.
Ma al centro di queste giornate c'è anche la regione del forzista Roberto Occhiuto, già schieratosi contro l'autonomia. In Calabria, dopo l'astensione della Lega in Commissione Bilancio del Senato che ha provocato lo stop all'emendamento presentato da FI sulla sanità regionale nell'ambito del Decreto fiscale, la vicenda non sembra avere provocato particolari fibrillazioni per quanto concerne la tenuta della maggioranza in sé e il governatore confida che la situazione possa rientrare. Nel territorio calabrese, però, scossoni nella maggioranza ci sono stati. Il Carroccio infatti, che da qualche settimana è stato affidato alle cure di Filippo Mancuso; presidente del Consiglio regionale e campione di preferenze alle europee, nell'ultimo periodo ha dovuto accusare due pesanti defezioni: a fine ottobre ha lasciato il partito il consigliere regionale Pietro Molinaro che ha aderito a FdI, mentre qualche giorno prima era stata la volta di Roy Biasi, sindaco di Taurianova, già esponente di punta della Lega in provincia di Reggio Calabria, di passare a FI. Gli azzurri non hanno limitato la campagna acquisti a queste due regioni, frizioni infatti si sono viste al consiglio regionale del Piemonte, in Valle D'Aosta e movimenti si sono visti anche dalla Campania, all'Abruzzo, dalle Marche fino alla Sardegna.
Per il dialogo tra Italia e Regno Unito la chiave è “Creare Opportunità”
“Creating opportunities” (Creare Opportunità): con questo titolo si è aperta oggi la 32/ma edizione del Convegno di Pontignano, uno tra gli appuntamenti più importanti dell'agenda bilaterale anglo-britannica e che riunisce ogni anno esponenti dei Governi, del business e della società civile per una due giorni di confronto, in particolare attraverso workshop tematici ma anche contatti e scambi nell'ambito di una comunità attenta e attiva nei rapporti fra Italia e Regno Unito. Rapporti che si confermano stretti anche nelle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha voluto inviare un messaggio di buon lavoro ai partecipanti, sottolineando la “storica amicizia” fra Roma e Londra e ha ricordato che Italia e Regno Unito hanno assicurato “il sostegno incondizionato all'Ucraina fin dal primo giorno della guerra di aggressione russa” e stanno compiendo uno “lo sforzo congiunto per porre fine al conflitto e offrire al popolo ucraino un futuro di pace”. In prima linea, ha rimarcato, “negli sforzi internazionali per evitare un'escalation in Medio Oriente, nella convinzione comune che una soluzione duratura a questa crisi risieda nella soluzione di due Stati per due popoli”.
Meloni ha ricordato che a settembre “ho avuto il piacere di ricevere il primo ministro Starmer a Roma e di firmare una dichiarazione congiunta volta a rafforzare le nostre relazioni strategiche” in materia di politica estera e di difesa, “rafforzare ulteriormente le nostre relazioni economiche e trovare nuovi punti di contatto in materia di sicurezza e di lotta alla criminalità, a partire dalla lotta all'immigrazione clandestina”. Temi ribaditi nei diversi interventi, a partire dalla vicepremier britannica Angela Rayner che, tra le altre cose, ha ricordato ed elogiato il contributo di “600mila residenti italiani” nel Regno Unito. Rayner ha sottolineato tra le priorità del nuovo Governo in carica a Londra dall'estate quella di lavorare a un “nuovo inizio con i nostri partner” evocando quindi la strategia del Britain-Eu reset lanciata dal primo ministro Keir Starmer nel riallacciare rinnovati rapporti e collaborazioni post Brexit con i Paesi partner, Italia e Regno Unito, che, ha detto la vicepremier, “continueranno a procedere insieme, con obbiettivi comuni, in quanto partner, alleati e amici”.
Schlein lancia il progetto per l’Italia in Direzione nazionale
È una Elly Schlein molto determinata quella che apre la Direzione nazionale del Pd. Si rivolge al suo partito per celebrare il successo alle Regionali e intanto traccia il percorso dem per i prossimi mesi senza scadenze elettorali. A una “destra alla sbando, impegnata a litigare anziché a governare”, la leader oppone la costruzione di un “progetto di alternativa per l'Italia”. Insomma, lo sguardo è già alle prossime politiche e l'appello è diretto sia alle forze di opposizione, chiamate a cercare convergenze nelle Istituzioni, sia “alle migliori energie che attraversano il Paese”. “Battiamo le destre e scriviamo una nuova pagina”, incalza e avvisa sullo spirito “testardamente unitario”: non si può rinunciare “all'iniziativa del Pd, prima forza di opposizione e primo partito in tanti territori”. Il discorso della segretaria, non a caso, comincia dall'analisi degli ultimi “straordinari risultati” elettorali: “Siamo partiti da un 6 a 1 nelle Regioni per il centrodestra, e ora siamo 4 a 3”.
Parla di “un rinnovato clima di fiducia e di speranza verso il Pd, frutto dello spirito unitario del gruppo dirigente”. Schlein evidenzia la compattezza del partito, che dopo i successi sembra confermare una pax interna. “È l'inizio di un nuovo ciclo”, esulta la leader, impegnata a delineare un “rilancio organizzativo, programmatico e politico” del Pd che comincia proprio dal “progetto per l'Italia”. La segretaria dem, a proposito di alleanze, rivendica la sua linea: “Continuiamo a sollecitare iniziative unitarie sui temi, lo faremo senza tentazioni egemoniche, senza irrealistiche vocazioni all'autosufficienza, senza preconcetti, ma partendo da proposte concrete”. Per la Schlein non è un auspicio, ma “un metodo” già all'opera nei territori come sulla manovra. E ora gli sforzi sono tutti concentrati nella battaglia comune sulla legge di Bilancio.
La strada verso una coalizione di centrosinistra, però, appare ancora in salita e la politica estera, stando alle ultime spaccature al Parlamento Ue, resta il principale terreno di scontro. Schlein, nel suo discorso, insiste sui rischi del “pericoloso trumpismo” e sull'impegno per “una pace giusta” in Ucraina. Il presidente M5S Giuseppe Conte, invece, rimarca le distanze sul sostegno militare a Kiev. E gli occhi della segretaria sono puntati proprio sul Movimento: “Seguiamo il dibattito interno alle altre forze che si dichiarano progressiste” e, sottotraccia, rileva quel “progressisti indipendenti” lanciato dal leader pentastellato alle prese con Beppe Grillo. Intanto si attende il nuovo banco di prova per i leader del cosiddetto campo largo: domenica saranno tutti a Chianciano per la festa di Europa Verde, tutti, tranne Matteo Renzi, verso cui i veti di Avs e M5S non accennano a cadere.
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