Il premierato va avanti in Commissione: ok ai nuovi poteri al premier
Primo via libera all'elezione diretta del premier: nella Commissione Affari costituzionali del Senato è stata approvata la modifica all'articolo 92 della Costituzione, inserendo il principio dell'elezione diretta del capo del Governo. È stato anche fissato il limite dei mandati, il premio di maggioranza, e il diritto di nomina e di revoca dei ministri da parte del presidente del Consiglio, con il presidente della Repubblica che diventa esecutore di queste decisioni conferendo e togliendo gli incarichi. Così, dopo la discussione della scorsa settimana, si torna sulla questione della legge elettorale: “Ho detto e ripeto che la legge elettorale si farà dopo una prima approvazione. Perché diversamente il testo, oggi in discussione, sarebbe stato ingabbiato con paletti insormontabili”, questo il monito e la ratio ribadita da Elisabetta Casellati, ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, nell'affrontare il tema post-riforma. A tutto questo però sono seguite parole del presidente di Commissione: per il senatore di FdI Alberto Balboni, infatti, anche se il testo ancora non c'è, per il sistema elettorale le opzioni sono due per garantire governabilità e rappresentanza dopo l'approvazione del premierato: soglia minima e ballottaggio.
Come garantire quindi il 51% di rappresentanza in Parlamento se una lista arriva al 30? “Con un sistema che si chiama ballottaggio”, ha affermato. Le alternative sono “o un Parlamento proporzionale, ma sarebbe una contraddizione. Oppure stabilire una soglia minima, del 42 o 43%, che sceglierà il Parlamento”, sotto la quale “resta solo il ballottaggio”. Un'ipotesi, quella del doppio turno, che secondo il leader del M5S Giuseppe Conte “sarebbe un temperamento alle storture, agli squilibri di questa riforma”. In questo contesto, proprio sulla governabilità, è tornata anche la Lega, ponendo quesiti agli alleati. Il vicepresidente della Commissione Paolo Tosato ha infatti chiesto certezza sul dare garanzia al premier eletto di una maggioranza parlamentare: “Deve uscire una legge perfetta”, ha detto Tosato, poiché altrimenti si rischiano di allungare i tempi. Intanto come preannunciato dalla Casellati, il testo, rimarrà in Commissione fino a fine aprile, poi sarà pronto per l'Aula.
La Lega ribadisce: l’accordo con Russia unita non vale più
Alla vigilia delle mozioni di sfiducia contro i ministri Salvini e Santanchè, la Lega fa sapere che gli accordi con Russia Unita “non hanno più valore” dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. In più la linea “è confermata dai voti in Parlamento”, dicono i leghisti ricalcando le parole usate anche da Giorgia Meloni per frenare le ricostruzioni di una distanza tra gli alleati di centrodestra sul dossier. In una nota il Carroccio chiarisce: “Dispiace che l'Aula debba perdere tempo per polemiche inutili e strumentali”; ma le rassicurazioni che l'invasione dell'Ucraina abbia cambiato “i rapporti e i giudizi” nei confronti di Mosca, che pure è stato “importante interlocutore di tutti i Governi italiani”, non basta a fare desistere le opposizioni. Avanti quindi con la mozione, perché “le ambiguità di Salvini sulla Russia sono tutt'altro che chiarite”. Resta insomma una grana per il vicepremier, alle prese anche con i malumori interni: una ventina di ex parlamentari e amministratori locali perlopiù lombardi, tra cui Paolo Grimoldi e Cristian Invernizzi, hanno messo nero su bianco in una lettera al leader le perplessità per le scelte che hanno portato a “isolare” la Lega, ad allontanarla dalle forze autonomiste e federaliste” per fare accordi “con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche”. Ma anche per criticare la scelta di candidare alle europee “personaggi con forte marcatura nazionalista, totalmente estranei al nostro movimento” come il generale Roberto Vannacci.
Bocciate le mozioni di sfiducia a Salvini e Santanchè
La mozione di sfiducia a Matteo Salvini è stata respinta con 211 voti contrari e 129 favorevoli, mentre i 213 voti contrari blindano, almeno per ora, la Ministra del Turismo Daniela Santanchè. Per quanto riguarda la Ministra, questa volta anche Azione ne chiede le dimissioni, alla luce di quanto emerso sulle società Visibilia, Bioera e Ki Group, ma non Italia viva. La bocciatura delle mozioni di sfiducia rivolte ai due Ministri era data per scontata nella maggioranza. Ma alcuni punti di differenza in Aula si sono notati. In primis, il posizionamento di Iv che, dopo aver votato con l'opposizione contro Salvini, si è schierata con la maggioranza a favore di Santanchè. Poi, l'atteggiamento di +Europa, i cui rappresentanti, che avevano votato la sfiducia a Salvini, non hanno preso parte alla votazione. Diverse assenze anche nella maggioranza (tra cui Marta Fascina e Antonio Angelucci) e tra i banchi del Governo e il Pd già intravede del gelo tra la titolare del Turismo e la premier Giorgia Meloni su alcune nomine dell'Enit: “Si parla di commissariamento da parte di Palazzo Chigi”, dice il deputato Vinicio Peluffo. Se la partita dell'Aula è chiusa, con il 2 a 0 a favore del Governo, quella giocata sottotraccia nella maggioranza e, in particolare, dentro Fratelli d'Italia è ancora apertissima. Tra i parlamentari di FdI circola la voce, sussurrata, che la premier Giorgia Meloni e la Santanchè avrebbero già concordato il passo indietro della Ministra in caso di rinvio a giudizio.
Mattarella lancia la sua preoccupazione sul Medio Oriente
Cresce l'allarme per le condizioni della popolazione a Gaza e la preoccupazione si consolida per l'espansione del conflitto in MO. Sergio Mattarella esce preoccupato dopo un colloquio con il presidente ivoriano Alassane Ouattara con il quale ha a lungo analizzato la crisi israelo-palestinese ed è stato informato delle pesanti ripercussioni che sta avendo nel continente, dove crescono i sentimenti anti-israeliani. Ne esce un allarme condiviso che il presidente della Repubblica esplicita con chiarezza, senza nascondere quanto l'immagine di Israele sia pericolosamente a un bivio: “Siamo preoccupati per la situazione in MO dopo la nefasta giornata di vergogna del 7 ottobre, un giorno di onta, con attacchi di Hamas contro inermi cittadini, bambini, donne e anziani e poi con la reazione di Israele con sofferenze gravissime per la popolazione di Gaza”, premette il capo dello Stato condannando gli orrori compiuti da Hamas in territorio israeliano. Ma aggiunge una sottolineatura che ben rende quanto ormai il Governo israeliano sia richiamato dal mondo occidentale a un comportamento diverso rispetto alla popolazione palestinese: si tratta di “una condizione che rischia di creare ostacoli anziché agevolare la prospettiva di sicurezza di Israele e la possibilità di costruire uno Stato palestinese, per cui resta solo una soluzione, quella dei due popoli due stati”.
Tajani e Metsola parlano delle possibili interferenze sul voto di giugno
Una settimana dopo la denuncia del premier belga Alexander De Croo sugli eurodeputati assoldati dal Cremlino per diffondere la sua propaganda anti-Ue e anti-Kiev, Roberta Metsola prende per la prima volta la parola a Bruxelles: ammette che la “minaccia” è reale, ma assicura che sotto la sua guida l'Eurocamera “non ha paura” e sa “come lavorare” per scacciare lo spettro delle trame russe dal voto europeo. La linea è condivisa dal vicepremier Antonio Tajani, convinto che la guerra ibrida di fake news e manipolazione “non condizionerà” l'appuntamento alle urne cruciale per il futuro dei Ventisette. La rassicurazione sul lungo periodo però non basta: per contrastare gli euroscettici, è il monito congiunto, l'Unione dovrà riformarsi. Le indiscrezioni sui deputati, soprattutto del gruppo di ID, che avrebbero ricevuto soldi dal network propagandistico Voice of Europe si rincorrono; il nome più bersagliato è quello del candidato di estrema destra di Alternative fuer Deutschland (AfD) Petr Bystron, che in patria si difende dalle accuse. Anche per questo, scandisce il vicepremier, servirà “più Europa, da un punto di vista politico e militare”, ma anche legislativo, dando all'Eurocamera “lo stesso potere che hanno gli altri Parlamenti del mondo”. Un tavolo di riforme che potrà partire solo convincendo gli elettori a recarsi alle urne e a scegliere la sponda europeista.
Salvini annuncia l’avvio della procedura contro Austria per i blocchi al Brennero
È partita la procedura d'infrazione contro l'Austria per i divieti ai Tir introdotti da Vienna, e l'8 aprile prossimo si terrà un'audizione in contraddittorio davanti alla Commissione europea; entro il 15 maggio Bruxelles dovrà prendere una decisione. Ad annunciarlo è il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini durante il question time alla Camera, rispondendo a una interrogazione: “I divieti unilaterali dell'Austria sono inaccettabili e insostenibili perché bloccano il principale asse di collegamento tra il sud e il nord Europa e a fronte dell'inerzia della Commissione pluriennale, dopo quattro anni di attesa di una soluzione negoziata, che non è arrivata, insieme al presidente Meloni e al Ministro Fitto e agli altri Ministri competenti, abbiamo deciso per la prima volta nella storia di attivare formalmente la procedura prevista dall'articolo 259 del Trattato Istitutivo dell'Ue”, dice Salvini in Aula, sottolineando che si tratta “di un gesto forte, inusuale ma necessario”. Sulla procedura d'infrazione si dice scettica proprio la Commissaria europea ai Trasporti Adina Valean. “So che l'Italia vuole portare l'Austria in tribunale, vedremo che cosa farà la Corte di Giustizia europea, è il modo più rapido per risolvere la questione. Una sentenza è molto più rapida di qualsiasi procedura d’infrazione”, spiega. Quindi ricorda che la questione Brennero “va avanti da tempo” e fa notare che come in Commissione Ue “abbiamo esaurito tutte le nostre possibilità per trovare una soluzione”.
La maggioranza accelera su Autonomia e Premierato, a fine aprile in aula
Il 23 e il 24 aprile, le Commissioni Affari costituzionali di Senato e Camera concluderanno l'esame rispettivamente del ddl sul premierato e del ddl sull'autonomia, il che consentirà a entrambe i provvedimenti di approdare nelle due aule parlamentari entro fine aprile. Le decisioni prese dalle due Commissioni sanciscono la tenuta del patto tra FdI e Lega sui due provvedimenti bandiera per i partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, nonostante i molti dubbi sul testo del premierato, su cui la ministra Maria Elisabetta Casellati ha ammesso ci siano interpretazioni diverse sulla sua applicazione. La Conferenza dei capigruppo di Montecitorio aveva indicato nei giorni scorsi il 29 aprile come data di approdo in Aula del ddl sull'autonomia differenziata, benché la Commissione Affari costituzionali stia ancora ascoltando gli esperti sul testo. Tuttavia, la Commissione ha deciso un iter acceleratissimo dell'esame, con voti concentrati in soli tre giorni (rispetto ai tre mesi del Senato), dal 22 al 24 aprile giorno in cui concluderà l'esame con il mandato ai relatori a riferire in Aula. Un'ora prima una decisione analoga era stata presa dalla Commissione Affari costituzionali del Senato, impegnata nelle votazioni del ddl sul premierato: il 23 aprile si concluderà l'esame con il voto del mandato al relatore, benché nella seduta di giovedì siano emersi problemi interpretativi del testo, su un articolo rilevante riguardante le norme sulle crisi di Governo e sui poteri del Presidente della Repubblica in queste situazioni. La ministra Casellati ha ammesso che vi sono due interpretazioni, ma che la maggioranza ne ritiene corretta una. E questo benché la maggior parte dei costituzionalisti, come hanno rilevato le opposizioni, ritenga che lo sia l'altra che si basa sulla prassi finora in vigore. L'oggetto del contendere è la possibilità del premier eletto di chiedere al Capo dello Stato lo scioglimento delle Camere oppure un nuovo incarico, cambiando la maggioranza che lo sostiene o la possibilità che il premier eletto faccia la “staffetta” con un secondo premier della stessa maggioranza.
Salvini lancia il “salva casa” e le opposizioni parlano di condono elettorale
Matteo Salvini lancia “il salva-case”, un pacchetto di norme volto a regolarizzare le “piccole difformità” all'interno delle abitazioni, con l'obiettivo di rimettere sul mercato una moltitudine di immobili e quindi “aiutare migliaia d’italiani che non possono vendere o comprare casa per 20 cm di soppalco”. Il pacchetto prende di sorpresa la premier Giorgia Meloni e viene bollato dalle opposizioni come un nuovo condono edilizio. “Salvini mi accennò qualcosa diverso tempo fa, ha affermato la premier, “Poi ho visto che oggi ha ribadito che sta lavorando a questa norma, ma non la conosco, non sono in grado esprimere giudizio” ha detto la Meloni. L'annuncio è arrivato dal Ministero delle Infrastrutture dopo aver incontrato associazioni, imprese e istituzioni alle quali sono state illustrate le linee guida. Si tratta di una serie di misure che “mirano a regolarizzare le piccole difformità o le irregolarità strutturali” che interessano, secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, quasi l'80% del patrimonio immobiliare italiano. Il mese scorso in un question time alla Camera il vicepremier aveva anticipato di star “lavorando per una proposta di legge di pace edilizia”. Non è ancora chiaro quale iter potrebbe prendere il progetto ma si parla di un intervento urgente. Potrebbe così arrivare un nuovo decreto infrastrutture, ma non è nemmeno escluso che le norme approdino in Parlamento con un emendamento; un testo omogeneo per i temi trattati c'è già, il decreto Superbonus. Inevitabili le accuse delle opposizioni. “Lo chiama pace edilizia ma in realtà è la promessa elettorale per sanare abusi e ristrutturazioni illecite”, afferma Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera.
Mattarella chiude la sua visita in Costa d’Avorio e rilancia il Piano Mattei
Cooperare in modo paritario e concreto per affrontare insieme le “sfide” che il mondo ha di fronte: energia, ambiente, formazione e sviluppo sostenibile. Mentre il Governo è alle prese con la definizione di progetti e bandi per il Piano Mattei, Sergio Mattarella nella sua seconda giornata in Costa d'Avorio fa una prima tappa allo stabilimento Eni di Baleine, ad Abidjan. Il giacimento è stato scoperto nel 2021 e la produzione è stata avviata nel 2023. Il progetto contribuisce ad assicurare alla popolazione l'accesso all'energia e rafforza la posizione della Costa d'Avorio come hub energetico regionale. Il Capo dello Stato ha visitato l'infrastruttura per il trasporto del gas lungo la strada per Grand Bassam alla presenza delle massime autorità ivoriane: “La collaborazione tra Eni e Petroci è un segno della collaborazione tra la Costa d'Avorio e l'Italia”. Il ministro delle Miniere, del Petrolio e dell'Energia Mamadou Sangafowa-Coulibaly sottolinea che “nell'ambito del Piano Mattei si provveda alla costruzione in Costa d'Avorio di un terminale di gas con capacità di stoccaggio per permettere di coprire il 100% del nostro territorio con l'elettricità”. Sostenibilità economica, ambientale e sociale, insomma, per il Capo dello Stato, vanno di pari passo ed è questa l'indicazione di rotta che arriva per il piano Mattei.
Nuova inchiesta sulla regione Puglia spacca Pd e M5S. Conte: stop alle primarie
La nuova bufera giudiziaria che piomba su Bari spacca Pd e M5S, e manda a monte le primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra che avrebbero dovuto tenersi domenica. Il leader del Movimento si sfila dalla consultazione di coalizione e il botta e risposta con il Nazareno non sembra lasciare spazio a dubbi: le primarie saltano e ora ai due partiti non resta che individuare un candidato comune o andare separati alle elezioni comunali. L'inchiesta sui voti comprati, condotta dalla Procura di Bari, porta a 10 misure cautelari e 72 indagati, tra cui l'assessora ai Trasporti della Regione Puglia Anita Maurodinoia, suo marito Alessandro Cataldo, il sindaco di Triggiano Antonio Donatelli e l'ex assessore di Grumo Appula Nicola Lella. Il nuovo caso di presunto malaffare in Puglia e nella provincia di Bari non può non provocare reazioni: “La vicenda di Triggiano, se le accuse saranno confermate, è gravissima. Voglio chiarire innanzitutto una cosa, la linea del Pd è molto chiara: non accettiamo voti sporchi. Non tolleriamo voti comprati”, assicura la segretaria Elly Schlein. La presa di posizione però sembra non bastare a Giuseppe Conte “Per il Movimento 5 Stelle non ci sono le condizioni per svolgere seriamente le primarie.”. Il messaggio agli alleati appare chiaro: stop alle primarie per convergere su Laforgia come candidato comune. Ma il Nazareno giudica “incomprensibile” la “scelta di Conte di uscire dalle primarie”, e “se il M5S pensa di vincere da solo contro la destra proceda pure”. La replica dell'ex premier, durante il comizio serale, rende ancor più evidenti le sue intenzioni: “Le primarie non mi sembrano più all'ordine del giorno. Laforgia è in campo. Riteniamo di dover rafforzare la sua candidatura e invitiamo tutte le forze politiche e civiche a convergere su Laforgia in modo unitario, senza dividerci”.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 2 aprile, si registra un -0,3% per Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che però resta saldamente primo partito italiano con il 26,7%. A fare da contraltare, il PD, che sale al 20,1%. Scende al di sotto dei 7 punti il distacco tra FdI e il PD che ora si attesta al 6,6%. Terza forza nazionale e in sensibile ascesa il Movimento 5 Stelle che riscuote il 15,8%. Nella coalizione del centrodestra, la Lega registra un +0,2% e sale all’8,5% mentre Forza Italia cala ancora sensibilmente (-0,1%) registrando il 7,6% dei consensi. Nella galassia delle opposizioni, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra e i centristi di Azione, pari al 4.1%, tengono la testa leggermente sopra la soglia delle Europee del 4%, mentre ne sono ancora lontane Italia Viva (3,4%) e +Europa (2,9%). Fanalini di coda della settimana Pace Terra e Dignità (1,6%) e Democrazia Sovrana e Popolare (1,3%).
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) rimane stabile al 43%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, raggiunge il 27,1%. Il Centro, sommando i consensi di Azione e Italia Viva, sale sensibilmente al 7,5%; fuori da ogni alleanza, il M5S riprende continua a guadagnare come la settimana scorsa, assestandosi ora al 15,8%.
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