L’Ue proroga lo stop al patto di stabilità al 2023 e richiama l’Italia sul debito
Da un lato la proroga della sospensione al patto di stabilità al 2023, dall'altro il richiamo all'Italia sul debito elevato e sulle riforme. L'Ue, nelle raccomandazioni di primavera, si trova a fare i conti con le conseguenze della guerra ucraina e prova a correre ai ripari. Ma il contesto, rispetto alla ripresa post-Covid, è cambiato e le misure di sostegno, soprattutto per i Paesi ad alto debito, vanno bilanciate con maggiore accuratezza. Nel capitolo sull'Italia, Bruxelles rileva che “il rapporto debito pubblico/pil ha iniziato a diminuire nel 2021 e si prevede un ulteriore calo, ma resta un rischio per la sostenibilità di bilancio, il settore finanziario e la crescita economica”. Per ora la Commissione mantiene nel cassetto eventuali procedure per deficit ma, nonostante la proroga della clausola di salvaguardia a tutto il 2023, la scure di Bruxelles potrebbe calare fra meno di un anno: “Riesamineremo le procedure tra l'autunno e la primavera prossimi. Ciò si baserà sia sui dati degli anni precedenti, sulla previsione relativa all'anno corrente e terremo conto delle raccomandazioni in merito di politica fiscale”, ha spiegato Valdis Dombrovskis. Insomma, per dirla come il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni, lo stop al Patto non vuol dire “spesa illimitata” e ai Paesi ad alto debito è richiesta una “politica fiscale prudente” il prossimo anno.
La strada che indica l'Ue ha il suo pilastro nel Pnrr: è dentro questi confini e nella “sana” attuazione degli obiettivi previsti che Roma deve trovare i mezzi per mantenere la crescita positiva. Poi ci sono alcune riforme chieste da tempo, da quella del catasto a quella del fisco fino alla dipendenza dai combustili fossili e la riforma delle concessioni. Il vademecum ha fatto tornare in trincea Matteo Salvini: “L'Europa ci chiede di aumentare le tasse sulla casa, si attacchino al tram”, ha sbottato il leader della Lega dopo che aver accusato Bruxelles di voler “massacrare di tasse” gli italiani. Giorgia Meloni attacca: “La Commissione conferma che la riforma aumenta le tasse”, afferma la presidente di Fdi. Sul punto, a Bruxelles, la pensano in maniera diametralmente opposta: “L'Ue non vuole massacrare di tasse nessuno. Aggiornare i valori catastali agli attuali valori di mercato è invece una necessità per l'Italia di cui il Governo è perfettamente consapevole” è stata la risposta di Paolo Gentiloni.
I falchi e le colombe della Bce si confrontano sul rialzo dei tassi
La settimana scorsa era stato il turno di Joachim Nagel, questa di Klaas Knot. Il fronte dei banchieri centrali del Nord sta tentando di imporre una normalizzazione della politica monetaria più rapida sulla tabella di marcia. Per questo, gli occhi degli investitori sono puntati sui direttivi dell'Eurotower del 9 giugno ad Amsterdam e del 21 luglio nella classica sede di Francoforte. La prima riunione dovrebbe porre le basi delle decisioni che verranno prese il mese successivo. Intanto il governatore della banca centrale olandese ha detto che un aumento di 50 punti base a luglio non è escluso poiché il percorso dell'inflazione è incerto. Il banchiere ha però precisato di sostenere pienamente le prospettive politiche fornite dalla presidente della Bce Christine Lagarde, che ha parlato di un'uscita dai tassi negativi entro la fine di settembre sulla base delle prospettive attuali.
Il governatore ha anche aggiunto che si aspetta un “significativo rallentamento” della crescita quest'anno a causa della guerra in Ucraina, ma che prevede comunque un'espansione dell'economia. Immediata e indiretta la replica del ministro dell'Economia italiana Daniele Franco che dal Wef di Davos ha avvertito dei rischi di una recessione. “La Bce deve trovare un equilibrio fra l'azione per controllare l'inflazione e la necessità di evitare una recessione. Non è facile”, ha evidenziato. Anche al G7 finanziario di Bonn della settimana scorsa il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, aveva affermato che “i tassi di interesse devono aumentare”. Christine Lagarde ha detto di immaginare i tassi a zero o “leggermente superiori” entro la fine di settembre.
Garofoli in Cdm fa il punto sugli obiettivi del Pnrr
Dei 45 obiettivi che l'Italia deve raggiungere entro fine giugno per assolvere ai compiti del Pnrr la gran parte sarà portata a casa già entro la prossima settimana. Nella relazione presentata ai componenti del Governo dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli il calendario è scandito: dalla scuola 4.0 ai progetti per le connessioni 5G all'efficientamento energetico di teatri e musei. I gradini gia' scalati sono 18: “Entro la prossima settimana saranno raggiunti 5 obiettivi del ministero della Salute, 4 del Ministero della Cultura, 2 del Ministero dello Sviluppo Economico e uno del Ministero dell'Istruzione, per un complessivo quindi di 30”; per gli altri 15 è già pronta un’indicazione degli step temporali di attuazione. Per Mario Draghi “Anche per tutti gli altri obiettivi intermedi siamo a un ottimo punto, ben prima del 30 giugno” raggiungeremo quelli previsti. Nell'elenco dei 15 “in coda” la relazione inserisce l'accordo quadro su Roma Caput mundi in vista del Giubileo del 2025.
Per ottenere i fondi del Recovery, l'Italia deve raggiungere 100 obiettivi entro fine 2022. Col traguardo di giugno verrà sbloccata la seconda rata dei fondi europei, pari a circa 24 miliardi, cui si aggiungerà un'ulteriore tranche a fine anno di 22 miliardi. Fra gli step contenuti nella relazione presentata da Garofoli ci sono anche “il decreto ministeriale per l'adozione del piano Scuola 4.0” per “la trasformazione di 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi e la creazione di laboratori per le nuove professioni digitali in tutte le scuole del II ciclo” e il “decreto per l'assegnazione delle risorse per migliorare l'efficienza energetica nei luoghi della cultura (cinema, teatri, musei). Adottati anche i decreti ministeriali volti a favorire la mobilità dei ricercatori e la semplificazione della gestione dei fondi per la ricerca sono stati adottati. “Nel corso del mese di giugno si procederà all'aggiudicazione degli ultimi appalti per progetti di connessioni internet veloci (banda ultra larga e 5G)”.
Per l’Istat ad aprile cresce l’export extra Ue +6,4%
Le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue sono cresciute del 6,4% su base congiunturale ad aprile. Lo segnala l'Istat, sottolineando che le importazioni sono invece cresciute dell'1,9%. Nel trimestre febbraio-aprile, l'export ha segnato un incremento del 7,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Ad aprile il disavanzo commerciale con i paesi extra Ue è risultato pari a 2,292 miliardi, a fronte di un avanzo di 4,858 miliardi dello stesso mese del 2021. Il deficit energetico ha raggiunto gli 8,862 miliardi (era pari a 2,901 miliardi prima). L'avanzo nell'interscambio di prodotti non energetici, seppur ampio, si è ridotto da 7,760 miliardi per aprile 2021 a 6,570 miliardi per aprile 2022. L'incremento su base mensile dell'export riguarda tutti i raggruppamenti principali di industrie, a eccezione dei beni intermedi (-2,4%), ed è dovuto soprattutto all'aumento delle vendite di energia (+37,0%).
Anche dal lato dell'import, la crescita congiunturale è determinata principalmente dall'incremento degli acquisti di energia (+14,6%). Aumentano anche le importazioni di beni strumentali (+4,0%) e beni intermedi (+3,3%) mentre diminuiscono quelle di beni di consumo durevoli (-9,8%) e non durevoli (-0,4%). Nel trimestre febbraio-aprile 2022 l'aumento generalizzato è più sostenuto per energia (+28,8%), beni di consumo non durevoli (+11,4%) e beni intermedi (+7,0%). Nello stesso periodo, l'import segna un rialzo congiunturale del 17,9%, cui contribuiscono in particolare i forti aumenti degli acquisti di energia (+35,2%) e beni intermedi (+14,0%). Diminuiscono gli acquisti di beni di consumo durevoli (-1,7%). Ad aprile 2022, l'export cresce su base annua del 11,8%. L'aumento, esteso a tutti i raggruppamenti ad esclusione dei beni strumentali (-1,7%), è particolarmente accentuato per energia (+134,8%). L'import registra una crescita tendenziale più intensa (+59,3%), molto elevata per energia (+193,8%).
A marzo cresce il fatturato dell’industria: +2,4%
A marzo l’Istat stima che il fatturato dell'industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti del 2,4% in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+2,6% quello interno e +1,8% quello estero). Nel primo trimestre l'indice complessivo è cresciuto del 4,7% rispetto al trimestre precedente (+ 4,3% sul mercato interno e +5,5% su quello estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a marzo gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti congiunturali per l'energia (+12,0%), i beni intermedi (+3,0%) e i beni di consumo (+1,9%), mentre i beni strumentali registrano una lieve riduzione (-0,5%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 21,4%, con incrementi del 21,6% sul mercato interno e del 20,9% su quello estero. I giorni lavorativi sono stati 23 come a marzo 2021. Per quanto riguarda gli indici corretti per gli effetti di calendario riferiti ai raggruppamenti principali di industrie, si registrano incrementi tendenziali molto marcati per l'energia (+61,9%) e per i beni intermedi (+32,3%), più contenuti per i beni di consumo (+19,0%) e per i beni strumentali (+3,6%).