L’Italia è in recessione tecnica: Pil a – 0,2%
Secondo le stime preliminari dell'Istat, nel quarto trimestre del 2018 il Pil italiano è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e aumentato di appena lo 0,1% sull’anno. Nel terzo trimestre l'economia italiana si era contratta dello 0,1% e quindi, con due trimestri consecutivi di flessione del Pil, entra così in recessione tecnica Si tratta di un ulteriore abbassamento del tasso di crescita tendenziale che nel terzo trimestre era pari a +0,6% e nel secondo a +1,2%. È una vera e propria doccia fredda per l'Italia, visto che l'Istat evidenzia anche che il 2018 lascia un’eredità pesante per l'anno che verrà. La crescita acquisita per l'anno in corso, quella cioè che si realizzerebbe se tutti i trimestri del 2019 registrassero una variazione del Pil pari a zero, è infatti pari a -0,2%. Il fardello rende ancora più difficile centrare l'obiettivo del +1% di crescita fissato dal governo in occasione del varo della Manovra.
Inizia a farsi largo l’ipotesi di una manovra correttiva
Il rallentamento del Pil potrebbe far saltare il quadro dei conti pubblici concordato, dopo estenuanti trattative, con Bruxelles e aprire le porte a una manovra correttiva da 4-5 miliardi. Nei ministeri già guardano con preoccupazione ai budget, tanto che alcuni uffici sarebbero già stati allertati per un check up dei conti che consenta di limare la spesa; ma il Governo, almeno ufficialmente, non ha nessuna intenzione di mettersi al lavoro su una manovra bis, anzi, già rilancia il progetto della flat tax per il 2020, un intervento che potrebbe valere da solo 8-10 miliardi, cui aggiungerne 23 per l'annunciato blocco degli aumenti Iva. Comunque la misura inserita in manovra a salvaguardia dei conti, il meccanismo del cosiddetto freezing della spesa per 2 miliardi, non è una clausola di taglio automatico ma una facoltà del Governo nel caso in cui a metà anno l'andamento dell'economia dovesse discostarsi da quello programmato. Il loro congelamento non garantirebbe comunque di fare quadrare i conti, visto che 2 miliardi corrispondono a poco più dello 0,1% del Pil mentre ne servirebbero almeno 4-5 se il deficit dovesse lievitare dal 2% al 2,3%.
C’è attesa per l’impatto del reddito di cittadinanza
I numeri peggiori delle stime sul Pil, potrebbro però per paradosso dare una mano all'Italia, una tesi che il Governo ha sostenuto anche presentando la sua misura di bandiera, il reddito di cittadinanza, che potrebbe avere da un lato l'effetto di migliorare il dato sulla occupazione (se ci sarà una iscrizione in massa ai Centri per l'impiego) ma dall'altra incidere sull'output gap, criterio sul quale si basa il calcolo del deficit strutturale che è il vero parametro su cui Bruxelles basa il suo giudizio sul rispetto delle regole. Di sicuro l'impatto della legge di Bilancio e dell'introduzione del reddito non si leggerà nelle stime d'inverno che la Commissione Europea diffonderà la prossima settimana e che daranno conto solo del Pil. Il vero discrimine lo faranno le previsioni di primavera, in genere a inizio maggio, che quest'anno però potrebbero anche essere posticipate vista la coincidenza con il voto per il rinnovo del Parlamento Europeo.
Istat: aumentano gli occupati, ma calano i posti fissi
Secondo dati pubblicati dall’Istat, a dicembre 2018 il tasso di occupazione è salito al 58,8%, in lieve crescita rispetto a novembre (+0,1 punti percentuali). L’incremento degli occupati è spinto dall’aumento di dipendenti a termine (+47 mila) e autonomi (+11 mila), a fronte di un calo dei permanenti (-35 mila). A livello anagrafico, gli occupati salgono tra i 15-24enni (+36 mila) e gli ultracinquantenni (+300 mila), mentre si registra una flessione tra i 25-49enni (-135 mila). Il tasso di disoccupazione si attesta al 10,3% (-0,2 punti percentuali), quello giovanile sale leggermente al 31,9% (+0,1 punti). Il tasso di inattività resta stabile al 34,3%, sia pure con una lieve flessione della stima degli inattivi fra 15 e i 64 anni (-0,1%, pari a -16 mila unità). Rispetto al dicembre 2017, l'occupazione è cresciuta dello 0,9%, con un aumento di 202 mila unità. Si tratta del livello più alto dal pre-crisi, quando nell’aprile 2008 si toccò il 58,9%. L'incremento è però trainata dai lavoratori a termine (+257 mila) e indipendenti (+34 mila), mentre continua il calo dei dipendenti stabili (-88 mila). Nell'arco di un anno aumentano gli occupati tra i 15-24enni (+36 mila) e gli ultracinquantenni (+300 mila), mentre si registra una discesa nella fascia dei 25-49enni (-135 mila). Sempre sui dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna al calo dei disoccupati (-4,8%, pari a -137 mila unità) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,5%, -197 mila).
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