Nel secondo trimestre il pil frena dello 0,3%

Secondo l’Istat, l'Italia rallenta la crescita e nel secondo semestre frena a -0,3% dopo il +0,6% dei primi tre mesi dell'anno; in termini tendenziali la variazione è positiva per lo 0,6%, mentre quella acquisita per l'anno in corso è pari allo 0,8%, lievemente inferiore rispetto allo 0,9% del primo trimestre. Sono dati che preoccupano, anche perché in controtendenza rispetto al resto d'Europa, dove si registra un complessivo +0,3%, con la Francia che cresce dello 0,5%, la Spagna dello 0,4% e la Germania che invece resta ferma. Il rallentamento del Pil era atteso, nel Def il Governo prevedeva una crescita all’1%, un risultato che “è ancora pienamente alla portata e si continuerà a perseguirlo con le politiche economiche di responsabilità prudente apprezzate e riconosciute come valide in ambito internazionale” assicura in una nota il Mef, che sottolinea come “il Governo opererà per assicurare l'attuazione degli investimenti pubblici e del Pnrr a sostegno della crescita e per favorire l'ulteriore discesa dell'inflazione”.

L'arretramento del Pil nel secondo trimestre stimato dall'Istat “appare principalmente dovuto alla caduta del valore aggiunto dell'industria, mentre i servizi hanno continuato a crescere, seppure a un ritmo più moderato. Sui risultati hanno influito, in particolare, la flessione del ciclo internazionale dell'industria, il rialzo dei tassi d’interesse e l'impatto della fase prolungata di rialzo dei prezzi sul potere d'acquisto delle famiglie; in Italia, come nel resto d'Europa, la fiammata inflazionistica è stata una delle conseguenze negative del conflitto in corso, che continua a rappresentare il principale fattore d'incertezza”. In ogni caso si tratta di un dato che non rallegra certo il Mef, che al ritorno dalle vacanze dovrà tirare le fila della nota di aggiornamento al Def. Per il 2023 il Governo aveva confermato un deficit al 4,5% delle stime programmatiche mentre il quadro tendenziale lo assestava al 4,35%: quest'anno lo spazio da circa 4-5 miliardi andrà a finanziare le scelte di politica economica della prossima manovra, ma se la crescita dovesse arrestarsi due punti sotto le stime quel tesoretto sarebbe più che dimezzato. 

Sui tassi appuntamento decisivo a metà settembre per Bce e Fed

A questo punto la data decisiva diventa quella del 14 settembre, quando la Bce si riunirà per decidere sull’evoluzione dei tassi di interesse dell'area euro. La presidente della Bce, Christine Lagarde ha anche detto che una eventuale pausa potrebbe comunque non escludere un nuovo aumento entro la fine del 2023, perché i prezzi scendono, ma non così velocemente rispetto all'obiettivo istituzionale di Francoforte (+2%). Molte le incognite sul tappeto: il mancato rinnovo dell'accordo russo-ucraino sul grano che potrebbe generare tensioni sui prezzi dei cereali; il rincaro dei prodotti petroliferi, anche al consumo; perfino le conseguenze generate dal cambiamento climatico. Con la Fed, la Bce ha la grande colpa di aver definito per mesi e mesi l'aumento dei prezzi come un fenomeno episodico e temporaneo. La stessa Bce sottolinea come le prospettive economiche a breve termine si stiano deteriorando a causa dell'indebolimento della domanda interna, effetto di raffreddamento che però è proprio quello che le banche centrali auspicano per ridurre l'inflazione.

Ma le armi a disposizione sono poche e quella dei tassi rimane la più percorribile, altre come quella di calmierare i prezzi espressi dal mercato appartengono a tempi e regimi passati. Ma il clima sta cambiando, segnali di miglioramento sono evidenti e di questo non si può non tenere conto come possiamo registrare dalle parole della Lagarde. La stessa tendenza si incontra negli Usa, dove il capo della Fed, Jerome Powell, in settimana ha usato toni e parole molto simili a quelle usate a Francoforte. Serve maggiore flessibilità - ha detto - valutando la situazione volta per volta, e a Washington decideranno il da farsi un giorno prima, il 13 settembre. La Fed gode però di una minore indipendenza politica (quasi totale nell'area Euro) e deve comunque "sentire" come la pensano dalle parti della Casa Bianca. Il 2024 sarà un anno elettorale e una recessione economica potrebbe influenzare i risultati.

Panetta sui tassi: calibrare la politica monetaria per evitare costi inutili

Il peggio potrebbe ancora venire anche in Europa, come ha avvertito Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo della Bce e futuro governatore di Bankitalia “la nostra posizione di politica monetaria deve essere calibrata in modo da riportare l'inflazione all'obiettivo in modo tempestivo, evitando danni inutili all'attività economica. Questa è una linea sottile da percorrere, poiché gli effetti della politica monetaria emergono con un certo ritardo. Sebbene le nostre decisioni passate abbiano già portato a un sostanziale inasprimento delle condizioni creditizie e delle dinamiche dei prestiti, i loro effetti devono ancora essere percepiti appieno nell'economia reale”, invitando alla prudenza. “L'inflazione rimane elevata, anche se ora sta diminuendo, poiché gli effetti degli shock avversi dell'offerta iniziano a svanire e una crescita più debole allenta le pressioni sui prezzi. Per completare con successo la disinflazione dell'economia europea, dobbiamo adattare in modo flessibile la nostra politica all'evoluzione delle prospettive inflazionistiche.” Ha sottolineato che ad oggi, i tassi ufficiali sono intorno al livello necessario per garantire la stabilità dei prezzi a medio termine

Per il futuro governatore di Bankitalia, “la nostra politica monetaria disinflazionistica può essere condotta combinando diversi approcci. Un approccio – legato al livello – comporta un aumento superiore a quello in cui si trova attualmente il tasso ufficiale, con il rischio di dover tagliare prima e più rapidamente. Un altro approccio, della persistenza, sostiene invece di fornire lo stesso grado di restrizione complessiva evitando alti e bassi, vale a dire mantenendo i tassi ufficiali al livello prevalente per un periodo prolungato”. Ecco, ha sottolineato Panetta, “basarsi esclusivamente su un approccio aggressivo agli aumenti dei tassi potrebbe amplificare il rischio associato a un eccessivo inasprimento, che potrebbe successivamente richiedere un taglio frettoloso dei tassi in un contesto economico in deterioramento. L' elemento di persistenza può mitigare questo rischio, dando alla banca centrale più tempo per valutare gli effetti ritardati delle sue passate misure politiche e affinare la calibrazione della sua posizione man mano che nuove informazioni vengono alla luce nel tempo. Questo 'respiro' è fondamentale dato che – ha concluso il membro della Bce – la trasmissione della nostra politica monetaria potrebbe effettivamente rivelarsi più forte di quanto indicano le nostre proiezioni”.

Anche la Bank of England alza tassi. È la quattordicesima volta

La Bank of England ha alzato il tasso di interesse ufficiale di 25 punti base al 5,25%, segnando il 14° aumento consecutivo e portando il costo del denaro ai massimi dal 2008, nel tentativo di riportare l'inflazione al 2%. L’obiettivo è quello del ritorno al 2%entro il secondo trimestre del 2025: la previsione è di una diminuzione di circa il 5% entro la fine dell'anno, un calo più rapido di quanto previsto a maggio. L'atteggiamento della Banca d'Inghilterra rimane dunque restrittivo, con una politica monetaria che avrà ripercussioni sulla crescita economia come emerge dalla revisione al ribasso sul Pil dei prossimi mesi, dopo che a maggio c'era invece stata una revisione al rialzo. 

Ora per la Bank of England l'economia britannica dovrebbe salire dello 0,5% nel 2024 (+0,75% era l'ipotesi di maggio) e dello 0,25%nel 2025 (dal 0,75% di tre mesi fa). Di fatto, a fine previsioni, l'inflazione dovrebbe tornare al 2% ma il Pil dovrebbe essere vicino alla recessione. A differenza degli Stati Uniti, la maggior parte dei proprietari di case in Gran Bretagna blocca i tassi ipotecari solo per pochi anni, quindi coloro i cui accordi scadono presto affrontano la prospettiva di costi di prestito molto più elevati. Circa 2,5 milioni di accordi di questo tipo scadranno entro la fine del prossimo anno, con circa un milione di famiglie che dovranno affrontare un aumento mensile di 500 sterline nelle rate del mutuo entro il 2026, secondo il governatore Andrew Bailey

Istat: nota mensile sull’andamento dell’economia 

La crescita dell’economia mondiale sta rallentando con performance eterogenee tra aree geografiche e settori. L’inflazione è in decelerazione in quasi tutti i paesi, con un percorso più graduale per la componente di fondo dell’indice. A giugno, per il secondo mese consecutivo, l’indice destagionalizzato della produzione industriale in Italia ha segnato un aumento congiunturale diffuso a tutti i comparti, con l’eccezione di quello dei beni di consumo. Nella media degli ultimi tre mesi la variazione congiunturale è rimasta negativa. Nel secondo trimestre, l’economia italiana ha registrato un risultato inferiore agli altri principali partner europei. Il Pil è diminuito dello 0,3% in termini congiunturali, portando la varia-zione acquisita per il 2023 a 0,8%.

Le condizioni del mercato del lavoro restano favorevoli. A giugno, si è confermata la crescita dell’occupazione a fronte di una diminuzione del tasso di disoccupazione e di inattività. Il differenziale dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) tra Italia e l’area euro, a luglio, pur risultando ancora positivo, si è ridotto ulteriormente. A luglio, è calata la fiducia dei consumatori principalmente a causa di un peggioramento delle opinioni sulla situazione economica generale e delle attese su quella personale. L’indice composito delle imprese, dopo due flessioni consecutive, ha evidenziato invece un aumento.



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