La presidenza Ue spera ancora che l’Italia ratifichi il Mes
La presidenza belga dell'Ue incontrando alcuni media internazionali è tornata a toccare il delicato tasto del Mes in vista di un semestre segnato certamente dai dossier economici, a cominciare dal Patto di stabilità. È una riforma che il Belgio vuole chiudere ad ogni costo, portando avanti parallelamente due ulteriori dossier: l'Unione bancaria e quella dei capitali. In merito al primo tema il no del Parlamento italiano al Mes, arrivato lo scorso 21 dicembre, potrebbe smuovere le acque. La presidenza belga guarda innanzitutto al cosiddetto Cmdi, ovvero la riforma della gestione delle crisi bancarie e l'assicurazione dei depositi. La Commissione, lo scorso aprile, ha fatto la sua proposta, ora spetterà al Belgio facilitare i negoziati tra Paesi membri e con l'Eurocamera. “Visto che il backstop del Mes non è disponibile è importante andare avanti”, ha spiegato il ministro delle Finanze Vincent Van Peteghem, per il quale, tuttavia, il rafforzamento della gestione delle crisi bancarie non è un piano B rispetto al Mes.
“La prima opzione, lo scenario preferibile, resta che l'Italia ratifichi il Mes”, ha sottolineato, escludendo l'ipotesi, caldeggiata da Roma, di mettere sul tavolo un modello diverso per la riforma del fondo: “Ho ascoltato le parole del premier Meloni, mi sembra difficile che accada”, ha puntualizzato. Bruxelles, insomma, ci spera ancora. Ma, per l'Ue, il tema del Mes resta comunque separato da quello del Patto di stabilità. Nel corso della Plenaria di gennaio l'Eurocamera approverà la sua posizione negoziale. Poi inizieranno i triloghi tra le istituzioni comunitarie. “Sarà un negoziato delicato, sappiamo quanto è stato difficile trovare un accordo all'interno del Consiglio Ue ma sia tra i Paesi membri sia tra gli eurodeputati c'è la consapevolezza che l'intesa è necessaria”, ha sottolineato van Peteghem. La presidenza di turno punta quindi a chiudere i negoziati marzo per permettere la ratifica del Patto ad aprile, all'ultima curva della legislatura von der Leyen.
Ue: venerdì confronto Draghi-Commissione su competitività e futuro Europa
La Commissione europea ha discusso con Mario Draghi i temi della competitività: si tratta di un passaggio della lunga fase di elaborazione del rapporto che l’ex premier presenterà in primavera, non è ancora chiaro se prima o dopo il voto Ue. Già durante la settimana, il commissario all’economia Paolo Gentiloni aveva anticipato che il tema della competitività sarà il tema centrale “dei prossimi anni” per il rilancio della stessa costruzione europea. Intanto sta riprendendo l’attività politico-legislativa europea dopo la pausa di fine anno. Lunedì e martedì si sono ritrovati a Bruxelles i ministri finanziari prima per l’Eurogruppo poi per l’Ecofin. I ministri hanno discusso anche dell’andamento dell’economia: la crescita si sta vieppiù indebolendo ma dovrebbe riprendersi nel corso dell’anno, l’inflazione sta scendendo, il mercato del lavoro si sta raffreddando, ma in misura moderata. I ministri hanno discusso della mancata ratifica dal trattato emendato del Mes da parte dell’Italia e non è chiaro ciò che accadrà nel prosieguo: il segnale che arriva dall’Eurogruppo è che non ci sono rischi per la stabilità finanziaria dato che il Mes è operativo nel pieno delle sue funzioni con il vecchio trattato e per quanto riguarda le banche queste sono stabili e non presentano anomalie negative per quanto riguarda posizioni di capitale e liquidità.
La Commissione si prepara con cautela alle valutazioni sui conti pubblici nei paesi membri: il commissario all’economia Gentiloni ha indicato alla commissione europarlamentare che la decisione di giugno (dopo il voto Ue) sulle procedure di infrazione per eccesso di indebitamento riguarderà 8-9 paesi. Tra questi ci saranno sia l’Italia che la Francia. Quanto al patto di stabilità riformato, ora tocca al negoziato tra Consiglio e Parlamento (con la partecipazione della Commissione) allo scopo di chiudere la partita in tempo prima dello stop per le elezioni europee.
L’inflazione non se ne va: negli Usa risale e la Bce vede un rimbalzo dei prezzi
L'inflazione continua a trascinarsi sia in Europa che in America. Le banche centrali delle due sponde dell'Atlantico hanno alzato i tassi ai massimi da una ventina d'anni nel tentativo di smorzare i prezzi. Il carovita in effetti è calato dai picchi di fine 2022 quando l'inflazione aveva superato abbondantemente la doppia cifra, ma l'obiettivo del 2% fissato da Bce e Fed non sembra vicino, anche alla luce della possibile continuazione degli attacchi nel Mar Rosso contro i container commerciali che, a lungo andare, potrebbero far lievitare i prezzi finali dei prodotti. Il dato americano registrato in questi giorni, evidenzia che il tasso di inflazione annuale negli Stati Uniti è salito al 3,4% a dicembre dal minimo di cinque mesi del 3,1% a novembre, un numero superiore alle previsioni di mercato del 3,2%, poiché i prezzi dell’energia sono scesi a un ritmo più lento. Sono calati, anno su anno, solamente del 2% rispetto al -5,4% di novembre, con la benzina in ribasso dell'1,9%, il servizio di gas (convogliato) del 13,8% e l'olio combustibile del 14,7%. L'inflazione 'core', che esclude le voci più volatili come energia e cibo, è scesa al 3,9%, al minimo di 2 anni e mezzo, dato inferiore al 4% del mese precedente ma superiore alle aspettative del 3,8%. Mese su mese, infine, i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,3%, il massimo in tre mesi e più delle stime di un 0,2%.
Situazione simile si riscontra in Europa, stando all'ultimo bollettino economico della Bce. Gli esperti dell’Eurosistema, difatti, si attendono che l’inflazione complessiva si collochi, in media, al 5,4 per cento nel 2023, al 2,7 nel 2024, al 2,1 nel 2025 e all’1,9 nel 2026. Rispetto all’esercizio condotto a settembre, pertanto, le proiezioni per l’area dell’euro sono state riviste al ribasso per il 2023 e soprattutto per il 2024, anche se per il 2024 ci si attende che l’inflazione scenda più lentamente per via di ulteriori effetti base al rialzo e del graduale ritiro delle misure di bilancio adottate per limitare le ripercussioni dello shock ai prezzi dei beni energetici. Oltre questo orizzonte, l’economia registrerebbe una ripresa per effetto dell’incremento dei redditi reali, allorché le famiglie beneficeranno del calo dell’inflazione e dell’aumento delle retribuzioni, e in conseguenza del miglioramento della domanda estera. Pertanto, ci si aspetta un aumento della crescita da un valore medio dello 0,6 per cento nel 2023 allo 0,8 nel 2024 e all’1,5 sia nel 2025 sia nel 2026.
Bce: Lagarde, i tassi di interesse hanno raggiunto il loro picco
Christine Lagarde, ha dichiarato che i tassi di interesse abbiano raggiunto il picco, ma rassicura sull’inflazione: il momento più difficile sembra essere passato. In particolare, i tassi, salvo ulteriori shock o dati inattesi, non continueranno a salire. Lagarde ha dichiarato, difatti, di prevedere che l'inflazione della zona euro scenderà all'1,9% nel 2025. Sul dato, peraltro, spiega che non dovrebbero aversi ripercussioni derivanti dai problemi di trasporto nei canali di Suez e Panama: la preoccupazione è quella di un possibile incremento dei prezzi, ma la Presidente rassicura, dichiarando che la situazione, per il momento, risulta essere sotto controllo.
Istat: nota sull’andamento economico italiano, novembre - dicembre 2023
A fine anno, le prospettive economiche internazionali restano molto incerte, dominate dalle tensioni geopolitiche, per le quali non si prospetta una imminente risoluzione, e da condizioni finanziarie ancora restrittive per famiglie e imprese. A novembre, l’indice della produzione industriale in Italia ha registrato un’ulteriore flessione congiunturale più accentuata rispetto a quella del mese precedente. Il calo è stato diffuso a tutti i raggruppamenti principali di industrie. Il potere d’acquisto delle famiglie, dopo la caduta del quarto trimestre 2022, si è collocato su un sentiero di risalita. La stessa dinamica si è osservata per la propensione al risparmio che, tuttavia, continua a rimanere inferiore ai livelli pre-Covid.
Le condizioni del mercato del lavoro restano solide. A novembre, rispetto al mese precedente, sono aumentati gli occupati e gli inattivi, mentre sono diminuiti i disoccupati. Nel 2023, in media, l’inflazione misurata con l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) è scesa a 5,9% da 8,7% del 2022, riducendosi progressivamente in corso d’anno e toccando lo 0,5% a dicembre. Da ottobre, la crescita dei prezzi in Italia è stata inferiore a quella media dell’area dell’euro. A dicembre, i risultati delle inchieste segnalano un miglioramento della fiducia di famiglie e imprese che si riporta in entrambi i casi verso i livelli di luglio 2023.