Lunedì la manovra va in Cdm. I margini sono stretti e Meloni chiede prudenza
La Premier ha incontrato i leader della maggioranza in una riunione che poi si è allargata ai capigruppo di Camera e Senato per tracciare le linee della legge di bilancio che arriverà in Cdm lunedì. Il momento è delicato e il conflitto in Israele potrà avere ripercussioni sulle forniture di gas. Il conflitto in Medio Oriente e le sue potenziali conseguenze hanno occupato buona parte della riunione: le risorse a disposizione per la manovra erano già scarse, ora il rischio è che i margini si riducano e meglio sarebbe ridurre al minimo la presentazione degli emendamenti, un risultato che Meloni sarebbe sicura di poter ottenere da FdI, con l’invito agli alleati di cercare di fare altrettanto. Meglio non farsi trovare impreparati, mantenere la linea della “prudenza” anche nel passaggio parlamentare, riducendo al minimo gli emendamenti. Ci sarà il taglio del cuneo fiscale, misure per la famiglia e per la sanità. Il clima, come dice una nota di Palazzo Chigi, è “collaborativo” e mostra una maggioranza “determinata” a portare avanti gli obiettivi chiave. Ogni proposta di modifica dovrà essere a saldi invariati, è il “refrain” nell’esecutivo.
La legge di bilancio coinvolgerà anche le parti sociali che saranno ricevute nella sede del governo dai ministri Giorgetti, Urso e Calderone. L’obiettivo è di stringere i tempi, per non arrivare lunghi dopo Natale. Rinviate le discussioni sul salario minimo, sul Mes e sulle riforme. Il decreto fiscale, che verrà discusso in Cdm, tra le misure conta anche l’introduzione in Italia della global minimum tax. La nuova imposta per i gruppi multinazionali di imprese, che scatterà dal primo gennaio in attuazione di una direttiva europea, potrebbe garantire un gettito stimato intorno ai 2-3 miliardi. Previsti anche 3,2 miliardi, liberati in deficit per quest’anno dalla Nadef, da destinare al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per le pensioni 2024, a misure per il personale della Pa e alla gestione dei flussi migratori. Smentite le ipotesi di sanatorie fiscali o edilizie, ma potrebbe arrivare la rateizzazione dell’acconto di novembre per autonomi e partite Iva.
L’Italia ottiene dall’Ue i 18,5 miliardi della terza rata del Pnrr
Arriva all’Italia il pagamento della terza rata del Pnrr da 18,5 miliardi di euro. Il via libera, ha annunciato la Commissione Ue, segue il raggiungimento delle 54 tappe fondamentali e degli obiettivi previsti dal Recovery italiano. È “un passo importante per un’Italia che torna finalmente a credere nelle sue capacità”, ha rivendicato la premier Giorgia Meloni. Con i fondi del Pnrr è stato incassato a oggi “circa il 44% dell’intero ammontare delle risorse del NextGeneration Eu”; sono “risorse importanti che serviranno a intervenire in ambiti cruciali come la giustizia, la sanità, l’istruzione, il mercato del lavoro, la ricerca”. Meloni ha sottolineato come il pagamento sia “dimostrazione di un lavoro proficuo che abbiamo portato avanti con la Commissione Ue, che ci porta a discutere per una valutazione positiva sulla quarta rata e sulla revisione complessiva del Piano, compreso il capitolo del Repower Eu.”
Il Ministro per il Pnrr Raffaele Fitto ha salutato il pagamento come “frutto di una stretta e fruttuosa collaborazione con la Commissione Ue e il risultato di un lavoro molto impegnativo per raggiungere obiettivi molto complessi relativi a riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’amministrazione pubblica e fiscale, nonché dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema sanitario”. Si è riunita anche la Cabina di regia, con all’ordine del giorno la rimodulazione del piano, il monitoraggio degli obiettivi della quinta rata e la verifica sul conseguimento degli obiettivi della quarta rata da 16,5 miliardi, richiesta dall’Italia il 22 settembre. Il Pnrr dell’Italia vale in totale 191,6 miliardi (69 miliardi dei quali sono sovvenzioni e 122,6 miliardi prestiti).
La maggioranza dà il via libera a scostamento e Nadef. Critiche le opposizioni
La risoluzione sullo scostamento di bilancio passa, a maggioranza assoluta, sia alla Camera che al Senato e anche la Nota di aggiornamento al Def viene approvata senza particolari problemi: sono 224 i voti favorevoli alla Camera (127 contrari) e 111 voti favorevoli al Senato (69 contrari). La maggioranza vota compatta e difende il Governo su quanto fatto finora, senza gli inciampi che ad aprile scorso avevano mandato sotto la maggioranza costringendo l’esecutivo ad approvare un nuovo scostamento. Lunedì in Cdm, oltre alla Legge di Bilancio e al decreto fiscale, verrà esaminato anche il Documento programmatico di bilancio, che andrà inviato per una valutazione a Bruxelles.
Il tour de force sarà inevitabilmente accompagnato dalle critiche delle opposizioni. “Avevamo chiesto al governo degli impegni precisi per la difesa della sanità pubblica e non abbiamo avuto risposte”, accusa la segretaria del Pd Elly Schlein. Il leader del M5S Giuseppe Conte si dice “sorpreso” di “una presidente del Consiglio che ancora poco fa parlava di un Paese che cresce più degli altri Paesi europei. È evidente che non sa leggere i dati macroeconomici, noi ci ritroveremo invece ancora, prossimamente, fanalino di coda d’Europa” e, aggiunge l’ex premier, nella manovra non c’è “nulla di nulla che possa mettere al riparo il Paese”. Insiste sull’incostituzionalità dello scostamento il segretario di Azione Carlo Calenda: “Gli scostamenti di bilancio si fanno in situazioni emergenziali, e dunque qui c’è un problema di costituzionalità.
Per il Fmi la crescita globale frena, Giorgetti al summit parla di privatizzazioni
L’economia globale frena quest’anno e nel 2024, con un rallentamento più marcato per i Paesi europei, fra cui l’Italia, mentre la Cina e gli Stati Uniti, al contrario, mettono a segno una crescita superiore al previsto. Le stime del Fmi vedono così una crescita globale scendere dal 3,5% del 2022 al 3% e quindi limare al 2,9% il prossimo. Nel frattempo, il Fmi torna indietro nelle previsioni dell’Italia rispetto a quelle più ottimistiche di luglio: allora aveva ritoccato al rialzo le previsioni di crescita, mentre ora prevede che il Pil si fermerà a +0,7% quest’anno (con un taglio dello 0,4 rispetto a luglio); per il 2024 la limatura è dello 0,2% con una crescita dell’economia a +0,7%. A cambiare il clima in Italia è stata la contrazione del secondo trimestre dopo un primo di forte crescita: la debolezza dell’industria, la fine del superbonus e difficoltà legate alla stretta monetaria della Bce.
Alla riunione annuale a Marrakech del Fmi-Banca Mondiale, dove si svolgono anche le riunioni del G7 e del G20 finanza, il clima è quello di un cauto timore sull’andamento dell’economia che dovrebbe però riuscire nel soft landing di un rallentamento senza recessione. Le incertezze però restano tante, l’ultima delle quali è rappresentata dal conflitto in Israele. L’attenzione dei mercati resta alta con lo spread italiano a 197 e il rendimento al 4,75. Incalzato dal Fondo, che si dice preoccupato per il taglio delle tasse, a fare uno sforzo maggiore sul fronte della riduzione del debito, si è presentato a Marrakech il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, portando i numeri dei suoi conti pubblici e mettendo sul tavolo anche il tema privatizzazioni. Il ministro ha difeso la posizione di ricorrere al deficit per tagliare il cuneo contributivo e sostenere famiglie e imprese. Negli incontri, ha affermato, si è parlato “anche di privatizzazioni”. Oltre a questo, i lavori dell’assemblea sono incentrati sui problemi che il rallentamento dell’economia unito a tassi di interesse elevati causerà ai paesi più vulnerabili, specie dell’Africa e sulla marcata frenatadell’economia europea (e cinese).
La Bce, sotto crescenti pressioni di forze politiche e sociali, appare comunque divisa se proseguire sul rialzo dei tassi come la Fed oppure prendersi una pausa. Una divisione che emerge sia dalla lettura dei verbali della Bce sia dalle dichiarazioni, in ordine sparso, del folto numero di governatori. Opinioni fra le quali non appare quella del futuro governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, che non ha voluto parlare di temi monetari. Su un punto i componenti della Bce (e le agenzie di rating) concordano: i deficit di bilancio devono essere ridotti da parte dei governi anche per ridurre l’impatto dell’inflazione, dando così una mano alla politica monetaria.
Il Cnel affossa il salario minimo. Spaccatura tra i sindacati
Il Cnel affossa il salario minimo la cui assemblea ha approvato a maggioranza il documento finale, che arriva entro i 60 giorni indicati dalla premier Giorgia Meloni. Contro hanno votato Cgil, Uil e Usb; Legacoop si è astenuta. In particolare, 62 (su 64) i componenti presenti: 39 i sì, 15 i no, mentre 8 consiglieri non hanno partecipato al voto. E intanto l’opposizione insorge. Dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni”. Nel testo si valorizza la contrattazione collettiva e si sostiene che “la mera introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale. E la premier Meloni spiega come “occorra piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici”. Non passa nemmeno la proposta sulla sperimentazione della “tariffa retributiva minima” nei settori più critici.