Bce, l’aumento dei tassi atteso dall’estate è arrivato, +0,25%
Alla fine hanno vinto i falchi, ma le colombe non hanno perso. Come atteso, la Bce ha deciso il decimo rialzo consecutivo dei tassi. Saliranno ancora dello 0,25% raggiungendo, per quanto riguarda gli interessi sui depositi il 4%, livello mai visto da quando esiste l’euro. I mercati sono convinti che questa sia l’ultima stretta, chiudendo con rialzi diffusi. In conferenza stampa Christine Lagarde non si è sbilanciata: “la decisione è stata presa con una solida maggioranza”, ha spiegato, segno che le colombe hanno cercato di far sentire la loro voce. La stretta potrebbe forse concludersi, anche se le porte per nuovi rialzi restano ben aperte. A questo proposito Lagarde ci tiene a far sapere che le prossime scelte dipenderanno dai dati. Ma le colombe un risultato lo hanno ottenuto: la Bce non interromperà il sostegno monetario ai Paesi più indebitati per tutto il 2024.
Il messaggio della Bce segnala il raggiungimento di un difficile compromesso: “Il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse hanno raggiunto un livello che, mantenuto per una durata sufficientemente lunga, darà un notevole contributo a un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo al 2%”, spiega il comunicato emesso subito dopo la riunione. L’unica cosa certa è che la Banca centrale europea ha un unico obiettivo “la stabilità dei prezzi” e vuole soddisfarlo “tempestivamente”. La decisione trova il suo motivo principale nelle nuove proiezioni sull’andamento dell’inflazione, ora prevista al 5,6% (medio) per il 2023 e al 3,2% nel 2024, due stime riviste al rialzo rispetto alle proiezioni di giugno. Per il 2025, la Bce si aspetta invece un’inflazione più bassa: 2,1%,in linea quindi con l’obiettivo, dal 2,2% indicato a giugno. “L’economia dell’Eurozona resterà probabilmente debole nei prossimi mesi, i rischi per la crescita sono orientati al ribasso”, spiega Lagarde. Inoltre, aggiunge, la ripresa attesa per la seconda metà del 2023 è ora spostata al 2024 per effetto dell’impatto prolungato dell’inflazione nella prima metà dell’anno.
La Bce boccia la tassa sugli extraprofitti, ma il Governo vuole proseguire
Arriva lo stop della Bce sugli extraprofitti delle banche, una misura retroattiva che mira a raccogliere 2-3 miliardi, ma che ha visto l’opposizione del sistema bancario e generato dei distinguo all’interno della stessa maggioranza. “Non va usata per risanare il bilancio”, scrive la Lagarde nel parere sull’imposta e va usata “con cautela” per evitare che impatti sulla qualità creditizia degli istituti. Sono diversi, però, i punti dolenti secondo la Bce: “Limitare la capacità degli enti creditizi di mantenere posizioni patrimoniali adeguate” potrebbe “mettere a repentaglio una regolare trasmissione delle misure di politica monetaria”. Il decreto-legge dovrà essere “accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario” e “dovrebbe illustrare in dettaglio l’impatto dell’imposta straordinaria sulla redditività, sull’accesso ai finanziamenti, sulla concessione di nuovi prestiti, sulle condizioni di concorrenza sul mercato e il suo potenziale impatto sulla liquidità”.
Questi rilievi non sembrano destinati ad incidere sulla volontà del Governo di portare avanti la norma: la tassa, rivendica Meloni, “non ha un intento punitivo” e si andrà avanti. Per Matteo Salvini, invece, “Quello che pensa la Bce dell’intervento economico dell’Italia sulle banche mi interessa relativamente. Il decreto arriva in Parlamento, che è sovrano e io sono assolutamente convinto che, se a fine anno le banche italiane, invece di avere profitti superiori a 20 miliardi ce l’avranno di 2-3 in meno e i soldi verranno usati per gli stipendi, non soffriranno”. Insomma, avanti sulla misura che potrebbe comunque cambiare in Senato.
Riunione informale Ecofin: patto di stabilità, Mes e nomina presidenza Bei
I ministri dell’Economia e Finanze dei 27 stati membri dell’Ue si incontreranno a Santiago de Compostela per cercare di fare passi avanti sulla riforma del Patto di stabilità e crescita. L’obiettivo della presidenza di turno spagnola è quello di avanzare in modo tale da riuscire a presentare una prima proposta di accordo al prossimo Ecofin che si terrà il 17 ottobre a Lussemburgo. Se la riforma non sarà infatti ultimata entro fine anno, dal 2024 si riapplicheranno le regole precedenti, sospese per la pandemia di Covid-19 e successivamente per il caro energia, su deficit e debito. L’obiettivo è quello di riuscire a mediare tra i Paesi che chiedono più flessibilità e quelli più rigoristi. A Santiago la ministra dell’Economia spagnola, Nadia Calviño, illustrerà agli omologhi i progressi ottenuti durante l’estate dopo la presentazione a luglio del documento che ha fissato i quattro pilastri principali su cui portare avanti le discussioni. All’Ecofin informale si aspettano progressi anche sulla nomina della presidenza della Banca europea degli investimenti, per cui è stata indicata la candidatura di Piero Cipollone (vice governatore di Bankitalia).
Nel corso dell’Eurogruppo è previsto anche un punto di discussione sulla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità. Ovviamente, si tratta soprattutto dei progressi compiuti in Italia, l’unico Paese rimasto a non aver ratificato la riforma del regolamento, che senza l’ok rimane incompiuta e lascia le banche senza “backstop” in caso di shock. Il direttore del Mes Pierre Gramegna a Santiago farà anche un punto sulle consultazioni in corso con i Paesi aderenti circa il futuro del meccanismo, ma “il dibattito sulle modifiche potrà partire solo quando la ratifica sarà completata”. Una logica opposta a quella “a pacchetto” perseguita sin qui dal Governo italiano, che mette sullo stesso piano il Mes e la riforma della governance economica Ue. La questione Mes è in stand by alla Camera almeno fino a fine ottobre e Giorgetti sarà chiamato a darne riscontro. L’idea è che lo strumento così com’è sia “un totem” inutile perché non lo utilizzerebbe nessuno, e andrebbe quindi radicalmente rivisto. A preoccupare l’Italia è anche la riscrittura del Patto di stabilità, che rischia di penalizzarla. È proprio il nervosismo sul Patto (e sul Pnrr), dicono dalle opposizioni, ad avere spinto il Governo, dai vicepremier alla stessa Giorgia Meloni, ad alzare i toni contro Paolo Gentiloni.
Il futuro della competitività europea sarà affidato a Mario Draghi
È il ritorno del “whatever it takes”, nell’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione Europea “dobbiamo guardare avanti e stabilire come rimanere competitivi in questa fase, per questo motivo ho chiesto a Mario Draghi di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea”. Un annuncio inaspettato, che riporta l’ex-premier italiano al centro della scena a Bruxelles. “L’Europa farà ‘tutto il necessario’ per mantenere il suo vantaggio competitivo”, ha messo in chiaro von der Layen dell’emiciclo di Strasburgo, con una dichiarazione dal volontario richiamo alla più celebre frase dell’ex-presidente della Bce. “Tre grandi sfide ci aspettano nel prossimo anno: la carenza di manodopera e di competenze, l’inflazione e la semplificazione degli affari per le aziende”. A partire da Sure - ”la prima iniziativa europea di lavoro a tempo ridotto che ha salvato 40 milioni di posti di lavoro” - e poi con Next Generation Eu, “abbiamo riavviato immediatamente il nostro motore economico e oggi ne vediamo i risultati”. Ma se “l’Ue è vicina alla piena occupazione” - è il retro della medaglia a preoccupare: “la carenza di manodopera e di competenze sta raggiungendo livelli record”.
“Dobbiamo rispondere ai cambiamenti radicati nella tecnologia, nella società e nella demografia” e per questo motivo “dobbiamo affidarci alle competenze delle imprese e dei sindacati, i nostri partner di contrattazione collettiva”. Ma la presidente von der Leyen ha voluto anche difendere l’operato della Bce e della sua presidente, Christine Lagarde: “Stanno lavorando duramente per tenere l’inflazione sotto controllo, sappiamo che il ritorno all’obiettivo di medio termine richiederà del tempo”. Sulle sfide per la competitività e la semplificazione per le imprese, la leader della Commissione ha annunciato che “entro la fine dell’anno nomineremo un rappresentante delle piccole e medie imprese dell’Ue che risponderà direttamente a me”, mentre “il mese prossimo presenteremo le prime proposte legislative per ridurre del 25% gli obblighi di rendicontazione a livello europeo”. L’obiettivo fissato da von der Leyen è quello di “lavorare anche con gli Stati membri” per raggiungere il target a livello nazionale, anche sulla base del rapporto che sarà preparato dall’ex numero uno della Bce.
L’economia dell’Ue rallenta e calano le stime per l’Italia (+0,9%)
Bruxelles ha tagliato le previsioni economiche dell’Italia, che quest’anno si fermerà a +0,9%, e dell’eurozona che avrà un Pil a +0,8%. Il caro-prezzi pesa sui consumi e il rialzo dei tassi comprime il credito bancario. “L’economia dell’Ue ha perso slancio dalla primavera”, ha segnalato il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni rivendicando come le reazioni ai molti shock abbiano permesso ai Paesi del blocco di evitare la recessione. In Italia, intanto si vede anche un calo della domanda legato alla fine degli incentivi per le ristrutturazioni edilizie con il superbonus, che già si sono tradotti in una frenata del Pil dello 0,4% nel secondo trimestre. Alla fine, la Commissione Ue ha ridotto di 0,3 punti percentuali rispetto alle stime formulate in primavera le proiezioni sulla crescita attesa per il Pil italiano per il 2023 (atteso ora allo 0,9%) e per il 2024 (allo 0,8%). Il rallentamento è diffuso: la Commissione ha tagliato dello 0,3% la crescita attesa nei Paesi dell’euro, prevista ora allo 0,8% per quest’anno e all’1,3% nel prossimo. Anche per l’intera Ue, poi, le attese sono di una crescita dello 0,8% quest’anno (dall’1% visto in precedenza), ma di un 1,4% per il 2024 (da 1,7%).