Renzi ha presentato la lettera di dimissioni da segretario del Pd
All’indomani della debacle elettorale Matteo Renzi avrebbe presentato una lettera di dimissioni da segretario del Partito Democratico. Lo rivela, tre giorni dopo, il presidente del Pd Matteo Orfini per stoppare il pressing di maggioranza e minoranza del partito, con tanto di documenti di esponenti locali, sulla necessità di un passo indietro vero e definitivo del segretario. L'Assemblea Nazionale che sarà convocata entro un mese deciderà se eleggere un nuovo segretario o indire il congresso.
Intanto, precisa Orfini, “lo statuto non consente margini interpretativi né soluzioni creative”: resta a guidare il Pd fino all'assemblea il vice Maurizio Martina, come quando si dimise Walter Veltroni e i poteri passarono a Dario Franceschini. Un no netto dunque, ad ora, alla richiesta della minoranza di un organo collegiale per governare questa fase. E così gli animi al Nazareno restano infiammati e la convivenza faticosa. L’obiettivo comunque sarebbe quello di arrivare alla Direzione di lunedì, alla quale anche Matteo Renzi dovrebbe partecipare, con una sorta di tregua armata.
Ma il livello di fiducia reciproca è ai minimi termini e le correnti sono pronte alla conta: i renziani assicurano di avere il pieno controllo (circa il 70%) della Direzione, gli oppositori sostengono che i singoli, come ad esempio Debora Serracchiani, sono in procinto di abbandonare il sostegno all’ormai ex segretario. In subbuglio anche la corrente di Dario Franceschini, AreaDem, ma anche quella che fa capo ad Andrea Orlando, quella di Gianni Cuperlo e soprattutto quella di Michele Emiliano che negli scorsi giorni ha proposto un accordo con il Movimento 5 Stelle.
Pd: No ad alleanze con il M5S di Luigi Di Maio e con Matteo Salvini
Su un punto, per il momento, si trovano quasi tutti formalmente d'accordo: no ad un Governo con i Cinque stelle. “La mia area e la maggioranza, in tutto il 90% del gruppo dirigente Pd, è contrario”, assicura Andrea Orlando, riunendo la sua corrente. E se la presidente dell'Umbria Catiuscia Marini invoca un referendum tra gli iscritti e il presidente della Puglia Michele Emiliano un'apertura a Di Maio, Orlando assicura che sono una minoranza.
D’altronde è anche per una ragione di numeri: ai grillini per governare servono almeno 90 deputati. Al di là di casi isolati, sembra estremante difficile una frattura interna di simili proporzioni visto che il gruppo Dem alla Camera sarà composto da 104 parlamentari. L’istituto SWG ha poi svolto un sondaggio fra gli elettori del Pd sull’ipotesi di un sostegno a un governo Di Maio o Salvini: per il 72% degli intervistati il Pd dovrebbe rimanere all’opposizione. Nello specifico il 60% ha detto no ad un accordo con il M5S, mentre l’80% sarebbe contrario ad un Governo assieme al centrodestra.
All’interno del Pd però l’ipotesi di un appoggio esterno ad un Governo di centrodestra è un’ipotesi tenuta leggermente più in considerazione anche perché richiederebbe un numero di parlamentari estremamente minore. Al momento comunque l’orientamento generale sarebbe per un secco no. È di questo avviso Matteo Renzi, ma anche Andrea Orlando.
Calenda si tessera con il Pd. Subito fuori se alleanza con M5S
Intanto dopo averlo annunciato ieri, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda si è iscritto al Partito Democratico, un ingresso che ha immediatamente fatto rumore; sulle questioni politiche di stretta attualità Calenda ha già detto la sua: “Se il Pd si allea con il M5S il mio sarà il tesseramento più breve della storia dei partiti politici”.
Lunedì, tuttavia, nonostante la tessera sia solo simbolica dal momento che le iscrizioni al partito sono attualmente chiuse, l'ex manager sarà in Direzione Nazionale: altri passi verso la candidatura alla segreteria dem? Lui continua a smentire: “Il mio ruolo è quello di un Ministro che siede in Direzione. Sarebbe ridicolo fare il segretario di una comunità che non conosco”. Per Calenda un leader c’è già e si chiama Paolo Gentiloni.
M5S trattative congelate in attesa della Direzione del Pd
Luigi Di Maio ha rinnovato il suo appello a tutti i partiti a convergere sui temi in nome della responsabilità e lo fa con una lettera aperta a Repubblica: “Voltiamo pagina e cambiamo l'Italia insieme”, scrive il leader del Movimento 5 stelle. Forti del 32,7% dei voti, i pentastellati si aspettano di essere chiamati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per ricevere il mandato esplorativo a formare un Governo.
Al M5S mancano almeno 90 deputati e quasi 50 senatori e, nonostante gli appelli, i margini di manovra sembrano molto ristretti. Gli occhi sarebbero puntati verso il Partito Democratico. La Direzione nazionale di lunedì prossimo dirà ufficialmente quale sarà la posizione del Pd per un eventuale accordo anche se al momento l’orientamento sembra negativo.
Tensione nel centrodestra. Forza Italia non si fida di Salvini
Sono in molti in Forza Italia a non fidarsi di Matteo Salvini. Secondo alcuni dirigenti azzurri il leader del Carroccio vorrebbe tornare al voto il prima possibile. Il capo della Lega, forte di un risultato elettorale sorprendente, sarebbe consapevole delle difficoltà di Governo e che al momento non ci sarebbero i soldi per alcune delle misure proposte, prima fra tutti la flat tax. Ieri Salvini è intervenuto con una nota nella quale ha annunciato che il centrodestra sta lavorando alla costruzione di una squadra di Governo.
Ma il percorso per cercare di ottenere l'incarico per un governo è ancora in costruzione. In Fi e a villa San Martino c’è la convinzione che le forze politiche del centrodestra si presenteranno unite al Quirinale per le consultazioni. Per la Lega è un percorso ancora da costruire visto che Fedriga non esclude che FI e Lega si presenteranno divise. La tensione all’interno del centrodestra è fortissima anche se per ora sotterranea. I prossimi giorni saranno estremamente intensi: sul tavolo non solo i nomi del prossimo Governo ma anche quelli dei Presidenti di Camera e Senato.
Salvini ha ribadito l'intenzione di voler parlare con tutti per cercare i voti del Parlamento sulla base di un programma. Ma l'idea predominante è che si arriverà a un esecutivo frutto di un accordo M5S-Pd. L'ipotesi di un esecutivo pentastellato sostenuto dal Pd o da parte del Pd in via Bellerio non sarebbe del tutto sgradita: permetterebbe a Salvini di ritagliarsi una centralità all'opposizione sulla quale potrebbe capitalizzare in vista di un nuovo voto in tempi brevi.