Anche Enrico Letta nel partito di Gentiloni
Anche Enrico Letta, dopo Romano Prodi e Giorgio Napolitano, rompe il silenzio e si schiera con Paolo Gentiloni. “Il voto del 4 marzo? Se penso a Italia e Europa voglio augurarmi che Paolo Gentiloni ne esca rafforzato con la coalizione che lo sostiene", ha twittato a metà pomeriggio, estromettendo di fatto dallo scenario politico post 4 marzo quel Matteo Renzi suo successore a palazzo Chigi che in quanto attuale segretario Partito Democratico è da regolamento candidato premier e leader della coalizione.
Dal canto suo, Matteo Renzi incassa l'ennesima stoccata in silenzio. In questo momento l'obiettivo è tagliare il traguardo del primo partito e tutto è sacrificabile. Ecco allora che l'entourage del segretario fa buon viso a cattivo gioco: “Se Enrico Letta sostiene il centrosinistra abbiamo un voto in più, e questo è importante. Mi auguro che siano in tanti a sostenerci”, commenta Luca Lotti.
“Le parole di Enrico Letta sono importanti. Come Partito Democratico e centrosinistra andiamo avanti con impegno per un'Italia più forte e più giusta”, gli fa eco Maurizio Martina. Mentre, dalla minoranza, Andrea Orlando definisce le parole di Letta “un segnale importante di apprezzamento per una leadership che si è consolidata in questi mesi” e sottolinea che “una certa arroganza, autosufficienza e prepotenza non credo abbia aiutato nei risultati il Pd”.
Il leader dem, intanto, si concentra sugli ultimi giorni di campagna elettorale, appellandosi al voto utile contro la sinistra radicale: “Il voto del 4 marzo è molto importante, non è vero che è già scritto tutto. Il rischio di un Governo estremista c'è. Io non escludo nemmeno un Governo tra Grillo e la Lega. Ecco perché dico voto utile, voto utile, voto utile".
Se il Pd non sarà il primo partito in Parlamento andrà all’opposizione
Renzi ha poi fatto un passo ulteriore: "Se il Pd non sarà primo, è pronto all'opposizione: non è che ce l'ha detto il dottore di andare al governo”. Il leader Dem ricorda che aveva fatto il referendum costituzionale per “evitare l'inciucione, la coalizione, il grande accordo”. E fa capire che non è affatto scontato che, da leader Pd e con gruppi a trazione renziana, direbbe sì a governi di larghe intese o di scopo.
Ironia della sorte, negli stessi minuti Pietro Grasso ha aperto a un Governo di scopo con Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nel caso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo dovesse chiedere. Poi precisa che resta fermo il no di Liberi e Uguali alle larghe intese e che il Governo avrebbe il solo scopo di cambiare la legge elettorale. Parole che all’interno di LeU hanno scatenato l’immediata reazione di Roberto Speranza e di Nicola Fratoianni che hanno precisato “mai con Renzi e Berlusconi”.
Bufera su Fioramonti: “È contro Israele”. M5S: è fake news
All'indomani dell'invio al Quirinale di una lista di ministri in vista di un ipotetico governo qualora il Movimento 5 Stelle vincesse le elezioni, il nome di Lorenzo Fioramonti proposto da Luigi di Maio per il Ministero per lo sviluppo economico fa infuriare il mondo ebraico. Contro di lui l'accusa di essere un sostenitore del boicottaggio anti-Israele. In serata, l'interessato ha chiarito di non essere un anti-israeliano; la Comunità ebraica romana prende atto delle sue parole, ma il Partito Democratico non molla l'attacco, e anche Matteo Renzi punta l'indice contro il ministro in pectore dei pentastellati: “Il candidato ministro M5s propone il boicottaggio di Israele, noi abbiamo Calenda e quello che lui ha fatto in questi anni”.
Il quarantenne Fioramonti, “l'economista" del M5S, è stato accusato dal deputato del Pd Emanuele Fiano di aver aderito al "boicottaggio di Israele" rifiutandosi di incontrarne l'ambasciatore Arthur Lenk in occasione di un convegno di studi economici. Pronto lo sdegno di Pagine ebraiche 24, quotidiano dell'ebraismo italiano edito dall'Ucei, che ha parlato di “inquietudine e indignazione” nel mondo ebraico italiano.
Dal canto suo, Luigi Di Maio ha bollato la notizia come una “fake news, una notizia non vera”. Fioramonti ha spiegato come l'episodio oggetto di attacco si è verificato due anni fa e ha parlato di “strumentalizzazione senza precedenti da parte di una specifica parte politica”.
Elezioni, palco comune ma sfida è a tre su premiership
Conto alla rovescia in vista delle elezioni del 4 marzo, solo 48 ore e poi sarà silenzio elettorale. Nel centrodestra si sparano le ultime cartucce per guadagnare solo un voto in più anche rispetto all'alleato. Lo stesso evento unitario di domani al tempio di Adriano (appuntamento alle 15) rientra in una mirata strategia, quella che guarda al bene della coalizione. Insomma vedere i tre leader Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni insieme sullo stesso palco potrebbe effettivamente giocare a favore del progetto comune.
Il modello è quello della Sicilia, il cosiddetto “patto dell'arancino” spiegano i ben informati: ha aiutato la causa di Nello Musumeci, e anche in questo caso potrebbe mettere a tacere le voci su una coalizione divisa, pronta a sfaldarsi il 5 marzo. La rivalità è però palpabile, la sfida è aperta tra i contendenti e sulla premiership sarà giocata fino all'ultima carta disponibile. Sia Berlusconi che Salvini sono convinti che il centrodestra vincerà le elezioni arrivando a una maggioranza in grado di governare il paese, ma sono anche entrambi convinti di prevalere l’uno sull’altro. Chi prenderà un voto in più il 5 marzo guiderà il centrodestra.