Salvini va senza preavviso a Lampedusa e rilancia sui decreti sicurezza

Prima di lasciare la Sicilia e spostarsi al Nord per proseguire la campagna elettorale, Matteo Salvini va, a sorpresa, a Lampedusa e fa nuovamente vista all'hotspot che accoglie i migranti sbarcati sull'isola denunciando il “sovraffollamento drammatico” in cui versa la struttura, e promettendo in caso di successo alle urne un deciso cambio di registro. “Torneremo ad essere un paese accogliente con chi merita, ma che fa rispettare leggi, confini e regole. Controllare gli sbarchi significa salvare vite e proteggere gli italiani. Non vedo l'ora di tornare a farlo dal 25 settembre. L'immigrazione è un fenomeno che può essere controllato, basta reintrodurre i decreti sicurezza”

Insomma, per l'ex ministro dell'Interno, che punta a tornare al Viminale, la strada da battere non è quella che porta al blocco navale proposto dall'alleata Giorgia Meloni, ma una riedizione di quanto già fatto quando era Ministro. “La differenza tra noi e gli altri è che noi il problema lo abbiamo già risolto in passato. Io l'ho dimostrato, con i decreti sicurezza si torna ad essere un paese serio perché questa non è l'immagine di un paese serio”. “Io voglio impegnarmi per un'immigrazione limitatacontrollata e qualificata. Non è rispettoso per chi scappa davvero dalla guerra far sbarcare tutti”. “Un paese civile accoglie in maniera diversa. È vergognoso”. A Lampedusa, rimarca il leader della Lega, “la situazione resta drammatica: difficili condizioni igienico-sanitarie, donne e bambini, sporcizia, posti letto insufficienti”. “Non è un centro di accoglienza, è un caos, un deposito figlio di un traffico di esseri umani che voglio stroncare una volta per tutte. Entra chi ha il permesso”.

Letta punta e spinge sul voto utile: o noi o la Meloni. Scontro con Calenda

Enrico Letta continua a non avere dubbi: la partita è tra centrodestra e centrosinistra. “Il ragionamento di chi dice ci sarà un pareggio e rimettiamo Draghi a Palazzo Chigi” (vedi Carlo Calenda e Matteo Renzi), scandisce il segretario Pd nel salotto di Porta a porta, “non fa i conti con la legge elettorale che prevede più di un terzo degli eletti con la logica dell'uninominale. Nei 221 collegi uninominali uno solo viene eletto. Vince uno solo”, insiste. Il leader dem vuole che il messaggio arrivi forte e chiaro a chi lo ascolta e allora fa un esempio pratico e non affatto casuale “Nel collegio di Roma centro sono candidati Calenda, per noi Bonino, poi esponenti di FdI e M5S. Chi vota Calenda, che non ha nessuna possibilità di essere eletto visto che lì bisogna superare il 35-40 per cento dei voti, e a questa soglia arrivano solo centrodestra e centrosinistra, impedisce alla Bonino di essere eletta, il voto utile è oggettivo, passano solo candidati di centrodestra o centrosinistra”. Letta usa parole dure contro l'ex alleato sulla sua proposta di una sospensione della campagna elettorale per sedere tutti al tavolo di Mario Draghi e trovare una soluzione comune contro il caro bollette. “Il problema non è la campagna elettorale o l'armistizio. Il problema peggiore è mescolare le due cose. Il Parlamento c'è e il Governo c'è. Prenderà le sue decisioni e il Parlamento le ratificherà. Io eviterei di fare cinema inutile, propaganda. Siamo tutti lì, il Governo faccia il provvedimento che deve fare e noi ci siamo”.  

Immediata la risposta di Carlo Calenda “Chi non vota Pd è per Putin, chi non vota Pd è No Vax, chi non vota Pd vuole lo sfruttamento, chi non vota Pd è per Almirante. Esistono solo il rosso o il nero. È una campagna elettorale più violenta di quelle del dopoguerra. L’Italia è meglio di così Enrico”, replica mettendo agli atti che il segretario del Pd “è l’unico leader che rifiuta l’incontro. Del resto, il suo messaggio è uno solo: dividere gli italiani tra buoni e cattivi, e i cattivi sono tutti quelli che non votano Pd”. Sul fronte energetico, però, Letta e Calenda hanno una linea comune. Dal tetto Ue al prezzo del gas all'ipotesi di sganciare il costo del combustibile fossile da quello di energia elettrica e rinnovabile, passando per il rigassificatore di Piombino. Anche il segretario Pd apre: “Penso che bisogna farlo il rigassificatore a Piombino ma bisogna capire e accompagnare la resistenza del territorio, prendendoci un impegno su risarcimenti e bonifiche che con il rigassificatore non c'entrano ma che hanno a che fare con la storia di questa città”. 

Da Napoli Luigi De Magistris lancia Unione Popolare

Dopo essere riuscito a raccogliere le firme, Luigi de Magistris lancia da Napoli la sua lista di Unione Popolare, partito fondato con movimenti, associazioni sociali, con Potere al Popolo per “portare in Parlamento il riscatto del Sud rispetto a chi sta al potere”. “Chi fino a oggi sta nel governo Draghi, compreso il M5S ha spinto per l'autonomia differenziata, che significa spaccare ancora di più l'Italia in due, i più deboli sempre più deboli e i più forti sempre più forti”. L'ex sindaco di Napoli riparte da un cinema a due passi da Piazza Dante, nel cuore della città ora popolata di turisti ma anche di cittadini in difficoltà, come in molti luoghi del Sud: per questo difende, con modifiche, il reddito di cittadinanza

“È un reddito contro la povertà serve a sostenere e non può essere eliminato. Alcuni l'hanno utilizzato un po' per parcheggiare delle persone all'infinito, io penso che il percettore di reddito voglia anche essere aiutato dallo Stato per trovare lavoro e dignità. Vogliamo mettere in campo politiche attive per il lavoro: assunzioni nel pubblico”. Sul salario minimo “tutti ne parlano ma quando hanno governato non l'hanno fatto. Noi diciamo che serve un salario di almeno 10 euro all'ora e quindi di 1.600 euro. Queste misure sono sostenibili perché noi a differenza degli altri che vogliono dare a tutti, e dicono bugie perché non potranno mai, siamo molto chiari: chi ha tantissimo ed è super ricco deve dare, chi deve ricevere è chi è in difficoltà, i giovani, i poveri, il ceto medio, le aziende in difficoltà, i braccianti, gli artigiani”. “Questa è la vera sinistra”. 

Paragone attacca destra e sinistra: solo noi di Italexit siamo l'antisistema

No Vax e no Bruxelles, contro le sanzioni alla Russia, in prima linea a difesa “della libertà e della verità”, equidistanti da “euro Salvini, euro Meloni e euro Letta”, contro il “vero fascismo che non è quello di Casapound ma quello bianco del governo del green pass”, pronti alla “mobilitazione” contro il governo se “non darà diritti”. È la linea politica di Italexit, il movimento antisistema guidato dal senatore Gianluigi Paragone, che ieri, in un salone del Roma Scout Center, ha presentato i candidati del Lazio. Tanti i militanti con una maglietta nera e a destra del palco un grande fac simile del simbolo elettorale. Tra i candidati anche l'esponente di Casapound Carlotta Chiaraluce, sposata con il portavoce nazionale Luca Marsella, la quale, complice anche la presenza compatta dello stato maggiore dell'organizzazione, incassa l'ovazione più convinta della sala. “Casapound” precisa Paragone con i cronisti “non è organica a Italexit: Carlotta ha accettato di candidarsi con noi, ma ci appoggiano anche tanti di sinistra. Detto questo il vero fascismo è quello bianco, quello dell'obbligo vaccinale”. 

Tanti applausi anche a tutti gli altri candidati, molti dei quali alla prima esperienza politica. Il tono degli interventi è deciso e a tratti minaccioso: si parla di “vendetta politica” contro “gli incappucciati della finanza”, paventando anche la mobilitazione sociale dopo il voto. Nel suo discorso Paragone esordisce “Noi non siamo simpatici: questa democrazia ha paura delle forze antisistema. Abbiamo il coraggio di rovesciare il punto di vista. Noi non dimentichiamo”. “Noi porteremo avanti la vendetta politica: noi li abbiamo creati e noi li distruggeremo”. L'ex conduttore attacca tutti ed esclude fermamente ogni possibile intesa futura con un eventuale governo di centrodestra: “Destra e sinistra sono tutti uguali: euro Salvini, euro Meloni, euro Letta. Quando si votò per l'invio delle armi, Meloni votò con gli altri. Nessun accordo con chi s’è infarinato con il draghismo”. Idee chiarissime anche sui rapporti con Mosca: “Dobbiamo accettare il gas russo. Le sanzioni sono un grave errore”. Quindi rilancia come proposte per la prossima legislatura due Commissioni d'Inchiesta, una sui vaccini e l'altra sul Covid. 

Sui Ita, il Mef sceglie la cordata Air-France-Klm, Certares. Meloni attacca

Ieri sera il Mef ha comunicato di aver scelto il fondo Usa Certares, in partnership commerciale con AirFrance-Klm e Delta, per la possibile vendita di Ita Airways. Secondo quanto trapelato, Certares sarebbe pronta ad acquisire il 50% più uno della società. L'accordo prevederebbe inoltre che il Mef possa esprimere il Presente della compagnia, su cui però deve ottenere il gradimento della cordata. Al contrario, la scelta dell'amministratore delegato toccherebbe ai soci della cordata di Air France, ma su questo sarà necessario, comunque, un accordo con il Mef. Delusa dalla scelta Lufthansa, che fa notare come la decisione presa comporti “una maggiore influenza dello Stato e non prevede una completa privatizzazione di Ita” e allo stesso tempo sottolinea che l'offerta congiunta con Msc “era e continua ad essere la soluzione migliore per Ita”. 

Sulla decisione, le forze politiche si sono spaccate: da un lato FdI, con Giorgia Meloni che, da Pescara, ribadisce che il futuro della compagnia di bandiera deve essere deciso dal prossimo esecutivo: “L’attuale governo dovrebbe fare le cose minime, essendo il Parlamento formalmente sciolto; quindi, non credo che una materia così strategica sia di sua competenza”. E avverte: “Tutto quello che posso fare per impedirlo sono pronta a farlo”. Dall'altro, +EuropaAzione e Italia Viva accolgono positivamente la decisione dell'esecutivo, sia per la compagnia che per i contribuenti. “Giorgia Meloni vuole spendere altri miliardi di euro per Ita-Alitalia. Nessuna sorpresa, vogliono tornare al panettone di Stato", scrive Carlo Calenda. “Dopo aver buttato via 10,6 mld di soldi dei contribuenti non vogliamo sprecarne altrettanti”, chiosa invece Luigi Marattin, di Iv. Al coro si aggiunge poi Benedetto Della Vedova: “La vendita deve proseguire nell'interesse della compagnia stessa che ha bisogno di investimenti per competere e crescere. E nell'interesse dei contribuenti che hanno ripianato perdite miliardarie per anni e anni”. 

L’Istat calcola che ad agosto l’inflazione è salita all’8,4%, mai così dal 1985

Continua la corsa dei prezzi spinta dai rincari di gas ed energia che a cascata si riflettono sul cosiddetto carrello della spesa in cui sono contenuti i beni di maggior consumo. Nell'aggiornamento mensile l'Istat segnala infatti che ad agosto l'Inflazione ha raggiunto l'8,4%, con un balzo dello 0,8% rispetto al mese precedente. A luglio l'Inflazione era al 7,9%. “Sono l'energia elettrica e il gas sul mercato libero a produrre l'accelerazione dei prezzi dei beni energetici che, insieme con gli alimentari e i beni durevoli, spingono l'Inflazione a un livello che non si registrava da dicembre 1985 (quando fu pari a +8,8%). Accelerano, così, l'Inflazione al netto degli energetici e degli alimentari freschi e la crescita dei prezzi del cosiddetto carrello della spesa (+9,7%, un aumento che non si osservava da giugno 1984). L'Italia fa comunque meglio di molti altri Paesi europei come segnala Eurostat secondo cui nell'Eurozona l'Inflazione ad agosto è salita al 9,1% rispetto all'8,9% di luglio. 

Preoccupate le reazioni di forze sociali e consumatori. Per il Codacons “i dati Istat confermano in pieno l'allarme stangata e aggravano la situazione delle famiglie italiane alle prese con abnormi rincari di prezzi e tariffe”. “Il tasso di Inflazione all'8,4% si traduce, considerata la totalità dei consumi annui delle famiglie italiane, in una maggiore spesa pari a +2.580 euro annui per la famiglia tipo, che raggiunge i +3.352 euro annui per un nucleo con due figli”. Confesercenti aggiunge che “senza un'inversione di tendenza, l'aumento di prezzi e utenze porterà nei prossimi due anni ad una minore spesa di 34 miliardi, oltre 1.300 euro in meno a famiglia”. Confcommercio osserva invece che “al di là della consistente spinta degli energetici, la progressiva risalita dell'inflazione di fondo conferma come le tensioni siano ormai diffuse all'interno di tutto il sistema produttivo. Il 2022 si chiuderebbe, secondo le nostre stime, con un'Inflazione media prossima al 7,5%”. Duro il commento del leader della Cgil Maurizio Landini “Con l'Inflazione che balza ad agosto all'8,4% le chiacchiere non servono più. Così non si regge. Il decreto aiuti bis mette risorse inadeguate per i lavoratori e i pensionati: c'è bisogno subito di un intervento urgente per tutelare salari e pensioni già impoveriti”.



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