Botta e risposta tra Salvini e Meloni sullo scostamento per il caro bollette
Tra una settimana il centrodestra si ritroverà in piazza del Popolo a Roma per chiusura della campagna elettorale. L'appuntamento, a 72 ore dal voto, dovrà restituire l'immagine di una coalizione compatta, pronta a governare il Paese per i prossimi 5 anni, eppure, nel centrodestra le divisioni non mancano come testimonia il differente approccio di Matteo Salvini rispetto a Giorgia Meloni sul tema del caro-bollette. Per il segretario della Lega la ricetta per contrastare gli effetti della crisi energetica su famiglie e imprese è soltanto una, ovvero uno scostamento di bilancio da attuare nell'immediato: “Con meno di 30 miliardi, a debito, l'emergenza non si argina”, sottolinea il Capitano, senza smettere di pungere gli alleati, per nulla convinti, “Non capisco ritardi e tentennamenti” confessa Salvini.
Nel mirino c'è soprattutto la presidente di FdI, candidata in pectore per la guida del prossimo governo: punta a Palazzo Chigi, anche se difficilmente ci andrà. Salvini, che domenica tornerà a Pontida per lanciare il rush finale della Lega in vista del voto, da qualche giorno non perde occasione per tirare in ballo la Meloni sul caro bollette: “C'è la guerra, c'è il Covid, c'è l'inflazione, intervenire adesso non è un capriccio di Salvini, e mi domando perché Letta e Meloni dicano di aspettare l'Europa. Sono e siamo pienamente consapevoli che non sarà facile governare il Paese che avrà tensioni sociali notevoli”. Motivo per cui chiede al governo Draghi di muoversi alla svelta senza attendere un passaggio di consegne che, nel timing immaginato da Salvini, non avverrebbe prima di 50 giorni: “Il prossimo esecutivo? Se entra in carica il 5 novembre, nel frattempo quanti artigiani hanno chiuso?”.
Come detto, però, né Giorgia Meloni né Silvio Berlusconi concordano. Per il leader di Fi “creare nuovo debito è una misura estrema che dobbiamo fare di tutto per evitare”; sulla stessa lunghezza d'onda la presidente di FdI che però, dopo l'incessante martellamento, decide di replicare secca: “È qualche giorno che mi sorprendono alcune dichiarazioni di Salvini, e mi sorprende il fatto che a volte sembri più polemico con me che non con gli avversari”. Quello che non va giù alla Meloni, in particolare, è la continua richiesta di spiegazioni: “Ho detto cento volte perché credo che lo scostamento sia una soluzione che va molto ponderata, francamente la polemica non la capisco e la trovo abbastanza pretestuosa. Spero che siano cose da campagna elettorale, però poi quando uno lo spiega non si dovrebbe insistere” dice piccata intervenendo al telegiornale di Mentana.
Per Letta con il voto utile la rimonta è possibile e attacca Terzo Polo e M5S
Enrico Letta dà la carica ai suoi candidati sfoderando ottimismo: “Tutti i segnali dicono che la rimonta nei collegi contendibili diventa sempre più interessante e possibile”. Il pensiero è rivolto a quella sessantina di sfide che il Pd ritiene possano cambiare l'esito delle elezioni. Poi, in un comizio ad Ancona, il segretario Pd si spinge anche più in là: “Vinceremo noi le elezioni, Giorgia Meloni sarà all'opposizione”. Lo schema “noi contro Meloni” di rimbalzo implica il “voto utile”: “Gli unici che fanno una campagna elettorale proattiva nel tentativo di presentare un’alternativa al centrodestra siamo noi. Sia da parte dei 5 stelle che del Terzo polo gli obiettivi siamo noi e non la destra”. Per la campagna contro l'avversaria Meloni, Letta suggerisce ai candidati di prendere come metro i botta e risposta del faccia a faccia di qualche giorno fa, quando si è confrontato con la leader di FdI su Corriere.it. Per Terzo polo e M5s, il segretario Pd segue la strategia dell'ariete: “Calenda e Renzi usano Draghi per lucrare uno 0,5% in più”. E poi: “C'è stata la volontà di due leader, Conte e Calenda, di andare da soli, perché hanno immaginato di contrastare la difficoltà che avevano con un ritorno alla purezza originaria. Il loro obiettivo è cancellarci e toglierci lo spazio politico che abbiamo. Stiamo combattendo una battaglia doppia e impegnativa”.
Con l'avvicinarsi del voto, i toni si alzano per Carlo Calenda: “Il nostro obiettivo non è cancellare il Pd. Penso che inseguire il M5S con proposte e toni sempre più populisti sia un errore”. Dopo il piano per il sud per “smontare il bluff di Conte”, Letta ha presentato il piano per la salute: “Assumiamo l'impegno che non saremo mai sotto il 7% per la spesa sulla sanità nel Pil”, ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. E poi il programma sulle pari opportunità: “Vogliamo un Paese a misura delle donne” ha sottolineato Cecilia D'Elia, portavoce delle donne democratiche, “che sono un soggetto del cambiamento, altro che fragilità”. Dietro alle proposte, c’è un filo rosso: “Rilanciamo la nostra leadership nell'elettorato progressista”, rivendica Letta, che annuncia quale sarebbe uno dei primi provvedimenti nel caso in cui il Pd andasse al governo: lo ius scholae. La sfida a sinistra è indicativa del rapporto tormentato del Pd e M5S. Per Letta sembra che il Movimento stia crescendo, ma “quello che ho visto, che penso e auspico è che avvenga a scapito del centrodestra”. Nel Pd c’è chi ragiona sul dopo voto, quando non si potrà fare a meno di parlare dell'ipotesi campo largo; per Andrea Orlando “Senza una vittoria del Pd non ci sarà nessun campo, né largo né stretto, sarà ineluttabile il dialogo fra tutte le forze che non si riconoscono nel campo della destra estrema”.
Conte lancia l’offensiva al Sud e attacca il Pd
Giuseppe Conte lancia la sua campagna elettorale nel Sud con l'obiettivo di rendere il voto del M5S indispensabile per tentare di sovvertire gli ultimi sondaggi che prevedevano l'affermazione del centrodestra. “Per contrastare le destre nei collegi uninominali al Centro e al Sud bisogna votare il M5S”, ripete ormai da giorni nel pieno dell'offensiva finale nel Mezzogiorno. Ieri ha percorso in lungo e in largo la Puglia, che è non solo la sua regione ma il territorio dove ha incassato l'endorsement del governatore: “Emiliano ha detto una cosa oggettiva: chi vota noi non vota la Meloni. Ho già detto che non faremo accordi con FdI. È chiaro che il nostro voto contribuisce a tenere lontane le destre” dice infatti il presidente del M5S a Brindisi.
Da oggi a sabato prossimo sarà in Sicilia passando per Reggio Calabria. “Gli ultimi sondaggi ci danno in forte crescita: addirittura al Sud siamo il primo partito. Questo significa che gli esperti ci stanno dicendo che nei collegi uninominali siamo i più competitivi” insiste Conte che ora incalza il Pd: “Con una manovra cinica e opportunistica, hanno fatto harakiri. Tutti andavano bene, tranne il M5S: c’è stata una deliberata volontà di emarginarci e di approfittare del residuo consenso elettorale. Erano convinti che fossimo in picchiata, ma si sono illusi”. Giuseppe Conte poi ribadisce che “Con questo vertice del Pd non c’è possibilità di sederci ad un tavolo, all'indomani del voto, e fare finta di niente”, “Il problema non è Letta ma vedere quale sarebbe in caso il nuovo vertice, quale sarebbe il programma, l'agenda; se la proposta fosse l'agenda Draghi, o del migliore dei migliori di Draghi, sarebbe impensabile”. Il M5S si vuole presentare quindi all'elettorato come la forza politica che corre da sola, che dice no alle “larghe intese” e al “campo largo”.
Draghi stoppa la deroga al tetto degli stipendi per i manager della Pa
Dopo poco più di 24 ore torna il tetto di 240mila euro agli stipendi per i manager pubblici. Il “forte disappunto” manifestato da Mario Draghi dopo l'ok del Senato alla deroga per le figure apicali di forze dell'ordine, organismi militari e Pa, si tramuta prontamente in un emendamento soppressivo dell'articolo 41 bis del decreto aiuti bis che contiene la novità. Il Premier prende in mano l'iniziativa e decide di intervenire “immediatamente” per abrogare la norma. Mentre i partiti si affrettano a rimpallarsi le responsabilità, il premier sente Sergio Mattarella: il presidente della Repubblica condivide “l'inopportunità” della scelta fatta dal Parlamento, visto anche il momento di difficoltà che vivono famiglie e imprese a causa degli aumenti legati alla crisi energetica. Dopo la proposta di modifica annunciata dal Governo, tutte le forze politiche scelgono di depositare propri emendamenti che vanno nella stessa direzione.
Cambiando il decreto aiuti bis alla Camera servirà una terza lettura al Senato. Un'ipotesi di accordo avallata da Palazzo Chigi prevede che l'emendamento alla fine non si voti, a patto che le forze politiche all'unanimità decidano di approvare un ordine del giorno che dispone la soppressione dell'articolo nel decreto aiuti ter; alla fine però si decide di approvare in Commissione la proposta di modifica del Governo. Tutti i partiti votano a favore e riparte la corsa, questa volta a intestarsi il merito dell'operazione; il primo a farlo è Giuseppe Conte: “La nostra determinazione paga: il Governo è tornato sui suoi passi e ha appena annunciato di voler cancellare la norma che alza i megastipendi dei dirigenti di Stato. Meglio tardi che mai”, scrive su Twitter. L'emendamento incriminato, è la linea del leader M5S, aveva il parere positivo del Governo. Dall'esecutivo però respingono le accuse al mittente. Il ministro Federico D'Incà era tra coloro che gestivano il dossier, attacca il sottosegretario leghista Federico Freni. Anche Enrico Letta plaude all'iniziativa di Draghi.
Le ingerenze Russe irrompono sulla campagna elettorale. Convocato il Copasir
Il report degli 007 Usa sui finanziamenti russi alle forze politiche di diversi Paesi irrompe nel bel mezzo della campagna elettorale. I partiti italiani vanno in fibrillazione. A tranquillizzare gli animi ci pensa il Copasir, che per voce del presidente Adolfo Urso esclude, per ora, un coinvolgimento dall'Italia. Di parere opposto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che invece sospetta che nel dossier possa esserci più di un partito collegato alla Russia. E comunque si attende l'audizione dell'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Franco Gabrielli, che si terrà domani al Copasir. “Posso dire che al momento non esistono notizie che riguardano l'Italia” afferma Urso, commentando da Washington il documento del Dipartimento di Stato Usa secondo cui la Russia, dal 2014, ha impiegato oltre 300 milioni di dollari per tentare di influenzare esponenti politici e alti funzionari di oltre una ventina di Paesi, anche in Europa. Il presidente del Copasir sente subito Gabrielli, che “giustamente ha attivato i canali ufficiali per avere notizie”. Poi convoca la riunione del Comitato. Intanto i partiti italiani vanno in tensione.
“Sono certa che FdI non prende soldi dagli stranieri”, assicura Giorgia Meloni, annunciando querela a La Repubblica e all'ex ambasciatore Usa alla Nato Kurt Volker, inviato speciale per l'Ucraina con il presidente Donald Trump, che in un'intervista al quotidiano parla di eventuali fondi di Mosca a FdI. Il segretario del Pd Enrico Letta chiede “verità al Governo prima del voto”, così come il leader di Azione Carlo Calenda, secondo cui “i nomi dei politici e/o dei partiti italiani che hanno ricevuto finanziamenti dalla Russia devono essere resi noti” per consentire agli elettori di prendere “una decisione consapevole il 25”; sulla stessa linea i Radicali e Sinistra italiana. In molti, comunque, chiamano in causa Matteo Salvini, ricordando i rapporti della Lega con il partito Russia unita di Putin; “Stiamo parlando del nulla, di aria fritta”, risponde secco il leader del Carroccio che poi aggiunge: “Non scherziamo, io rispondo soltanto agli italiani” e chiunque dica che la Lega ha preso soldi da governi stranieri “prenderà una querela, perché sono stufo di queste menzogne”. Intervengono per fugare ogni dubbio anche il leader di FI Silvio Berlusconi e Giuseppe Conte. Matteo Renzi non si scompone: “La propaganda russa è intervenuta sulla campagna elettorale? Lo ha sempre fatto” ma “secondo me agli italiani questa cosa non farà cambiare opinione”.
Alla Camera
L’Aula della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per l’approvazione del decreto-legge in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali. L'Assemblea di Montecitorio dovrà poi anche esprimersi sulla relazione sull'aggiustamento di bilancio.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali dibatterà sullo schema di decreto ministeriale per il riparto dei contributi in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno. La Giustizia esaminerà lo schema di decreto legislativo relativo alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, lo schema di decreto legislativo sull'ufficio per il processo e lo schema di decreto legislativo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e lo schema di decreto legislativo per l'efficienza del processo penale. La Esteri con la Difesa si confronterà sullo schema di DPCM per la ripartizione delle risorse del fondo per il finanziamento delle missioni internazionali e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione per l'anno 2022.
La Difesa dibatterà su diversi schemi di decreto per l’acquisizione di sistemi d’arma. La Cultura si confronterà sullo schema di decreto ministeriale relativo all’elenco delle proposte d’istituzione e finanziamento di Comitati nazionali ed Edizioni nazionali per l'anno 2022 e, con la Lavoro, sullo schema di decreto legislativo per il riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo. La Affari Sociali, infine, dibatterà sullo schema di decreto legislativo sulle norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.