Si allarga la lista degli impresentabili
Doveva essere una campagna elettorale di grande confronto, nella quale i partiti si sarebbero dovuti sfidare sui contenuti e sulle proposte, invece è scandita da inchieste giudiziarie, avvisi di garanzia ed espulsioni. Ultimo lo scandalo scoppiato ieri a Napoli che vede diversi esponenti del centro destra indagati per corruzione e finanziamento illecito ai partiti nel settore dello smaltimento dei rifiuti; tra i nomi spicca quello del consigliere regionale Luciano Passariello di Fratelli d'Italia, candidato alla Camera nel collegio di Secondigliano. Sotto la lente degli inquirenti ci sarebbero almeno 10 indagati, che si vanno ad aggiungere alla lunga lista degli impresentabili, che in modo trasversale, tocca il centro sinistra, il centro destra e il Movimento 5 Stelle.
Nel centrodestra si parte da Luigi Cesaro, indagato per voto di scambio e per minacce aggravate da metodo camorristico. Domenico De Siano, coordinatore Fi in Campania, capolista a Napoli, è imputato per corruzione per mazzette sugli appalti a Ischia. Sempre in Forza Italia troviamo Antonio D'Alì che deve tornare davanti ai giudici per mafia e Ugo Cappellacci, capolista in Sardegna, imputato per abuso d'ufficio nello scandalo P3.
Nelle fila del Pd c'è Piero De Luca, capolista alla Camera nel plurinominale di Caserta e nell'uninominale di Salerno, imputato per bancarotta fraudolenta per il crac Ifil. Umberto Del Basso De Caro, capolista Pd a Benevento nel proporzionale, è indagato per tentata concussione e voto di scambio sulla base di alcune intercettazioni. A Salerno Eva Avossa, proposta per la Camera, è imputata d’abuso d'ufficio per il Crescent e gli appalti di Salerno.
Diverso il discorso per il Movimento 5 Stelle che per lo scandalo rimborsopoli, su cui non sta indagando la magistratura ma che ha scosso il movimento, sta procedendo con le espulsioni anche se i candidati non potranno essere ritirati dalle liste. L’elenco di chi non ha versato presentato dal candidato premier grillino Luigi di Maio consta quindi di otto nomi (ma secondo le Iene dovrebbero essere 14): Ivan Della Valle (non ha restituito 270 mila euro), Girolamo Pisano (200 mila), Maurizio Buccarella (137 mila), Carlo Martelli (81 mila), Elisa Bulgarelli (43 mila), Andrea Cecconi (28 mila), Silvia Benedetti (23 mila) ed Emanuele Cozzolino (13 mila). Accusati di massoneria e quindi non in regola con il codice deontologico dei pentastellati, Pietro Landi, candidato nel collegio uninominale della Camera a Lucca, Bruno Azzerboni, candidato in Calabria, e Cateno Vitiello, in corsa a Napoli.
L’ipotesi di larghe intese agitano il centro sinistra
Il Presidente del consiglio e candidato di punta del Partito Democratico Paolo Gentiloni a Catania rilancia: “Abbiamo cinque punti di svantaggio dal centrodestra, li possiamo recuperare. Ma ci manca la convinzione che possiamo dare un contributo alla vittoria del Pd e al prossimo governo del Paese: crediamoci, insieme”.
Alla domanda sulla possibilità di alleanze postelettorali con Forza Italia, risponde chiaramente che la volontà del Pd è quella di non allearsi con una forza impregnata di populismo e antieuropeismo. Una posizione chiara che sembra bloccare la fuga in avanti di Marco Minniti che ieri ha dichiarato la disponibilità a far parte di un Governo di larghe intese; queste parole che hanno scatenato non poche turbolenze all’interno della coalizione di centro sinistra impegnata in una campagna di contrapposizione alle proposte della Lega di Matteo Salvini e di contrasto totale al Movimento 5 Stelle.
Certamente il problema è cosa fare all’indomani del voto se come probabile non ci sarà nessun partito o coalizione che uscirà vincitore dalle urne. I sondaggi sono molto chiari, a oggi: non solo non vincerebbe nessuno ma per formare il nuovo Governo ci vorrebbe una colazione non di larghe ma di larghissime intese; al momento tutte le possibili combinazioni non basterebbero. Il 5 marzo toccherà al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella trovare una via d’uscita anche se la strada, ora come ora, sembra davvero strettissima.
Centro destra: Tajani si, Tajani no
Inizia a prendere forma l'identikit dell’inquilino che Silvio Berlusconi ha in mente per palazzo Chigi: “Rivelerò il nome prima delle elezioni, si tratta di un uomo che avrà splendidi rapporti con tutti i Paesi europei e con il Partito popolare europeo”. La serie di dettagli fa pensare ancora una volta al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: che sia uno dei nomi in pole orami appare evidente anche se il leader di Forza Italia preferisce non sbilanciarsi più di tanto ed evitare che il suo candidato finisca prima del tempo al centro delle polemiche.
Chi preferisce sospendere il giudizio fino alla candidatura ufficiale è la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni in corsa per la premiership del centro destra: “Chi prende più voti vince; nel mio caso sarei una della generazione dei quarantenni, la prima donna premier che in Italia sembra una cosa incredibile come se si trattasse di un marziano con le antenne verdi”.
Matteo Salvini per il momento tace, ma appare evidente che lotterà per la sua premiership sino all’ultimo secondo di questa campagna elettorale. Certo fa riflettere la differenza di orizzonti tra questi possibili futuri candidati premier: le loro proposte sembrano quasi antitetiche, basti pensare al grande tema dell’Unione Europea. Insomma, sarà un’elezione nell’elezione, un fatto che non si vedeva dalla prima repubblica.