Oggi il Cdm varerà il terzo decreto aiuti. Camera dà ok a scostamento da 13 mld

Incassato il via libera della Camera, dopo aver ottenuto quello del Senato, a utilizzare i 6,2 miliardi derivanti dall'extra gettito per intervenire contro il caro bollette, Mario Draghi si prepara a varare il terzo decreto aiuti. Il Consiglio dei ministri è in programma questa mattina alle 11.00, complice anche la partenza del premier per New York in vista dell'assemblea Onu. In ogni caso, però, l'inquilino di Palazzo Chigi vuole continuare con la “messa a terra” delle norme che servono per portare a casa gli obiettivi del Pnrr. Così, sul tavolo del preconsiglio, finisce una prima parte del pacchetto concorrenza: oltre al decreto legislativo di riordino della disciplina dei servizi pubblici di rilevanza economica, c'è anche quello di attuazione della delega per la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di tutti i beni pubblici, compresi i balneari. Si tratta solo di uno step iniziale e generico che riguarda “la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori, tenendo conto delle esigenze di difesa e sicurezza”, ma ce n'è abbastanza per scaldare gli animi del centrodestra. Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia tuona: “Non ha senso fare un'azione, chiaramente politica, a una settimana dalle elezioni”: “Chi oggi si occupa di questo perde tempo, stiamo preparando una svolta radicale sul tema”, gli fa eco Maurizio Gasparri

I partiti, invece, praticamente all'unisono chiedono “una svolta" sugli aiuti a famiglie e imprese. Oltre ai 6,2 miliardi incassati in più dallo Stato, Palazzo Chigi e Mef puntano a mettere a bilancio le nuove entrate arrivate in extremis a fine agosto dagli extra profitti delle società energetiche e alcuni fondi inutilizzati da racimolare tra le pieghe del bilancio, per un investimento totale da 13-14 miliardi. Sul tavolo del Governo dovrebbe esserci la proroga dei crediti d’imposta per le imprese energivore e gasivore anche per l'ultimo trimestre 2022 con l'ipotesi di allargare le detrazioni anche alle altre imprese che stanno comunque subendo l'aumento dei costi dell'energia rischiando la chiusura. Allo studio del Governo anche la possibilità di alzare il tetto Isee a 15 mila euro (rispetto ai 12mila attuali) per l’accesso al bonus sociale e quella di far ripartire la rateizzazione delle bollette, che fino a giugno permetteva alle famiglie il pagamento fino a un massimo 10 rate. E se non dovesse entrare nel decreto la cig scontata per le imprese in crisi, dovrebbe invece esserci la misura anti-delocalizzazioni voluta da Andrea Orlando: la norma prevederebbe un aumento dei tempi, da 90 a 180 giorni, per gestire la delocalizzazione, multe più severe per le imprese e la restituzione di eventuali contributi pubblici ricevuti. Dopo la soppressione della deroga per il tetto agli stipendi dei manager pubblici, intanto, va avanti l'iter del decreto aiuti bis. Dopo l'ok della Camera arrivato ieri, la terza lettura al Senato è prevista per martedì in quella che verosimilmente sarà l’ultima seduta del XVIII legislatura

Il caso dei fondi russi agita i partiti. Di Maio attacca. Oggi Gabrielli in Copasir

Lo spettro dei fondi russi continua ad aleggiare sulla campagna elettorale. Anche se finora non risulta un coinvolgimento dei partiti italiani nel report dell'intelligence Usa che parla di oltre 300 milioni di dollari di finanziamenti inviati da Mosca alle forze politiche di una ventina di Paesi, anche in Europa, le rivelazioni arrivate da Washington alimentano la polemica politica. E tutti guardano al Copasir dove questa mattina sarà udito Franco Gabrielli, l'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Non si esclude dunque che la vicenda possa avere un seguito; se nei giorni aveva ipotizzato l'esistenza di altri dossier, ieri il titolare della Farnesina Luigi Di Maio annuncia: “Sono arrivati gli aggiornamenti che dovevamo ricevere come Ministero degli Esteri”. 

Il ministro consiglia “prudenza”, ma torna a chiedere una Commissione d'inchiesta sui rapporti tra Mosca e i partiti italiani, e non rinuncia a evocare “troppe ombre sui rapporti della Lega con Putin. Del resto, l'accordo tra la Lega e il partito di Putin è valido ancora oggi”, aggiunge, chiedendosi: “Perché la Lega, e quindi la coalizione di destra con Meloni e Berlusconi, continua a difendere gli interessi di Putin piuttosto che quelli degli italiani?”. Non solo: il leader di Impegno civico ricorda che nel 2018 il Carroccio presentò un emendamento per togliere il divieto per un partito di ricevere soldi dall'estero, e ancora si chiede: “Perché la Lega voleva ricevere soldi da Governi o da altri enti di Stati stranieri?”. Le risposte arrivano dal leader della Lega: “Non sono minimamente preoccupato per l'audizione di Gabrielli. Sono tranquillissimo. Mai chiesto o preso soldi dall'estero”, afferma Salvini, chiosando: “Votino quindi gli italiani per gli interessi degli italiani e gli stranieri si facciano gli affari loro”. Anche per il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi per ora le notizie sulle ingerenze di Mosca sulla campagna elettorale “sono solo chiacchiere, la Russia ha dato tanti soldi ai comunisti italiani e questa è l'unica cosa certa”. 

Una risposta a Di Maio arriva dal leader del M5S Giuseppe Conte che, pur senza mai citarlo, sembra rivolgere un evidente invito al ministro: “Non buttiamo in campagna elettorale illazioni e insinuazioni. Soprattutto chi ha una responsabilità istituzionale ha una doppia e tripla responsabilità di gestire tutto con cura. Non vorrei che da presunte interferenze si arrivi a un inquinamento della campagna elettorale”. Anche per il ministro per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna “se esiste un capitolo Italia sul dossier dei finanziamenti russi a partiti deve essere reso noto prima del voto perché è giusto che gli elettori si facciano una opinione. Dubito che gli italiani vogliano mandare in Parlamento persone che sono state pagate da Putin”. Tornando al Copasir e in vista dell'audizione di domani di Gabrielli, il Pd invece attacca il presidente del Comitato Adolfo Urso il quale “anziché essere garante del Parlamento va in giro per il mondo a fare il garante del suo partito, FdI, confondendo la missione istituzionale con quella politica”. 

Il Parlamento Ue condanna l’Ungheria di Orban; Lega-FdI si oppongono

Ora è ufficiale: il Parlamento Europeo, non ritiene più un Paese membro, l'Ungheria, una democrazia. E sarebbe già grave così, invece il rapporto approvato a larga maggioranza dalla plenaria di Strasburgo (433 voti a favore e 123 contrari) va oltre e bolla Budapest come una “minaccia sistemica” per i valori fondanti dell'Ue in virtù del “regime ibrido di autocrazia elettorale” costruito da Viktor Orban. Ogni ulteriore tentennamento, sostengono gli eurodeputati, sarebbe connivenza e dunque si esorta il Consiglio a intervenire per evitare, da parte sua, possibili “violazioni del principio dello Stato di diritto”. Il rapporto ha suscitato lo sdegno di Budapest oltre che dei gruppi più a destra dell'emiciclo, Identita' e Democrazia (ID) e i Conservatori-Riformisti Europei (ECR), dove militano i rappresentanti di Lega e Fratelli d'Italia. A onor di cronaca, la delegazione della Lega in questo caso si è astenuta mentre gli eurodeputati di FdI presenti in aula si sono invece divisi: Sergio Berlato e Carlo Fidanza astenuti, Pietro Fiocchi e Raffaele Stancanelli favorevoli. Comunque FdI ha precisato in una nota: “Riteniamo che un prerequisito di questo rapporto dovrebbe essere l’obiettività, l'uso di criteri chiari e la stretta aderenza ai fatti, ma ciò ancora una volta non è accaduto. Si tratta dell'ennesimo attacco politico nei confronti del legittimo governo ungherese, in una fase difficile per l'Europa nella quale a tutti i livelli si dovrebbe perseguire la strada dell’unità e non quella della polarizzazione per motivi ideologici”. 

La querelle in realtà arriva da lontano perché già nel 2018 l'Eurocamera aveva approvato la richiesta di attivare il meccanismo di condizionalità con una relazione che indicava 12 aree su cui tenere gli occhi aperti. Ebbene, in quattro anni non solo le cose non sono migliorate, sarebbero persino peggiorate. La Commissione ha aperto delle negoziazioni con Budapest ma, stando a quanto riferito in aula dal titolare della Giustizia Didier Reynders, non vi sono “sviluppi positivi da segnalare”. Così, a quanto si vocifera, l'esecutivo Ue sarebbe pronto a raccomandare “la sospensione fino al 70% dei 22,5 miliardi di euro di fondi di coesione stanziati per il periodo 2021-27” all'Ungheria. E dunque? Gli eurodeputati ora chiedono che il Consiglio la pianti con la melina e attivi in toto l'articolo 7 dei trattati, che prevede la possibilità d'imporre sanzioni al Paese membro in deficit democratico sino alla “sospensione dei diritti di voto”, procedura che richiede solo “la maggioranza qualificata”. Intanto pare che il governo ungherese, che ha bollato come “un insulto” il voto, presenterà un pacchetto di riforme considerate necessarie per convincere Bruxelles a non colpire duro e anzi approvare il suo Recovery.

L’aborto irrompe nella campagna elettorale. Centrosinistra attacca Meloni

Dopo il dossier statunitense sui presunti fondi della Russia ai partiti di venti paesi europei che ha gettato un'ombra anche sulla campagna elettorale italiana, gli occhi rimangono puntati su Fratelli d'Italia e Lega. Complice le dichiarazioni sull’interruzione di gravidanza della leader di FdI a Genova: “Vogliamo dare il diritto alle donne che pensano che l'aborto sia l'unica scelta che hanno di fare una scelta diversa. Non stiamo togliendo un diritto ma aggiungendolo”, sono state le parole di Giorgia Meloni durante il suo comizio sotto la Lanterna durante il quale ha liquidato come “surreali” le accuse che sono arrivate dal centrosinistra a proposito di un presunto intento liberticida di Fratelli d'Italia sulla legge 194. La miccia, tuttavia, è ormai accesa e il fuoco delle polemiche non tarda a divampare. Enrico Letta sceglie le pagine di un settimanale femminile come Grazia per rispondere che “non basta essere donna per fare politiche per le donne. Contano le proposte e i fatti concreti che si mettono in campo. Per le donne la parola chiave è libertà, e la capogruppo del Pd alla Camera Debora Serracchiani nutre forti dubbi sul fatto che questa libertà sarebbe assicurata da un governo che avesse Meloni al vertice. L'aborto è una scelta non una colpa. Ci sono molti motivi per cui vi si ricorre e non sono solo economici. Meloni lascerà libere le donne di scegliere? Non ne siamo sicure”.

Anche Emma Bonino ha delle perplessità: “Fino a stamattina non pensavo che l'aborto in Italia potesse essere a rischio a livello legislativo con l'eventuale vittoria di questa destra. Pensavo invece che tra chi abolisce l'aborto attraverso la Corte Suprema, come Trump, e chi lo fa con altri mezzi come in Polonia o in Ungheria noi abbiamo da tempo semplicemente scelto una terza via, quella di non applicare la legge, visto che ci sono intere regioni dove la legge 194 non esiste perché non applicata. Dopo il comizio di Genova, forse per rivendicare l'idea Dio-Patria-Famiglia, la leader di FdI dice di voler riconoscere il diritto a fare una scelta diversa: quella di non abortire, evidentemente scopiazzando le idee degli amici illiberali europei su questo”, osserva Bonino. La vicinanza al Governo di Viktor Orban è l'altro elemento a generare preoccupazione nel centrosinistra: in Ungheria ci si prepara infatti a introdurre l'obbligo di auscultazione del battito del feto per chi abbia deciso di abortire. La co-portavoce di Europa Verde Eleonora Evi dice di aver “ricevuto segnalazioni di donne e di associazioni che la stessa cosa sta già accadendo in Umbria”, affermazione non confermata dal Ministro della Salute Roberto Speranza ma che comunque ha contribuito ad accendere le polemiche politiche.



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