Draghi parla all’Onu: condanna Putin e ribadisce la vicinanza all’Ucraina

Sono passate le 21.00 a New York quando il presidente del Consiglio Mario Draghi sale sul podio dell'Assemblea generale dell'Onu per il suo intervento, in gran parte incentrato proprio sul conflitto in Ucraina e le sue conseguenze nel giorno dell'annuncio dei referendum per l'indipendenza nel Donbass. “Le responsabilità sono chiare e di una parte sola”, mette subito in chiaro, ribadendo le sue preoccupazioni per una guerra che mette “a rischio i nostri ideali collettivi come raramente era accaduto dalla fine della Guerra Fredda”. Quando ormai “eravamo convinti di non dover più assistere a guerre di aggressione in Europa” a “sogni imperiali”, “militarismo” e “violazioni sistematiche dei diritti civili”, da febbraio “abbiamo invece assistito a bombardamenti di teatri, scuole, ospedali; a violenze e soprusi nei confronti di civili, di bambini”. Di fronte all'invasione, quindi, “aiutare l'Ucraina a proteggersi non è stata soltanto la scelta corretta da compiere. È stata l'unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite”. 

Anche con l'invio di armi perché un'invasione “non si ferma soltanto con le parole”: grazie anche a quegli aiuti, la “guerra-lampo” immaginata da Putin non c'è stata e anzi “un'eroica controffensiva” ha permesso a Kiev “un vantaggio strategico importante”. Inoltre le sanzioni “hanno avuto un effetto dirompente” e il loro impatto “è destinato a crescere col tempo”. Però, anche se “la Russia non ha dimostrato di volere la fine del conflitto”, l'Italia “resta in prima linea per provare a raggiungere un accordo, quando sarà possibile” per una pace che sia ritenuta “accettabile” dall'Ucraina. Draghi è stato tra i protagonisti dei negoziati che hanno portato all'accordo sul grano e auspica che ci siano “altri momenti di cooperazione”, a partire dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia

La guerra in Ucraina, oltre agli effetti diretti, ha portato o aggravato molti problemi a livello globale a partire dalla crisi dell'energia e del gas. Il premier assicura che l'Italia ha “dimezzato la nostra dipendenza dal gas russo e contiamo di diventarne completamente indipendenti dal 2024” ma torna a sollecitare l'Ue: "L'Unione Europea deve imporre un tetto al prezzo delle importazioni di gas”. Più in generale, di fronte alla crisi alimentare, a quella energetica, ai cambiamenti climatici, alle disuguaglianze, occorre “reagire con il multilateralismo, con spirito di solidarietà e responsabilità”. Perché, sottolinea citando il discorso del 1988 di Michail Gorbacëv al Palazzo di Vetro, i problemi non si risolvono con la forza o la minaccia ma con “un nuovo volume e una nuova qualità della cooperazione”. Bisogna quindi “ritrovare lo spirito di cooperazione” anche rinnovando le istituzioni comuni; su questa strada l'Italia non farà deviazioni o passi indietro, garantisce concludendo il suo intervento con quello che sembra un messaggio di rassicurazione ai partner internazionali, ma anche di “indirizzo” a chi verrà dopo di lui.

I partiti scelgono Roma per la chiusura della campagna elettorale

Ultimi giorni di campagna elettorale, ultime ore a disposizione dei partiti per marcare il territorio e tentare la volata; del resto, è proprio nei giorni che precedono il voto che si spostano o riposizionano gli indecisi. Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, da Enrico Letta a Giuseppe ConteCarlo Calenda e Matteo Renzi, tutti i big stanno battendo palmo a palmo la penisola. Ma per le tradizionali chiusure i leader preferiscono la Capitale: sarà infatti Roma a ospitare i comizi di chiusura dei principali partiti, con centrodestra e centrosinistra che si divideranno lo stesso palcoscenico, piazza del Popolo, ma a distanza di un giorno. Lega, Fratelli d'Italia, Forza Italia e Noi moderati chiuderanno la campagna elettorale giovedì 22 settembre alle 17.30: per l’occasione sul palco di “Insieme per l'Italia” ci saranno tutti, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. L'indomani, venerdì 23 settembre alle 18.00, toccherà al centrosinistra: piazza del Popolo farà da scenario alla chiusura della campagna elettorale del Pd-Italia democratica e progressista, con il segretario dem Enrico Letta. Dunque, oltre che all'ultimo voto, tra le due coalizioni sarà anche una battaglia di numeri: chi riuscirà riempire maggiormente la piazza? L'ellissi di Piazza del Popolo misura circa 16mila metri quadrati e la sua capienza massima è di circa 20mila persone. 

Oltre alla chiusura nella Capitale, i leader dei partiti del centrodestra bisseranno il comizio finale anche singolarmente: la Giorgia Meloni ha annunciato che venerdì sarà a Napoli, all'Arenile di Bagnoli. Anche Silvio Berlusconi chiuderà la campagna elettorale venerdì, a Milano, in un luogo per lui simbolico: il teatro Manzoni. Roma è la sede prescelta anche dal Movimento 5 Stelle, che però chiuderà la campagna elettorale in una location meno capiente rispetto Piazza del Popolo: Giuseppe Conte salirà sul palco allestito in piazza santi Apostoli, luogo storico della sinistra ai tempi delle vittorie di Romano Prodi, che lì insediò il suo quartier generale; l'appuntamento è venerdì alle 18.00. La Capitale è stata scelta anche dal Terzo polo per il comizio finale: Carlo Calenda e Matteo Renzi venerdì 23 settembre a partire dalle 18.00 saranno al Gianicolo. Infine, Roma è stata scelta anche dall'Alleanza Verdi Sinistra, che chiuderà giovedì lungo i Fori Imperiali alle ore 17.00. In attesa che le restanti liste decidano la location dei comizi finali, Italexit di Gianluigi Paragone dà agli elettori due appuntamenti: giovedì 22 a Roma in Piazza Campo de Fiori alle 18.30, e venerdì a Milano in piazza XXIV Maggio alle 20.00. 

La Meloni fa un endorsement alla destra spagnola. Pioggia di critiche

Il centrodestra, guidato da Fratelli d'Italia, che vince le elezioni in Italia e fa da apripista a un'esperienza simile anche in Spagna. È l'auspicio di Giorgia Meloni che, in un'intervista all'Efe, spiega i rapporti con Vox: “Ho avuto una lunga telefonata con Santiago Abascal, come spesso accade. Siamo uniti dal rispetto reciproco, dall'amicizia e dalla lealtà. Ci diverte il fatto che in Italia la sinistra usi Vox per attaccare FdI e viceversa in Spagna”. Le sue parole arroventano il clima nell'ultimo scorcio di campagna elettorale: “Vox è veramente un partito neofascista” punta il dito Carlo Calenda. “Io non ho mai evocato l'allarme democratico ma se la Meloni si mette a dire che vuole Vox al governo, che domani la Le PenOrban, magari l'AFD, attenzione perché lì c’è gente che è fascista dichiarata”. Per Meloni “la concretezza e il pragmatismo dei conservatori sono molto più efficaci delle ricette ideologiche della sinistra” e sono in grado di garantire al Paese “un forte cambiamento” affrontando “la priorità assoluta” di “sostenere le famiglie e le aziende in questa terribile fase di aumento dei prezzi e dell'energia”. La vittoria del centrodestra un pericolo per la democrazia? “In Italia nessuno lo crede, nemmeno la sinistra stessa, che usa quest’argomento come arma della disperazione”. 

Dal Pd piovono accuse. “Spero che Vox non abbia successo in Spagna, sarebbe un pessimo segnale per l'Europa”, ma “non mi sorprendono le parole della Meloni, conosco il suo rapporto con Vox”, taglia corto il segretario Enrico Letta. Dall'Eurocamera interviene la presidente del gruppo S&d, la spagnola Iratxe Garcia Perez: “Purtroppo Vox è già presente nelle istituzioni in Spagna, ad esempio nel governo della mia regione, Castilla Leon. Il populismo è molto efficace nella sua critica distruttiva, ma quando si arriva al dunque non apporta nulla”. La leader di FdI dalla sua pagina Facebook annuncia: “Sui social network devono valere le stesse regole che esistono sugli altri mezzi di informazione. La libertà di parola e la trasparenza nella gestione dei nostri dati non possono essere messi in discussione: lo abbiamo proposto dall'opposizione e lo faremo” al governo. Meloni definisce “assurdo che si debba sottostare ai diktat dei padroni delle piattaforme che si arrogano il diritto di dire cosa è giusto e cosa non lo è, cosa si può dire e cosa non si può dire. La libertà di parola non è una concessione di qualche gigante del web”. Poi, in serata, dalla convention elettorale di FdI a Palermo tesse gli elogi di Renato Schifani: “Una persona di grande esperienza e capacità”. Dal palco del capoluogo siciliano Meloni risponde con ironia ad alcuni contestatori: “Lasciateli fare, tanto io urlo di più, sono cintura nera di urla”. 

Salvini agli amministratori lombardi: prima l’autonomia poi il resto

All'incontro con gli amministratori locali della Lega della Lombardia Matteo Salvini ha esordito con un richiamo al passato e con un monito agli alleati di Fratelli d'Italia sul presidenzialismo e l'autonomia. Il richiamo al passato è stato il saluto rivolto a Umberto Bossi “C'è uno che ha rischiato la galera per portarci fino a qua, ha compiuto gli anni ieri e si chiama Umberto Bossi: noi non saremmo qua se Umberto non fosse partito una vita fa”. E poi la puntualizzazione sul presidenzialismo: “Noi siamo d'accordo con gli amici di Fratelli d'Italia sulla riforma del presidenzialismo ma richiede qualche anno: l'autonomia è prevista dalla Costituzione ed è già stata votata da milioni d’italiani e può essere portata nel primo Cdm: partiamo da quello che abbiamo a portata di mano. Chi ha paura dell'autonomia? I politici incapaci, che non fanno una mazza da 50 anni ed è sempre colpa degli altri”, ha proseguito spiegando che “abbiamo provato a farla con il M5S prima che decidessero di bloccarla”.

Dopo il presidenzialismo Salvini ha riportato la necessità di un'altra riforma delle istituzioni come il ripristino delle Provincecancellate dalla Legge Del Rio. “Renzi ha cancellato per finta le Province, dicendo che avremmo risparmiato: non abbiamo risparmiato e abbiamo tolto servizi. Vanno reintrodotte le Province con assunzioni e l'elezione diretta”. “Una cosa che farebbe rabbrividire i cinque stelle, per i quali qui siamo tutti presunti colpevoli fino a prova contraria” è “alzare la soglia degli appalti in affidamento diretto perché altrimenti l'appalto a chilometro zero diventa una chimera e con il massimo ribasso e il subappalto del subappalto ti trovi le buche in mezzo alla strada e poi i cittadini non se la vanno a prendere con il Codice degli appalti, vanno in Comune e bussano al Sindaco”. Una figura per la quale il leader leghista ha lanciato una proposta: “Rivedere i rischi civili e penali che corrono o i Sindaci e gli amministratori comunali con quel reato che si chiama abuso d'ufficio che è tutto e niente e il danno erariale che è tutto e niente; devono essere rivisti altrimenti qui non si firma più un atto pubblico”. La presenza sul palco del Ministro allo sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, dolorante per un mal di schiena, ha dato la possibilità a Salvini di ribadire che “a Pontida abbiamo dimostrato che c’è una Lega sola, più forte che mai. Aspettate i prossimi 30 anni”. 



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