Dal price cap al nucleare, i partiti si confrontano sull’emergenza energetica

Dopo l'impennata del prezzo del gas il tema energetico torna a dominare la campagna elettorale con i leader dei partiti che, dal Meeting di Rimini, illustrano le proposte per far fronte all'emergenza. Se Giorgia Meloni apre al price capLuigi Di Maio esorta ad essere celeri e vincere la battaglia in Ue. Mentre Enrico Letta spinge l'idea dei prezzi amministrati, Matteo Salvini e Antonio Tajani concordano sul tetto al prezzo dell'energia, ma rilanciano sul nucleare. Intanto Bruxelles rassicura: “gli europei saranno al sicuro questo inverno e negli inverni che verranno”, dice la portavoce della Commissione europea Dana Spinant. Ad aprire il dibattito, nel corso del confronto tra i capi politici alla kermesse di Rimini, è il ministro degli Esteri. Per il leader di Impegno civico la battaglia sul prezzo del gas va vinta subito, “tra settembre e ottobre”, senza aspettare che sia il prossimo esecutivo a tornare a trattare. Anche perché “oggi il prezzo è 300 euro a megawattora, prima della crisi era 40. Questo vuol dire che si sta speculando”. Il titolare della Farnesina rinnova, quindi, un appello all’unità: far fronte comune contro il caro bollette che si sta abbattendo su famiglie e imprese. Ma le ricette offerte dai suoi colleghi sono diverse. 

Il segretario del Pd Enrico Letta punta su una soluzione italiana ai rincari: “prezzi amministrati dell'energia per 12 mesi. È necessario fare una legge”. Sul fronte contrapposto, ovvero via libera al price cap ma in ambito comunitario, si colloca Giorgia Meloni: “Sono favorevolissima al price cap per il gas al livello europeo, ma attenzione ad imporlo a livello italiano. Perché le società” che gestiscono l'energia nel nostro Paese “non sono pubbliche, a meno che non si decida di nazionalizzarle e di questo se ne può parlare. Si tratta di società quotate in borsa quindi che facciamo mettiamo noi i soldi poi per far comprare a 100 l’elettricità agli altri paesi con cui siamo interconnessi?”. “Noi siamo in Ue e abbiamo il dovere di combattere lì per tutelare gli italiani”, le fa eco Antonio Tajani. Su una linea analoga il presidente di Italia viva, Ettore Rosato: “Tutti i partiti si esprimano con forza per andare in Europa a dire che è un elemento decisivo per la sopravvivenza delle nostre aziende e della struttura economica del Paese”. 

Per Maurizio Lupi siamo di fronte “all'emergenza più grave dopo il Covid. Serve il tetto ma soprattutto bisogna intervenire rapidamente”. Di qui, la richiesta al premier Mario Draghi di un “provvedimento straordinario per far sopravvivere le Pmi. Lo può fare con il consenso di tutti i partiti”. Il leader della Lega Matteo Salvini non esita a definire “fondamentale” porre un limite ai costi dell'energia e dopo rilancia sul nucleare: “Se l'Italia vuole essere indipendente dal punto di vista energetico non può essere l'unico grande paese a dire di no alle centrali pulite”. Lontani dai riflettori del Meeting, intervengono il ministro Stefano Patuanelli per il M5S e il leader di Azione Carlo Calenda. Il primo ricorda che mentre “oggi tutti chiedono un tetto nazionale al prezzo dell'energia”, “questa proposta del M5S, arrivata in Cdm, è stata stralciata”. Il secondo si pone un obiettivo concreto: “Dimezzare il costo dell'energia subito e portarlo a 100 euro Mwh per le imprese energivore e gasivore”. 

Nuovo scontro tra Salvini e Letta sull’Ucraina. Draghi, siamo con Kiev

L'attenzione con cui la Russia sta seguendo l'esito del voto e i rapporti tra il centrodestra e Mosca tornano a infiammare la campagna elettorale. Se da un lato il premier Mario Draghi ribadisce che l'Italia “continuerà a sostenere l'Ucraina”, e che “la Russia deve porre fine alla sua occupazione illegale, ai suoi attacchi brutali contro i civili disarmati”, si registra l'ennesimo scontro tra Matteo Salvini e il Pd, stavolta sul tema delle sanzioni europee contro il governo russo. Per il leader della Lega “L' avanzo commerciale della Russia è di 70 miliardi di dollari: per la prima volta nella storia il sanzionato ci guadagna. Non vorrei che le sanzioni stiano alimentando la guerra. Spero che a Bruxelles stiano facendo una riflessione”. Molto dura la replica del segretario Enrico Letta “Le sanzioni sono una scelta europea. La cosa peggiore che si possa fare è dare segnali di cedimento a Putin: su questo l'Italia deve essere molto netta, mantenere le sue alleanze, e non cambiare linea. Farlo vorrebbe dire darla vinta a Putin che sta ricattando l'Italia e l’Ue. Al ricatto non si risponde con il cedimento”. In serata arriva la replica della Lega: “Letta non ha argomenti per parlare agli italiani, sceglie gente che minaccia di morte il prossimo, candida gente che odia Israele e rimpiange l'Unione Sovietica, parla solo di russi o fascisti. Noi rispondiamo con Flat Tax e Quota 41”. Ma non è solo il Pd a essere allarmato. Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio prende posizione: “Dobbiamo sostenere gli ucraini altrimenti i prossimi saremo noi. Il sostegno all'Ucraina è il sostegno a tutti noi”. 

Un’altra polemica altrettanto dura scoppia a causa delle parole del consigliere politico di Vladimir Putin, Dmitrij Suslov: “Stando ai sondaggi il centrodestra guidato da FdI dovrebbe vincere le elezioni e probabilmente il nuovo governo aggiusterà l'approccio alla guerra e ai rapporti con Mosca. E questo potrebbe fare da laboratorio per altri Paesi della Ue”. Frasi che gettano altra benzina sul fuoco provocando un secco batti e ribatti tra Pd Forza Italia circa i rischi di un ipotetico cambio di collocazione internazionale del nostro Paese in caso di vittoria del centrodestra: “Prima Medvedev, oggi Suslov che spera nella vittoria del centrodestra per far diventare l'Italia laboratorio in UE nella fine del sostegno all'Ucraina. Certi amori non finiscono… C’è anche questo in gioco il 25 settembre” è il commento del ministro della Difesa Lorenzo Guerini a cui replica sempre Matteo Salvini: “Sull'Ucraina la Lega farà quello che gli altri Paesi democratici ed occidentali fanno. Comunque vadano le elezioni la collocazione internazionale dell'Italia non si cambia”. 

La Meloni avvia la campagna elettorale da Ancona: sapremo governare l'Italia

Parte da Ancona la campagna elettorale di FdI. Presenti sul palco Giorgia Meloni, il presidente della Regione Francesco Acquaroli e i candidati. Scelta non casuale, quella di partire da una città tradizionalmente di sinistra, dopo la vittoria alle regionali del 2020. L'avvio della campagna avviene nelle Marche perché in territori come questo, “abbiamo dimostrato che la classe dirigente di FdI è perfettamente in grado di dare risposte che la sinistra non è stata in grado di dare per decenni”. Ho voluto cominciare da “Ancona per ricordare che a differenza di quello che si dice molto spesso nei salotti, nei talk, in certa stampa che parla solo a sé stessa e cioè che Fratelli d'Italia non avrebbe una classe dirigente adeguata a governare la nazione”. “Serve un governo di persone che non abbiano padroni, che non siano ricattabili. Penso di poter guidare un governo così. Non ci facciamo intimorire, ricattare e comprare”. Giorgia Meloni lancia un messaggio chiaro agli avversari: “Un governo così di persone non ricattabili, può fare in Italia cose normali di buon senso che potrebbero cambiare tanto. Stiamo facendo una campagna elettorale nella quale cerchiamo di non promettere cose che non possiamo realizzare”. Tra gli argomenti sui quali si è soffermata l'immigrazione: “Siamo pronti a gestire dignitosamente il fenomeno dell'immigrazione illegale”. 

A tenere banco, però, è stata ancora la vicenda del video dello stupro di Piacenza, postato sulle sue pagine social della leader di FdI e che ora è anche all'origine di un'inchiesta per diffusione illecita delle immagini: “Non ho ragione di scusarmi se non per avere espresso solidarietà, pubblicando un video totalmente oscurato e pubblicato da un giornale. Io sono una donna e sono molto attenta a questi temi. Non pare strano che io sia molto più discussa dello stupratore? Mi pare che l'obiettivo sia far partire qualche avviso garanzia. Perché qualcuno non ha pensato di far partire avvisi di garanzia per un video di un uomo che moriva?”. Il riferimento della Meloni è alla morte dell'ambulante africano Alika, ucciso in strada a Civitanova Marche 20 giorni fa: “Bisogna capire se in questa nazione le persone di destra hanno gli stessi diritti delle persona di sinistra”.

Conte attacca per il mancato invito al Meeting di Rimini

Chiuse e depositate le liste, la campagna elettorale entra nel vivo. A battezzare la corsa dei partiti verso il voto del 25 settembre è la sfida tra i leader ospitata dal Meeting di Cl a Rimini. Ci sono tutti, tranne Carlo Calenda (il segretario di Azione sarà però ospite nei prossimi giorni), Matteo Renzi (ma per Italia viva interviene Ettore Rosato). E diventa un caso l'assenza del presidente M5S Giuseppe Conte, che attacca: “Oggi al Meeting di Rimini non è stata ospitata la voce del Movimento 5 Stelle” perché “siamo scomodi per un certo sistema che vuole escluderci e oscurarci”. Il presidente dei 5 Stelle posta su Facebook un'immagine dei leader ritratti mentre chiacchierano tutti seduti attorno a un tavolino. E scrive: “Oggi al Meeting di Rimini non è stata ospitata la voce del Movimento 5 Stelle. C'era invece una sfilata di politici che fanno finta di litigare in pubblico e poi intorno ad un tavolo trovano sempre l'accordo. Poi ci siamo noi, diversi da loro. Siamo scomodi per un certo sistema che vuole escluderci e oscurarci”. 

I leader si sfideranno a suon di voti nei collegi. Tanti gli esclusi

Renzi e Berlusconi a Milano, Bonino e Calenda a Roma, dove è atteso anche lo scontro tra Meloni e Zingaretti. I leader scendono in campo per la sfida elettorale, che si consumerà anche in alcuni duelli che si decideranno a suon di voti. Quello tra il Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, nel proporzionale del Senato si preannuncia uno dei più interessanti. Emma Bonino sfida Carlo Calenda a Roma centro, per un posto all'uninominale al Senato. I due, che fino a un paio di settimane fa alleati, dopo la rottura non se le sono mandate a dire con tanto di accuse di tradimento e “comportamento truffaldino” lanciate dall'ex leader radicale a quello di Azione. Duello romano e tra romani, quello tra Giorgia Meloni e Nicola Zingaretti capilista per la Camera, mentre al Senato a Bologna ci saranno all'uninominale Vittorio Sgarbi per il centrodestra e Pier Ferdinando Casini in quota centrosinistra. A Napoli invece sfida a tre al proporzionale di Montecitorio tra Roberto SperanzaGiuseppe Conte e Mara Carfagna

Ma a colpire sono anche i tanti esponenti che non sono stati candidati. In Forza Italia, ad esempio, danno l'arrivederci a un posto in Parlamento l'ex vicepresidente della Camera Simone Baldelli, il sottosegretario all'Editoria Giuseppe Moles e il senatore Francesco Giro che si definisce “un escluso di lusso”. Tra i leghisti non è stato ricandidato il deputato Raffaele Volpi, non senza qualche amarezza. Tra gli esclusi eccellenti in casa Pd balza all'occhio quello dell'ex ministro dello Sport Luca Lotti, già fedelissimo di Matteo Renzi. In Italia Viva non è stato riproposto per il tandem con Azione Gennaro Migliore e sempre nel campo del centro abbandona Palazzo Madama dopo 4 legislature Gaetano Quagliariello. A non trovare un posto nelle liste di Azione, nonostante i rumor insistenti, anche l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini. Tra gli esclusi di queste elezioni, ma per ben altri motivi anche Marco Cappato “Le Corti d'Appello dove ieri sono state depositate le firme digitali a sostegno delle candidature della lista Referendum e Democrazia hanno deciso di escludere la nostra presenza alle elezioni del 25 settembre”. La motivazione, non ancora ufficiale, è legata proprio alla raccolta firme con lo Spid che ancora non è prevista per le competizioni politiche. Spunta poi un altro caso che potrebbe risolversi nell'ennesima esclusione elettorale. 



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