Draghi da Rimini rassicura: andate a votare, l’Italia ce la farà
Il Premier Mario Draghi torna al Meeting di Rimini a due anni dal famoso discorso sul “debito buono”. Quale che sia il “colore” del prossimo esecutivo, il messaggio di “fiducia” che porta alla platea di Rimini, gli italiani hanno già dimostrato di avere “coraggio” e che l'Italia “è un grande Paese che ha tutto quello che serve per superare le difficoltà”. E lo farà “anche questa volta”, anche di fronte a questo “passaggio storico drammatico” tra la guerra in Ucraina, la crisi energetica e corsa dell'inflazione che oramai “pesa in modo molto gravoso”. Il premier, alla prima uscita pubblica dopo la breve pausa estiva, sale sorridente sul palco del Meeting di Cl, accolto da un lunghissimo applauso che lo commuove e da un “entusiasmo” che “colpisce nel profondo”. Parla ai giovani, Draghi, che sono “la speranza della politica”, e invita “tutti ad andare a votare”. Con le urne, dice, gli italiani “sceglieranno” il nuovo Parlamento e anche “il programma del futuro esecutivo”, cui il suo governo consegna “un metodo”, torna a ribadire, più che un'agenda.
Coesione, indipendenza di giudizio, credibilità sono gli ingredienti che hanno guidato la sua azione nell'anno e mezzo a Palazzo Chigi e che ha riportato l'Italia a essere “autorevole” unica via per avere “rispetto”. E il “dialogo tra forze politiche” continua a essere necessario e “si dovrà ritrovare la coesione nel sentire comune da parte di tutti i protagonisti il senso di appartenenza alla repubblica e agli ideali della Ue”. C'era “scetticismo”, ricorda il premier, sulla capacità dell'Italia di uscire dalla crisi Covid e di presentare, e attuare, un Pnrr “valido”. Ma “dopo 18 mesi possiamo dire che grazie al “coraggio e alla concretezza degli italiani” si è “riscritta una storia che sembrava già decisa”. La crescita ha segnato risultati oltre le aspettative, il debito è calato in due anni come mai nella storia e il Pil marcia a ritmo superiore anche a Francia e Germania. Un risultato raggiunto grazie a una politica economica che ha saputo coniugare “crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti”. Un percorso che il premier invita chiunque verrà dopo a “seguire”. Dall'emergenza Covid alla crisi del gas, il governo ha assunto decisioni rapide e ricercando “l'unità di intenti”. Correndo per sostituire le forniture dalla Russia che, attacca, “usa il gas come arma geopolitica”. L'indipendenza, questione di “sicurezza nazionale”.
Per il futuro non dovrà accadere “mai più di dipendere da un paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato imperiale”. Nel frattempo, serve quel tetto al prezzo del gas su cui però ancora non c’è accordo. Mentre le aziende che hanno incassato “utili senza precedenti” non si devono sottrarre dal pagare, subito, la tassa sugli extraprofitti. Oltre a proseguire con l'attuazione del Pnrr, c’è l'impegno a conseguire più obiettivi possibile prima del cambio di governo, Draghi invita anche chi verrà dopo a rimanere nel solco dello “spirito repubblicano” che ha caratterizzato il suo governo e a mantenere “lacredibilità interna” che deve “andare di pari passo con quella internazionale”. L'Italia, ha sottolineato, è “paese fondatore della Ue, protagonista del G7 e della Nato”, il suo debito è “per il 25%” in mani straniere, export e capitali esteri spingono la crescita. Per questo “protezionismo e isolazionismo” non fanno l'interessa nazionale. E la storia, “dalle illusioni autarchiche del secolo scorso” alle “pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l'euro” ha già mostrato che l'Italia “non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola”.
Il discorso del Premier rilancia l’Agenda Draghi nel dibattito fra i partiti
Sono stati moltissimi gli applausi al Meeting di Rimini durante intervento del Consiglio Mario Draghi. Un successo che ha avuto l’effetto di riaprire il dibattito sulla cosiddetta Agenda Draghi a un mese dalle elezioni del 25 settembre. Il quadro tracciato davanti alla platea del Meeting dall'ex numero uno della Bce, che sembra non parlare da capo del governo in carica soltanto per gli affari correnti, assume per ampi tratti le sembianze di un manifesto politico. Musica per le orecchie del Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che sognano di riportare Draghi a Chigi dopo le urne. E non ne fanno mistero. “Non l'abbiamo perduto Draghi, secondo me non è così. Quello che c'è di straordinario e che non possiamo perdere è la caratura dell'uomo, il suo modo di governare e come intende l'Italia nel mondo”. Dopo il voto, assicura il segretario di Azione, “se non ci sarà una maggioranza chiara, sarà inevitabile andare avanti con lui”. E il leader di Italia viva twitta sornione: “Tutti applaudono Draghi, bravi. Ma il 25 settembre gli altri sostengono chi lo ha mandato a casa: la destra di Meloni e Salvini, la sinistra di Fratoianni, i 5 Stelle di Conte. Gli unici coerenti a sostegno di Draghi siamo stati e saremo solo noi”. I renziani in coro spingono per un ritorno di Draghi. Fra gli altri, Luigi Marattin è netto: “A destra il candidato premier è la Meloni. A sinistra bah, forse un collettivo in cui in 3 avranno 6 idee diverse. Per noi di “Italia sul serio”, invece, eccolo il nostro candidato premier”.
Passando al centrodestra, invece, fa rumore il silenzio, tra gli altri, di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, accusati di essere gli artefici della caduta del governo. Mentre un'altra picconata arriva dal presidente del M5S, Giuseppe Conte, che non le manda a dire: “Il presidente Draghi lascia un'eredità modesta soprattutto sull'agenda sociale: su salario minimo e precariato non c'è stata alcuna risposta”. D'altro canto, va sottolineato il plauso del segretario del Pd, Enrico Letta, che giunge su Twitter mentre Draghi parla a Rimini, scrive: “Ascolto il discorso di grande orgoglio italiano ed europeo di Draghi a Rimini. E poi penso che Salvini, Berlusconi e Conte si sono aggiunti il 20 luglio a Meloni per farlo cadere”. A stretto giro, ancora, non tardano ad arrivare gli elogi di Maurizio Lupi, capo politico di Noi moderati, in rappresentanza dei centristi che non hanno preso a cuor leggero la caduta dell'esecutivo. “Ancora una volta Mario Draghi ha mostrato cosa sia la responsabilità, e l'autorevolezza politica. Importantissimo il suo appello agli italiani perché si assumano ora le loro responsabilità andando a votare. Dalle loro scelte nascerà l'agenda per il nuovo governo. Quello che Draghi ci consegna è un metodo”.
L’Agcom boccia il confronto Letta-Meloni da Vespa
Per l'Agcom “la programmazione di un unico confronto televisivo tra due soli soggetti politici, nonché le attività di comunicazione ad esso correlate, risulta non conforme ai principi di parità di trattamento e di imparzialità dell’informazione, essendo suscettibile di determinare, in capo ai soggetti partecipanti al confronto, un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri”. É per questo che l'autorità per le comunicazioni ritiene che il confronto previsto per il 22 settembre tra il leader del Pd Enrico Letta e la leader di FdI Giorgia Meloni a Porta a Porta su Rai1 non potrà andare in onda.
Per l’Agcom “la definizione delle modalità di eventuali confronti fra esponenti politici non può essere rimessa agli esponenti politici medesimi, rientrando, tale definizione, nella responsabilità editoriale dei direttori responsabili dei programmi”, si legge in una nota diffusa dall'Autorità. L'Agcom “ha pertanto ritenuto, in vista della seconda fase della campagna elettorale e al fine di fornire indicazioni a tutti i soggetti interessati, di rivolgere un richiamo a tutte le emittenti televisive e radiofoniche nazionali affinché, all’interno dei programmi di approfondimento informativo in cui sono previsti confronti politici, provvedano, nel rispetto della propria autonomia editoriale, ad assicurare un rigoroso ed effettivo rispetto delle condizioni di parità di trattamento, al fine di garantire all’elettorato una rappresentazione completa e imparziale delle diverse proposte politiche in vista del voto”.
“Mi dispiace” commenta Bruno Vespa. “Non avremmo tolto nulla a nessuno e fatto del buon giornalismo. Noi siamo pronti a far confrontare tutti i leader ma è noto che ci sono delle forti resistenze. Pazienza”. L'annuncio del faccia a faccia aveva spinto i partiti a chiedere l'intervento della Commissione di Vigilanza per impedirne la messa in onda del confronto o modificarne la modalità. Il presidente della bicamerale Alberto Barachini aveva dunque scritto all’Autorità per chiedere di verificare se la scelta del confronto rispettava o meno la legge e i regolamenti sulla par condicio. Semaforo rosso, dunque, all'iniziativa di Bruno Vespa a Porta a Porta, che comunque ribadisce la volontà di ospitare tutti i leader. Anche altre emettenti, come La7 e Sky, si sono proposte per confronti più ampi. Ci sono però resistenze dalle forze politiche.