E' stata una lunghissima settimana nella quale i partiti sono stati alle prese con la definizione delle candidature in vista delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo. Oggi scade il termine per la loro presentazione e insomma i giochi sono ormai fatti: le liste che saranno depositate all’Ufficio elettorale del Viminale saranno quelle che gli elettori si troveranno sulle schede. Secondo la road map, a partire da sabato 3 febbraio potranno svolgersi i comizi e le riunioni di propaganda elettorale; nei 15 giorni precedenti il voto è vietata la diffusione dei sondaggi.

Dopo il voto, la prima seduta delle nuove Camere sarà convocata a venti giorni dalle elezioni, quindi il 23 marzo. Solo dopo l'elezione dei due Presidenti di Camera e Senato e la costituzione dei gruppi parlamentari sarà possibile per il Capo dello Stato avviare le consultazioni per formare il nuovo governo. L’attuale, guidato dal presidente del Consiglio uscente Paolo Gentiloni, rimarrà in carica per lo svolgimento degli affari correnti fino al giuramento di quello nuovo che, in caso di risultato chiaro alle elezioni, non potrà comunque entrare in carica prima della prima settimana di aprile.

Caos alla direzione del Pd sulle liste

Venerdì notte il Partito Democratico ha convocato la propria Direzione Nazionale per approvare le liste. Le componenti minoritarie del partito che fanno capo ad Andrea Orlando e Michele Emiliano, dopo l’ennesimo rinvio, hanno accettato, non senza polemiche, di entrare e partecipare alla Direzione del partito, iniziata alle due trenta.

Il Guardasigilli dal palco ha espresso le sue perplessità sul metodo che ha portato a condividere le scelte con le minoranze solo al termine una giornata di fibrillazione ininterrotta: “Non è questione di posti, ma non siamo stati consultati". Dopo aver chiesto invano più tempo per esaminare le liste, la richiesta è stata messa ai voti e bocciata. A quel punto il ministro e il governatore pugliese hanno abbandonato la Direzione con Gianni Cuperlo e i loro fedelissimi.

E alla fine, quando mancavano pochi minuti alle quattro del mattino, la Direzione ha approvato le liste ma senza le minoranze. Il voto segna una spaccatura fortissima all’interno del Pd che sarà destinata a fare ancora rumore. D’altronde i numeri parlano chiaro: secondo i calcoli, su 200 seggi sicuri, tra Camera e Senato, 160 sono stati riservati alla maggioranza e quindi ai fedelissimi di Matteo Renzi, alla corrente AreaDem guidata da Dario Franceschini e a quelle capitanate da Maurizio Martian e Matteo Orfini; sono solo 40 i posti che sono stati riservati alla minoranza, un numero estremamente basso. Gianni Cuperlo in segno di protesta e per “rispetto degli elettori” ha rifiutato la candidatura.

Maria Elena Boschi correrà nel collegio uninominale di Bolzano alla Camera, Beatrice Lorenzin sarà candidata alla Camera nel collegio di Modena, Valeria Fedeli al Senato nel collegio di Pisa. Il segretario Matteo Renzi sarà candidato nel collegio uninominale di Firenze al Senato e in due listini plurinominali, in Campania e Umbria. Pier Ferdinando Casini correrà nel collegio uninominale di Bologna per il Senato. In Emilia anche Lucia Annibali all'uninominale della Camera a Parma, Dario Franceschini alla Camera a Ferrara, a Reggio Emilia Graziano Delrio (Camera) e a Ferrara (Senato) Sandra Zampa, mentre Emma Bonino è a Roma per il Senato. 

Paolo Gentiloni sarà candidato al collegio Roma 1 per la Camera e in due listini proporzionali nelle Marche e in Sicilia. Saranno candidati Cesare Damiano Barbara Pollastrini, che in un primo momento erano stati esclusi. A Roma 2 correrà Marianna Madia, mentre Matteo Orfini sarà a Torre Angela. Confermata la candidatura di Pier Carlo Padoan a Siena e quella di Marco Minniti a Pesaro. Correrà a Nardò invece Teresa BellanovaBenedetto Della Vedova sarà candidato al collegio di Prato alla Camera. Beppe Fioroni è in lista a Viterbo per il Senato.


Spazio per Riccardo Nencini nel difficile collegio di Arezzo, Claudio De Vincenti a Sassuolo, e Gianni Pittella a Potenza. È in lista anche l'ex presidente della Basilicata Vito De Filippo. Torna il costituzionalista Stefano Ceccanti mentre tra le new entry c'è il portavoce di Gentiloni Filippo Sensi. In Campania sarà candidato Giuseppe De Mita, nipote di Ciriaco.

Grandi manovre nel centro destra

Il centro destra non ha ancora riempito tutte le caselle delle candidature, ma il grosso del lavoro è fatto. Per i leader i posti sono già sostanzialmente decisi: ovviamente non ci sarà, per la prima volta dal 1994, Silvio Berlusconi, incandidabile per la legge Severino. E non ci sarà nemmeno il candidato premier da lui indicato Antonio Tajani, che presiede il Parlamento Europeo. Ma ci saranno gli alleati: Matteo Salvini sarà capolista nel proporzionale a Milano e anche in Liguria, Giorgia Meloni correrà nella sua Roma, mentre Maurizio Lupi, animatore della “quarta gamba”, sarà a Milano nel proporzionale.

Il centro destra sta scegliendo con cura il posizionamento dei candidati, in modo da dare filo da torcere agli avversari. Nel collegio del Senato a Firenze, quello di Renzi, sarà schierato l'economista anti-euro Alberto Bagnai. Sempre a Firenze ci sarà la presidente dell'associazione delle vittime di Banca Etruria Letizia Giorgianni. L'aspettativa di un buon risultato elettorale ha reso la compilazione delle liste meno traumatica di quella del Pd: oltre alle tante riconferme, come i capigruppo di Forza Italia Paolo Romani e Renato Brunetta, il leghista Roberto Calderoli, il fondatore di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa, l'avvocato di Berlusconi Niccolò Ghedini, c’è un'ampia quota di new entry.

Forza Italia punta a portare in Senato l'ex ad del Milan Adriano Galliani e alla Camera l'ex direttore di Panorama Giorgio Mulè. Sempre dal mondo del giornalismo vengono il direttore del Quotidiano Nazionale Andrea Cangini e il membro del cda Rai Arturo Diaconale. In Abruzzo gli azzurri schierano Andrea Ruggieri, nipote di Bruno Vespa. La Lega ha arruolato l'avvocato Giulia Bongiorno che correrà in Liguria al Senato. Con i centristi ci sarà la moglie di Clemente Mastella Sandra Lonardo. Possibile, tra i centristi, anche un ritorno dell'ex sindaco leghista di Verona Flavio Tosi.

Bossi sarà candidato

Umberto Bossi ce l'ha fatta: il fondatore della Lega Nord è stato candidato a Varese. A renderlo noto è stato lo stesso Matteo Salvini, che ha deciso di dare ancora spazio all'anziano leader. La candidatura di Bossi non era scontata dopo le dure critiche che da mesi il senatur riserva alla linea politica nazionale espressa da Salvini, ma il segretario, alla fine, ha deciso di non allargare la frattura: “Bossi c’è, Maroni ha fatto un grande lavoro e continuerà a darci una mano. Altri hanno scelto la poltrona rispetto alla comunità, liberi di farlo. Bossi è candidato a Varese”.



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