Scontro a sinistra, Prodi sta con Pd. Leu attacca
Chiusa la fase della presentazione delle liste, la campagna elettorale assume subito i toni dello scontro.
Ieri la battaglia è stata tutta a sinistra tra il Partito Democratico e Liberi e Uguali e in particolare Tra Romano Prodi e Piero Grasso. Il Professore ha confermato che il prossimo 4 marzo voterà il centro sinistra e che di conseguenza non appoggerà il partito guidato dal Presidente del Senato. Nelle dichiarazioni di Prodi gli ex del Partito Democratico non sono stati mai citati direttamente, ma sono stati chiamati in causa quando l'ex premier ha sottolineato che chi è fuori dal centro sinistra “non lavora per l'unità”.
Parole estremamente nette, che suonano come degli schiaffi a Pier Luigi Bersani e Pietro Grasso. Il presidente del Senato ha immediatamente risposto assicurando che lui non avrebbe mai accettato di stare in coalizione con un partito che si dice di centro sinistra, il Pd, ma chiede ai bolognesi di votare Pierferdinando Casini, un partito che fa piazza pulita della minoranza interna e fa votare una legge elettorale ricorrendo a otto fiducie.
La scelta dell'ex presidente del Consiglio era nota ma per certi versi inaspettata: Prodi per mesi si era speso come mediatore alla ricerca di un accordo per costruire quel campo largo del centro sinistra che tenesse insieme Carlo Calenda e il Partito Democratico, Giuliano Pisapia e il Movimento democratico e progressista di Bersani e D’Alema, prima ancora della nascita di LeU. Per quel tentativo il segretario del Pd Matteo Renzi aveva dato carta bianca a Piero Fassino, padre nobile del Pd proprio come Prodi: un lavoro importante che comunque ha prodotto l'alleanza fra Partito Democratico, +Europa (a sua volta frutto del patto tra Emma Bonino e Bruno Tabacci) e Insieme, la lista Verdi, prodiani e Socialisti di Angelo Bonelli, Giulio Santagata e Riccardo Nencini. Fuori rimasero, per loro precisa scelta, Sinistra Italiana e Mdp che, mentre Fassino continuava le consultazioni, davano vita al progetto alternativo di Liberi e Uguali.
Gli esclusi dalle parlamentarie del M5S alzano la voce
Le parlamentarie del Movimento 5 Stelle continuano ancora a tenere banco, nonostante le liste siano già state confezionate e presentate al Viminale. Dal comitato #Annullatetutto stanno partendo, si apprende, le prime diffide a Beppe Grillo e a Luigi di Maio: un passo politico e non giudiziario per chiedere conto anche delle esclusioni dalle liste di tanti attivisti senza che se ne conosca la ragione. Il dito è puntato, di fatto, contro il Movimento 2.0 diventato, secondo le accuse, il “partito di Luigi di Maio”.
Berlusconi rilancia il rinnovamento in Fi, ma scoppia il caso De Girolamo
Chiuso il complicato dossier delle alleanze e delle liste, Silvio Berlusconi rivendica di aver portato il rinnovamento all’interno di Forza Italia. Secondo l’ex Premier la percentuale di volti nuovi tra le file azzurre sarebbe dell’85% alla Camera, l'83% al Senato. Ciò nonostante proseguono, non senza rumore, le polemiche interne al partito.
Nunzia De Girolamo era capolista blindata nel suo collegio di Benevento in Campania e seconda in altri tre collegi. Ma, all'ultimo, il suo nome sarebbe stato cancellato con il rischio per l'ex ministro dell'Agricoltura di trovarsi fuori, un’eventualità che FI ha evitato candidandola in Emilia Romagna, capolista nel collegio Bologna-Imola. Il salvataggio in extremis però non è piaciuto alla diretta interessata.
A finire sul banco degli imputati, secondo la deputata azzurra, sono Luigi Cesaro, Paolo Russo, il coordinatore campano Domenico De Siano e anche e soprattutto Mara Carfagna. Le accuse sono state immediatamente messe a tacere dai vertiti del partito su mandato dello stesso Berlusconi che non avrebbe affatto gradito la presa di posizione della deputata campana.