Centro destra: prove di intesa su candidature e programma
A pochi giorni dal vertice che si è svolto ad Arcore tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il centro destra è tornato a riunirsi per definire le modalità di spartizione dei collegi in vista delle prossime elezioni: seduti uno di fronte all'altro, i fedelissimi del Cav Niccolò Ghedini e Antonio Tajani, il braccio destro di Salvini Giancarlo Giorgetti, e per Fratelli d'Italia Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida. La linea generale che sarà seguita è quella di far riferimento alla media dei principali sondaggi nazionali pubblicati nel mese di dicembre e di quelli commissionati entro la data dell'11 gennaio.
L'incognita resta il ruolo che avrà la cosiddetta quarta gamba, essendo difficile stabilirne l’effettivo peso visa la sua recentissima costituzione. Per la formazione politica guidata da Raffaele Fitto l'ipotesi è quella che Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia stabiliscano a priori una quota, che potrebbe essere fissata da un minimo dell'1,5% a un massimo del 3% del complesso dei collegi. Candidature a parte però, va rilevato che soprattutto da parte della Lega rimangono i veti su Flavio Tosi, Enrico Zanetti e Maurizio Lupi, anche se su quest'ultimo Salvini potrebbe chiudere un occhio per la sua influenza in Lombardia dove Attilio Fontana, che molto probabilmente sarà il candidato del centro destra alle regionali, potrebbe aver bisogno del sostegno di tutti gli alleati.
Parallelamente si è riunito anche il tavolo sul programma a cui hanno partecipato Renato Brunetta e Paolo Romani per Forza Italia, Massimiliano Fedriga per la Lega, Fabio Rampelli per Fratelli d'Italia, Raffaele Fitto e Lorenzo Cesa per Noi con l'Italia. Anche in questo caso il punto di partenza è stato il vertice di Arcore di domenica scorsa. Nello specifico sono state esaminate le proposte delle quattro formazioni politiche e si è avviato un lavoro di costruzione e di scrittura del programma della coalizione di centro destra. L'obiettivo è di arrivare a un testo definitivo del entro la fine di questa settimana.
Formalmente il lavoro sul programma va avanti ma le tensioni fra gli alleati rimangono altissime: ieri il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato la sua intenzione di abolire il decreto Lorenzin sui vaccini scatenando le immediate reazioni di Forza Italia e in particolare di Paolo Romani che ha escluso categoricamente la possibilità. Anche su un tema caldo come quello del jobs act lo scontro, sebbene ancora sotto traccia, si annuncia estremamente inteso.
Per il M5S le priorità sono: semplificazione e abolizione della legge Fornero
Davanti agli imprenditori delle Pmi, il candidato premier e leader politico del movimento Luigi Di Maio, affiancato da Davide Casaleggio, cala i suoi assi elettorali. Con l’obiettivo di sburocratizzare l’Italia, il Movimento 5 Stelle proporrà l’abolizione di 400 leggi nei primi giorni di governo. Fra le prime norme da cestinare ci saranno lo spesometro, lo split payment, il redditometro e gli studi di settore.
Le altre saranno illustrate in un sito, non ancora online, dal nome leggidaabolire.it dove “tutti i cittadini potranno presentare la propria proposta di leggi da abolire”. Non è un portale o una proposta ma “una nuova idea di Stato in cui cittadini e imprese possano essere lasciati in pace per poter creare valore e portare avanti iniziative”. Semplificazione è la parola d'ordine di Di Maio: “E' semplificando che si aumenta il gettito fiscale dello Stato ed è semplificando che ridurremo la pressione fiscale, togliendo oneri burocratici”.
Il leader del movimento di Grillo è tornato anche a proporre la necessità di costruire un sistema pensionistico che assicuri la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro e ha rilanciato, come già fatto anche dalla Lega, l'abolizione della legge Fornero. Infine ha assicurato che “se non dovessimo avere i numeri per arrivare da soli al 40%, anche se credo ce la faremo, l'appello nostro a collaborare con gli altri gruppi parlamentari ci sarà. Noi siamo disponibilissimi a collaborare”.
A sinistra, prove di intese per le regionali di Lazio e Lombardia
In casa del Partito Democratico, Matteo Renzi è tornato nuovamente a escludere ogni ipotesi di larghe intese con Silvio Berlusconi. Secondo il segretario dem, sarebbe impensabile che il leader di Forza Italia il giorno dopo il voto mandi all’aria una coalizione per allearsi con il Pd; l’ipotesi sarebbe pura “fantapolitica”.
In questa prima fase di campagna elettorale Renzi vuole allontanare il sospetto, più che legittimo se si incrociano gli effetti della nuova legge elettorale e gli ultimi sondaggi, di accordi post elettorali al di fuori delle coalizioni che si presentarono alle prossime elezioni, ragion per cui non risparmia durissimi attacchi a tutti a cominciare dal Movimento 5 Stelle sino agli ex di Liberi e Uguali.
A sinistra, se da un lato lo scontro politico è quotidiano dall’altro si lavora a un'intesa sulle regionali in Lazio e Lombardia così da dare più forza alle candidature di Nicola Zingaretti e Giorgio Gori. Nel Lazio la spinta di Pietro Grasso e di Roberto Speranza sembra portare nella direzione di un sostegno al candidato uscente, ma in Lombardia un ripensamento sul no a Gori sembra molto più difficile, anche perché' gli esponenti locali di LeU sono più restii ad accettare un'intesa.
In molti sarebbero favorevoli alla proposta di Grasso di presentare il centrosinistra unito nelle regioni, ma resta la forte opposizione di Sinistra italiana e Possibile, che vorrebbero correre da soli in entrambe. C’è chi ipotizza che in Lombardia alla fine si possa optare per una desistenza a sinistra, cioè un sostegno esterno a Gori, ma il nodo è ancora irrisolto, tanto che l'assemblea regionale di LeU, cui potrebbe partecipare anche Grasso, per il momento è stata rinviata.