Carlo Calenda strappa ed esce dalla coalizione di centrosinistra

Dopo giorni di tensione, Carlo Calenda rompe l'intesa con il Pd ed esce dalla coalizione di centrosinistra. Per il leader di Azione “È una delle decisioni più sofferte ma non intendo andare avanti con questa alleanza”. A fargli cambiare idea, ha spiegato, è stata l'aggiunta dei “pezzi stonati”, cioè gli accordi che Enrico Letta ha stretto sia con Sinistra Italiana e Verdi e con Luigi Di Maio e Bruno Tabacci. Una giustificazione che ha fatto infuriare il Pd: “Onore è rispettare la parola data. Il resto è populismo d'e‘lite”. Per i dem, quando è stato siglato quell'accordo con Azione, era inteso che ci sarebbero stati patti anche con le altre forze. Per Calenda, però, la coalizione del Pd “è fatta per perdere. C'era l’opportunità di farne una per vincere. La scelta è stata del Pd, sono deluso”. 

La risposta del segretario del Pd è stata lapidaria: “Da tutto quel che ha detto, mi pare che l'unico alleato possibile per Calenda sia Calenda. Se lo accetta. Noi andiamo avanti nell'interesse dell'Italia”. L'annuncio di Calenda è arrivato in Tv, a Mezz'Ora, dopo ore di un insolito silenzio social, che ha lasciato in sospeso i potenziali alleati, reduci dagli accordi firmati il giorno precedente. Letta ha lavorato per mesi a un fronte che fosse il più largo possibile, con l'obiettivo di giocare la difficile partita del 25 settembre, di contrastare un centrodestra dato come favorito nei sondaggi e che si presenterà unito, con una legge elettorale che premia le alleanze. Ma a questo punto il quadro delle coalizioni al centro e a sinistra è stato nuovamente stravolto. Carlo Calenda correrà da solo, a meno che non trovi un'intesa con Matteo Renzi, al lavoro sul Terzo Polo con le liste civiche dell'ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Il Pd andrà avanti con Verdi-Si e Impegno civico di Di Maio e Tabacci. Ma anche con Piu' Europa, che è federata con Azione ma non sembra condividere l'addio di Calenda al Pd e darà nelle prossime ore una probabile conferma dell'accordo con il Pd. 

Nonostante le spinte di Sinistra italiana, sembra escluso un ritorno di fiamma fra Pd e M5S. “È stato Conte a far cadere il governo Draghi” ha detto Letta “È stata un'enorme responsabilità e per noi, questo è un fatto conclusivo”. Anche Giuseppe Conte sembra aver chiuso la porta. “Oggi mi trovo a fianco a persone che hanno votato 54 volte la sfiducia a Draghi” ha detto Calenda riferendosi a Si e Verdi. Il leader di Azione ha anche rivelato di aver offerto a Letta un patto a due, senza altre liste: “Gli ho proposto di fare un'alleanza netta e che rinunciavo ai collegi, avrei accettato anche solo il 10%” dei seggi, invece del 30% stabilito nel patto col Pd, ora carta straccia. Una proposta che è stata rifiutata e alla quale è seguita il fuoco di sbarramento di tutto il Pd che si è apertamente schierato con la decisione di Carlo Calenda.

Conte ribadisce il no al Pd di Enrico Letta: i collegi li dia a Di Maio e Tabacci

“In molti in queste ore mi chiedono cosa ne sarà del campo largo di Letta dopo il broncio di Calenda, le voraci pretese di posti sicuri di Tabacci e Di Maio, i veti incrociati e le repentine giravolte. Non spetta a me la risposta. Per parte mia posso solo dire che questo disastro politico mi sembra lontano anni luce dal progetto riformistico realizzato durante il Conte II”. È quanto si legge in un lungo post pubblicato su Facebook dal presidente del Movimento Cinque StelleGiuseppe Conte. “Sono ormai settimane che sentiamo parlare di cartelli elettorali e di ripartizioni di posti” prosegue l'ex premier “Sentiamo invocare un'agenda Draghi sperando che l'interessato si degni di scriverla e di un metodo Draghi, confidando forse che anche in futuro ci sia un governo che decida senza confronto politico, limitando i passaggi in Parlamento. L'unico accenno a un programma di governo che il Pd ha fatto è quando ha concordato con Calenda di rivedere il reddito di cittadinanza e il superbonus o quando ha scelto di abbracciare personalità come la Gelmini, artefice dei tagli alla scuola”. 

“La santa alleanza repubblicana messa su per contrastare Meloni ora si indebolisce e perde pezzi. Qualcuno mi chiede: e se ora Letta riaprisse al Movimento? Provo a dare una mano e a evitare ulteriori imbarazzi, dopo le dannose decisioni che sono già state prese. Noi non siamo professionisti della politica. Il balletto di questi giorni, tra giochi di potere e spartizioni di seggi, ci ha lasciati stupefatti. Noi condividiamo con i comuni cittadini una visione della politica diversa”. “È per questo che già con Draghi e ancor più in questi giorni abbiamo parlato solo di temi: tutela dell'ambiente, salario minimo, lotta al precariato, sostegni ben più consistenti a imprese e famiglie e tante altre priorità che ci vengono suggerite dai bisogni reali dei cittadini. A questo punto a Enrico rivolgo un consiglio non richiesto: offri pure i collegi che si sono liberati a Di Maio, Tabacci e agli altri alleati. Ti saluto con cordialità e senza nessuna acrimonia”. Insomma, anche dal fronte del M5S non sembra esserci la volontà di ricostituire la vecchia alleanza e quindi quello che sembra ormai certo è che i pentastellati andranno da soli e senza alleati. 

Tutto procede nel centrodestra: si lavora su collegi e programma

Ora che Calenda ha rotto con il Pd di Letta la reazione nel centrodestra è quella di chiudere qualsiasi spazio al centro. Per Giorgia Meloni: “Nuovo colpo di scena nella telenovela del centrosinistra. Calenda ci ha ripensato e non si sposa più con Letta, forse scappa con Renzi. Letta mollato sull'altare pensa ora al suo vecchio amore, mai dimenticato, Conte”. “A sinistra c’è una confusione totale. È caos e tutti contro tutti”, osserva il leader della Lega Matteo Salvini. In Forza Italia c’è la convinzione che il leader di Azione non possa togliere, anche qualora andasse con Renzi, voti al partito azzurro. Per Silvio Berlusconi il leader di Azione “È inaffidabile”. Mentre il centrosinistra si divide il centrodestra è alle prese con la definizione dei collegi. Un compito che ora sembra ancor più facile visto che l’uscita di Calenda avrà l’effetto di rendere la competizione elettorale più facile al centrodestra. Comunque sia, oggi ci sarà un’altra riunione per definire lo schema legato ai territori. “Possiamo vincerli tutti”, spiega un big seduto al tavolo della trattativa. Il quadro non è ancora definito “ma non manca molto” e domani “chiuderemo anche il programma elettorale”. 

Sottotraccia resta il nodo della leadership, dopo l'accordo trovato sul metodo. Ieri in un'intervista Silvio Berlusconi ha ribadito il principio che si applicherà, qualora il centrodestra dovesse vincere le elezioni. Il prossimo presidente del Consiglio “sarà una proposta che spetta a chi nella coalizione ha preso più voti, naturalmente in accordo con gli alleati. E poi sarà il capo dello Stato a prendere la decisione definitiva”, ha spiegato il Cavaliere che ha poi avuto parole di apprezzamento sia per Matteo Salvini che per Giorgia Meloni Della leader di FdI apprezza “la determinazione e il coraggio”, del leader del Carroccio “la capacità di parlare agli italiani e anche quella di saper ascoltare”. 

Il patto tra i leader è quello di evitare attacchi reciproci per non dare un vantaggio agli avversari. Ma il Cavaliere tenendo i toni bassi punta ad evitare pure che arrivi un fuoco preventivo contro la presidente di Fdi. Sarà comunque l'esito delle elezioni a determinare la distribuzione dei ruoli di governo. Secondo la linea di Fi, dipenderà anche dalle percentuali, qualora Fratelli d'Italia anche sopravanzando gli alleati dovesse attestarsi intorno il 20% potrebbe essere la stessa Meloni ad indicare un altro nome. Per Fdi non ci sono alternative, la candidata a Palazzo Chigi sarà la presidente del partito. “Si sta cercando di evitare che la Meloni abbia un plebiscito ma il patto sottoscritto è chiaro”, osserva un esponente di primo piano di Fdi. Anche nella Lega si rinvia ogni ragionamento: prima si vince e poi si ragiona della premiership. Il convincimento nel Carroccio è che sarà proprio il partito di via Bellerio ad avere più consensi. 



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