La Meloni parla da leader: noi siamo pronti, gli italiani decideranno

“Nelle prossime settimane succederà di tutto: sono in modalità monaco tibetano, ohmmm, non rispondo alle provocazioni, ormai non leggo nemmeno certi giornali e certi telegiornali. Noi siamo pronti, ora dovete dimostrare di essere pronti voi. Basta una croce sul simbolo. Poi questa partita non è già vinta: deciderete voi se questa Nazione sarà libera”. Giorgia Meloni parla da leader nel suo intervenendo sul palco dell'Aquila, un comizio misurato nelle parole ma ricco di attacchi agli avversari politici. Meloni esordisce ricordando la sua scelta di candidarsi in questo collegio uninominale: “C'è una ragione per cui sono qui per diventare il parlamentare di L'Aquila: perché è un territorio simbolo per noi, delle tanti lungaggini che non funzionano e che possono funzionare. È un simbolo del buongoverno di Fdi”. Parla di infrastrutture di cui c’è bisogno, del paradosso di una Regione che si trova al centro del Paese ma che è isolata. 

Parte dai temi locali per poi ribattere alle dichiarazioni dei suoi competitor, il leader del Pd, Enrico Letta e il Presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte: “Atteso che io nella vita ho altri problemi rispetto a farmi dare delle patenti di democrazia da Enrico Letta ho sentito in questa campagna elettorale una serie di dichiarazioni abbastanza surreali, come quella di vederci come pericolo per la democrazia”. Ma non gli è andato giù neanche il fatto che il leader del M5S abbia detto che senza il reddito di cittadinanza, che lei vuole cancellare, si rischia “la guerra civile”: “Non ci sarà nessuna rivoluzione sociale. Quando Fratelli d'Italia dovesse realizzare il suo progetto che è quello di dare e fare assistenza verso chi non può lavorare e di immaginare per chi è in condizioni di lavorare di avere un posto di lavoro, non ci sarà in Italia nessuna rivolta nessuna rivoluzione”. Quindi l'affondo sui rischi di rivolte sociali: “Per quello che vedo io, gli italiani scendono in piazza per partecipare ai nostri comizi e non ho visto quelli degli altri. Per cui possono fare tutto l'allarmismo che vogliono, perché non hanno altro da dire”. Netta è anche nei confronti del Pd: “La sinistra è nervosa perché teme di perdere il suo sistema di potere: ora basta. Serve meritocrazia. Perché la sinistra ha bisogno di dipingerci come mostri? Per me perché hanno un problema a dire cosa vogliono fare per l'Italia. Stanno al governo da 10 anni e gli italiani hanno visto come si comportano”

Berlusconi parla di Putin e delle sanzioni e rilancia l’asse con Salvini e Meloni 

Silvio Berlusconi è tornato nel salotto di Bruno Vespa; il leader azzurro manca dallo studio da molto tempo, anche se gli inviti da parte del conduttore di Porta a Porta in questi anni sono stati numerosi. La presentazione è infatti degna dell'ospitata: “È l'ottava campagna elettorale dal 1994, l'unico leader che è rimasto alla guida di un partito per 29 anni”, dice Vespa. Berlusconi, che in questa campagna elettorale sta puntando sui social e gli interventi televisivi, parte subito all'attacco, certo di poter avere un ruolo nel conflitto tra Ucraina e Russia: “Se c'è una persona che potrebbe operare al mio posto o con me quella è Angela Merkel. Con lei mi sentirei di tentare un convincimento”. Il Cav è “deluso” dall'amico Putin, tuttavia non ha dubbi sulla solidità della Russia anche a fronte delle conseguenze di negare il gas all'Unione Europea: “È assolutamente in grado” di andare avanti “perché sono molto aumentate le richieste di gas, petrolio e carbone da parte di Cina e India”. Il pericolo, quello che Berlusconi ha sempre cercato di evitare nei suoi governi, è che Mosca sposti il suo baricentro a Oriente: “Non vedo nessuna perdita per lui da qui in avanti. Le sanzioni hanno aumentato le povertà e hanno creato migliaia e migliaia di disoccupati. Questa situazione di contrasto con l'Ue ha portato Putin nelle braccia della Cina e io sono molto dispiaciuto di questo”. 

Politica estera a parte, Silvio Berlusconi è pronto ad affrontare la sfida delle elezioni del 25 settembre. Ancora convinto che FI prenderà il 20%? “Quella era una battuta per stimolare i miei azzurri a darsi massimamente da fare. Credo che i sondaggi diano per certa la vittoria del centrodestra ma non credo siano credibili per quel che riguarda i singoli partiti. Sono molto preoccupato per l'astensione ma nonostante questo il centrodestra vincerà e daremo il via a un Governo che opererà bene”. E sulla solidità dell'alleanza con Matteo Salvini e Giorgia Meloni Berlusconi non ha dubbi: “Ho un rapporto con loro come con i figli perché ho competenza e cultura non paragonabili con nessuno degli altri. I ministeri ce li spartiremo in maniera tranquilla in base non al numero per ogni partito ma alla qualità dei ministri”. 

È stallo al Senato sul decreto aiuti bis. Non c’è l’accordo fra i partiti

L'esame del decreto aiuti bis è slittato a martedì prossimo. Nonostante le riunioni di maggioranza e gli incontri allargati a tutte le forze politiche non si è raggiunto un accordo fra i partiti e il testo, senza una sintesi, rischia di approdare in Assemblea con oltre 400 emendamenti, senza che l'esecutivo possa mettere la fiducia. A opporsi alla richiesta di ritirare le proposte di modifica al decreto sono stati il Movimento 5 Stelle e il gruppo di Cal, mentre gli altri erano propensi a prendere in considerazione anche questa soluzione, se tutti avessero accettato. Nelle scorse ore, intanto, si è lavorato a presentare riformulazioni, che non sono state considerate convincenti, e a snellire il numero delle proposte di modifica, fino a ridurle a una trentina. Fra le posizioni distanti, in particolare per M5S e Lega, la norma sulla responsabilità in solido per la cessione del credito per superbonus e bonus edilizi; ancora aperto anche il tema degli insegnanti esperti della scuola. Il governo per parte sua non molla e con il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà fino a martedì lavorerà a una mediazione per giungere a una soluzione. 

Fra le ipotesi che circolano c’è quella di giungere in Aula con un solo emendamento per ciascun gruppo. Le polemiche comunque rimangono e non sembrano smorzarsi in serata. “Non è accettabile” ritirare “emendamenti prioritari”, ha spiegato la presidente dei senatori M5S Mariolina Castellone, il Movimento ha già dato la disponibilità a “limare” e “ridurre” gli emendamenti, partendo anche dai testi che sono già stati riformulati ma che il M5S non ritiene sufficienti. “Non è questione di fare campagna elettorale su questo tema, il Superbonus”, spiegano fonti M5S, “lo abbiamo inventato noi e il tema non può essere rimandato al governo successivo. Servono risposte al mercato edilizio”. La pensa all’opposto la presidente dei senatori Pd Simona Malpezzi: “Non si fa campagna elettorale sui bisogni dei cittadini. Quando si è capito che non si riusciva a trovare una quadra il Pd ha cercato la modalità per mettere in salvaguardia il decreto Aiuti bis. Ricordiamoci che contiene 17 miliardi che servono a famiglie e imprese. Il senso di responsabilità dovrebbe spingere tutti a convertirlo nel miglior modo possibile”. 

Per il presidente dei senatori di Iv Davide Faraone “L'ostruzionismo del M5S sul Dl aiuti è veramente scandaloso. Qualcuno si dovrà prendere la responsabilità di quello che accade oggi in Parlamento, senza poi andare a fare campagna elettorale ingannando gli italiani. Serve la massima coesione politica per mettere in sicurezza famiglie e imprese”. “Vale la pena ricordare agli esponenti del partito di Conte che se siamo in questa situazione di stallo rispetto al problema Superbonus la responsabilità è loro, che insieme a Salvini Berlusconi hanno fatto cadere un Governo il cui presidente del Consiglio stava per convocare un tavolo utile proprio a risolvere la questione dei crediti incagliati delle aziende, per le quali Impegno Civico continuerà a lavorare fino all'ultimo giorno della legislatura senza strumentalizzazioni", ha sottolineato il senatore Vincenzo Presutto, vicepresidente vicario di Impegno Civico.

L’Ue osserva la campagna elettorale italiana: voto da rispettare

L'Ue guarda alla campagna elettorale italiana ostentando neutralità e, soprattutto, evitando di mostrarsi preoccupata per l'eventuale vittoria del centrodestra trainato da Giorgia Meloni, ma timori, soprattutto sul piano economico, potrebbero essere giustificati dal fatto che il nuovo Governo italiano avrà come prima sfida una legge di bilancio da varare in un contesto di crisi energetica e di possibile recessione dell'eurozona. Alla vigilia dell'Eurogruppo che si terrà a Praga, Bruxelles vuole evitare qualsiasi speculazione: “Le elezioni in un Paese membro vanno rispettate, sarebbe molto inappropriato per l'Ue prendere posizione”, ha spiegato un alto funzionario europeo. Nella capitale ceca è atteso il ministro dell'Economia Daniele Franco per l'ultimo Ecofin del governo Draghi prima del voto; a Praga si parlerà della crisi energetica ma anche della riforma del patto di stabilità sulla quale l'Italia da un lato è in prima fila ma dall'altro resta un osservato speciale a causa dell'elevato debito pubblico. 

Non a caso, in questi giorni, il coordinatore nazionale di Fi ed europarlamentare del Ppe Antonio Tajani non ha mancato di dire che le proposte annunciate dal centrodestra hanno una copertura economica e che i conti dell'Italia, in caso di vittoria di Fdi, Lega e Fi, non saranno stravolti. Proprio Tajani, parlando con i cronisti all'Europarlamento, è tornato a ribadire la “garanzia europeista” fornita da Fi sottolineando come sbagli “chi si augura che cada il Governo scelto dal popolo italiano”. A Bruxelles non è sfuggito il dibattito che, in Italia, imperversa sui pericoli d’instabilità legati a un eventuale vittoria del centrodestra, ma per i funzionari europei questo è il momento del silenzio. “Qualsiasi cosa dica potrebbe essere usata contro di me”, ironizzava nei giorni scorsi il vice presidente della Commissione Margaritis Schinas a chi gli chiedeva un commento sul blocco navale proposto dalla Meloni. Su questo ed altri temi a Bruxelles non si sbilanciano prima che i giochi si siano conclusi. Tenendo fermo un punto: dai Trattati e dagli accordi presi in Ue non ci si può sfilare. Così, per esempio, uno dei primi nodi per un eventuale governo di centrodestra rischia di essere il Mes, al quale Fdi ma soprattutto la Lega non si sono mai detti favorevoli.



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