Il via libera definitivo della Camera al disegno di legge “La Buona scuola” fa ben sperare la maggioranza di governo, anche se sono stati 39 i deputati Pd, tra cui Bersani e Cuperlo, che non hanno partecipato al voto finale. Hanno dato il proprio parere positivo anche quattro deputati fedelissimi di Denis Verdini, ex coordinatore nazionale del Pdl sempre più insofferente nei confronti del nuovo corso di Forza Italia. Questi voti potrebbero essere un chiaro segnale alla maggioranza del Partito democratico e a Palazzo Chigi. I verdiniani potrebbero garantire il “soccorso azzurro” durante l'esame della proposta di legge per la modifica della seconda parte e del Titolo V della Costituzione. Ma ci sono anche altre ipotesi in merito ai nuovi possibili scenari. Il “Sì” del Movimento 5 stelle in Commissione Lavori Pubblici del Senato alla riforma della Rai, e il dialogo anche sulla riforma della Pa alla Camera, apre al coinvolgimento dei pentastellati nell'approvazione del ddl Renzi-Boschi con l'ipotesi del Senato elettivo. Martedì prossimo inizierà la discussione generale in Commissione Affari costituzionali del Senato sulle riforme, fase che impegnerà i senatori per tre settimane: il termine per gli emendamenti scade infatti il 31 agosto. È in queste sedute che vengono ufficializzate le posizioni espresse sinora in dichiarazioni politiche. A fronte dei venticinque senatori della minoranza del Pd che il 2 luglio hanno chiesto di rispolverare il Senato elettivo, martedì scorso ha aperto al dialogo anche il capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani, proprio sul senato elettivo, facendo capire di accettare anche il compromesso proposto da Gaetano Quagliariello: l'elettività sarebbe sancita non nel testo del ddl costituzionale - troppo complicato ritoccarlo su questo punto – bensì nella legge ordinaria con il sistema elettorale per i Consigli regionali. Il dialogo con FI renderebbe irrilevante la minaccia dei venticinque della minoranza Dem. Ma la carta in più a cui si lavora è il possibile dialogo con M5S. Alcuni contatti informali hanno registrato un interesse dei senatori pentastellati a un Senato elettivo. A questo punto non solo il governo e la maggioranza può giocare la carta di quella che una volta era definita politica dei due forni, ma addirittura - ed è la speranza in casa Dem - può mirare ad una approvazione della riforma con una maggioranza più ambia di quella di governo. Tutti i partiti delle opposizioni per non rimaner tagliati fuori dal confronto potrebbero essere indotti a far parte del patto costituente. Ha alluso a questo la presidente della Commissione Anna Finocchiaro quando ha detto: “Mi permetto di sottolineare il principio del primato della politica, anche se è d'antan, perché se c'è un consenso ampio, allora si approvano le riforme anche in due settimane”. Ovviamente, la strada del dialogo con le opposizioni si annuncia tortuosa ed accidentata. Sembra davvero molto difficile che i senatori vicini a Beppe Grillo possano avallare anche una sola virgola proposta da Renzi e Boschi. La collaborazione del M5S potrebbe risolversi nella richiesta di approvazione di emendamenti proposti dai pentastellati. Così come accaduto altre volte negli ultimi mesi di vita parlamentare. I veri problemi potrebbero nascere all'interno del Pd. L'ex sindaco di Firenze, però, non sembra granché intenzionato a fare concessioni. “Il congresso è nel settembre 2017” e il governo va avanti fino al 2018, ribadisce nella riunione mattutina della segreteria convocata ieri, lasciando intendere che quella sarà la sede in cui si misureranno i rapporti di forza. Fino ad allora, il Pd resta concentrato “nel più grande sforzo di riforme strutturali della storia repubblicana”. Che nell'immediato si traduce in un'accelerazione alla riforma della Pubblica amministrazione per il via libera finale, anche al Senato, prima della pausa estiva e poi “un focus su fisco e riforme istituzionali” alla ripresa dopo le vacanze. Sul superamento del bicameralismo Renzi ha deciso di non forzare la mano prima di settembre alla luce di numeri troppo ballerini. E, a quanto si apprende da fonti parlamentari, un consiglio a procedere con cautela, al di là dei numeri, sarebbe arrivato anche dal Quirinale.

Domani l'Eurogruppo sarà chiamato a valutare il pacchetto di proposte avanzato dal governo greco nella tarda serata di ieri. Alex Tsipras ha intenzione di dare il via a un piano di risparmi e riduzione della spesa per 12 miliardi. La road map di Atene prevede per ora l'abolizione delle baby pensioni, con sanzioni per scoraggiarle. C'è poi l'aumento dell'Iva su ristoranti, alberghi e alimentari. Sul fronte del fisco, sale la tassazione dei profitti delle società dal 26% al 28%, viene introdotto un contributo di solidarietà e resta l'odiata tassa sugli immobili. L'ala sinistra di Syriza non sembra intenzionata a sostenere i progetti dell'esecutivo. Il governo ha finito per fare di più rispetto a quanto richiesto dalla Commissione europea. Da segnalare che alle 11 è prevista la convocazione del Consiglio dei ministri. All'ordine del giorno l'esame di leggi regionali e un'informativa del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padaon, sulla governance di Cassa Depositi e prestiti.



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