La commissione Bilancio del Senato continuerà l'esame della legge di stabilità. Nella tarda serata di ieri il governo ha presentato un primo pacchetto di emendamenti che non affrontano ancora i veri nodi da sciogliere. Gli emendamenti segnalati dai gruppi sono stati circa 500, su un totale superiore ai 3.800; la Commissione inizierà quindi un vero e proprio tour de force per arrivare al voto finale entro martedì prossimo, giorno in cui la manovra dovrebbe approdare in assemblea. Intanto, sembra sfumare definitivamente l'ipotesi di una rapida istituzione della local tax. Quasi sicuramente non sarà nella legge di stabilità e sembra sfumare anche l'ipotesi di un decreto ad hoc in tempi brevi. Indiscrezioni di stampa al riguardo, secondo cui di local tax vera e propria non si potrà parlare prima del 2016, sono state raccolte dall'Anci. Se infatti il governo non interverrà in qualsiasi modo sull'attuale sistema, a legislazione vigente le aliquote Tasi balzeranno l'anno prossimo al 6 per mille. La legge che ha istituito il tributo sui servizi indivisibili sulla prima casa, ricorda la Cgia di Mestre, è infatti molto chiara: “Per il primo anno di applicazione, cioè il 2014, l'aliquota base è prevista all'1 per mille, mentre quella massima può arrivare fino al 2,5 per mille per salire ulteriormente fino al 3,3 per mille nel caso in cui il Comune introduca delle detrazioni a favore delle famiglie meno abbienti; tuttavia, a partire dal 2015, la legge prevede che l'aliquota possa salire appunto fino al 6 per mille”. L'anno scorso, proprio nella discussione sulla legge di stabilità 2014, il tetto era stato posto garantendo ai Comuni un trasferimento dallo Stato centrale di 625 milioni per coprire il mancato di gettito nelle casse degli enti locali. E per questo ora l'Anci torna a battere cassa. Se si vuole evitare un aggravio per i cittadini e una situazione finanziaria “assolutamente insostenibile” per i Comuni, sottolinea il presidente dell'associazione Piero Fassino, vanno garantite le stesse risorse percepite quest'anno. Le amministrazioni chiedono quindi di tornare al tavolo, dopo le modifiche appena introdotte alla legge di stabilità. Anche se c'è chi nel governo fa notare che il federalismo fiscale attribuisce al Comune la responsabilità sulle tasse di propria competenza, come è appunto quella sulla casa, le richieste dell'Anci trovano comunque terreno fertile. Se i Comuni optassero per l'aumento dell'aliquota, il governo si troverebbe di fronte a decisioni in totale controtendenza rispetto agli sforzi generali per una riduzione delle tasse sui lavoratori, sarebbero quindi vanificati gli “80 euro” e la riduzione dell'Irap sulla componente lavoro. Rischia inoltre di complicarsi irrimediabilmente il confronto con la Commissione di Bruxelles. “L'Italia non ha certo di che lamentarsi per il trattamento ricevuto dalla Commissione europea, che avrebbe potuto avviare una procedura per debito eccessivo a carico di Roma, ma non l'ha fatto di fronte all'impegno, scritto, del governo Renzi per le riforme”, questo l'ammonimento arrivato direttamente da Jean-Claude Juncker, numero uno dell'esecutivo comunitario. Tutto ruota attorno alla riduzione del deficit strutturale italiano per il 2015, che era fissata allo 0,5 per cento del Pil e che Roma ha ottenuto venisse scontata allo 0,3 per cento. Fermo restando, inoltre, il limite del 3 per cento di deficit, il governo prevede un obiettivo di disavanzo del 2,6 per cento mentre nell'aggiornamento del programma di stabilità del 2014 aveva fissato un 1,8 per cento. Nuovi richiami sono arrivati anche dalla Banca centrale europea, che è tornata a chiedere misure che rispettino il Piano di stabilità e crescita. Un puzzle complicato che aggrava il cammino di una manovra di finanza pubblica già fortemente contestata. In primis da Cgil e Uil, che oggi scendono nelle piazze di oltre cinquanta città italiane per lo sciopero generale.

Nel Consiglio dei ministri di questa sera sarà la varata la stretta sulla corruzione e i reati contro la pubblica amministrazione. Palazzo Chigi è chiamato a licenziare un pacchetto che è innanzitutto una risposta politica a quella che è ormai un'emergenza, dopo l'inchiesta di “Mafia Capitale”. Dovrebbe essere introdotto un aumento delle pene mentre sembra sfumare l'istituzione dell'agente provocatore, figura che oggi viene impiegata nel contrasto allo spaccio di stupefacenti. Norme più facili anche per arrivare alla “confisca per equivalente” dei beni sequestrati ai corrotti. La modifica della disciplina della prescrizione potrebbe invece slittare ad un altro provvedimento.



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social