Nell'aula di Montecitorio inizia la discussione del dl sul taglio dell'Irpef per i dipendenti e la riduzione dell'Irpef. Il provvedimento dovrebbe essere approvato la settimana prossima tra le polemiche delle opposizioni; diversi deputati hanno infatti lamentato di non aver potuto modificare il testo votato in prima lettura dal Senato. Gli esponenti del Movimento 5 stelle hanno indirizzato una dura lettera a Laura Boldrini, presidente della Camera: “Renzi ha costruito il proprio consenso elettorale su un testo pieno di buchi e ingiustizie, con coperture ballerine o inesistenti. Uno spot pubblicitario che ora il Parlamento non può vagliare con la dovuta attenzione. Tra l'altro, è desolante non poter discutere nel merito di un complesso di misure che contempla la possibilità di sforare il patto di bilancio concedendo fino a 40 miliardi di nuovo debito”. Sul punto è intervenuto anche il presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia: “La portata redistributiva del decreto Irpef, che ha garantito 80 euro in busta paga a milioni di italiani, non poteva essere messa a rischio da tempi stretti che purtroppo hanno caratterizzato il confronto nelle commissioni, causato dal ritardo con cui il Senato ha trasmesso il provvedimento”. “Gli 80 euro arrivati il 27 maggio devono essere garantiti anche il 27 giugno e per i mesi successivi – ha continuato Boccia. Le critiche costruttive avanzate dalle opposizioni sono state accolte dal governo come invito a rafforzare i prossimi provvedimenti. In particolare, dalla stragrande maggioranza delle commissioni Bilancio e Finanze è arrivato l'invito a prendere in considerazione i rilievi del servizio Bilancio della Camera, finalizzati a correggere la platea degli aventi diritto quando il provvedimento diventerà strutturale”.

Il Consiglio dei Ministri dovrebbe varare un decreto-legge per potenziare i poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione e rivedere una parte della normativa in materia di appalti pubblici. Arriverà a Palazzo Chigi anche il disegno di legge delega per avviare la riforma della pubblica amministrazione; una parte delle norme sui dipendenti pubblici sarà comunque inserita in un decreto-legge. L'Authority presieduta dal magistrato Raffaele Cantone passerà sotto l'ombrello dell'esecutivo: parte delle sue funzioni saranno trasferite al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, e saranno chiarite le diverse finalità dei due organismi per evitare sovrapposizioni. Secondo le bozze circolate nelle ultime ore, l'Anac potrà ordinare ispezioni presso pubbliche amministrazioni, avere poteri di rimozione di responsabili di procedimenti amministrativi e una volta all'anno dovrà presentare una relazione alle Camere sulla lotta alla corruzione.

Il ddl delega sulla pubblica amministrazione si chiama “Repubblica semplice”. Secondo gli intendimenti del governo dovrebbe essere in grado di portare ad una vera e propria rivoluzione nel pubblico impiego e di limitare gli effetti negativi della burocrazia. Si prevede che i dipendenti pubblici possano essere spostati senza assenso in un posto di lavoro diverso. In fase di definizione la distanza precisa (nella bozza circolata si indicava un limite di 100 chilometri). Non sarà possibile restare a lavorare nella Pa dopo l'età di pensionamento. La bozza elimina infatti l'istituto del trattenimento in servizio. Arriva infine il dimezzamento dei permessi e dei distacchi per lavoratori e dirigenti sindacali, norma che non sarà accolta con piacere dalle organizzazioni che tutelano i diritti dei lavoratori. Il ddl presentato dal ministro della Funzione pubblica, Maria Anna Madia, prevede anche l'incorporazione negli altri corpi militari dello Stato della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato.

In attesa della direzione nazionale del Partito democratico in cui verrà nominata – direttamente da Matteo Renzi – la nuova segreteria, continuerà a salire il livello della tensione tra la maggioranza del partito e le correnti di minoranza. La materia del contendere è sempre legata al ddl di riforma costituzionale in discussione al Senato. La sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti in Commissione Affari costituzionali, ha scatenato un dibattito dai toni molto aspri. Quattordici senatori hanno confermato la propria autosospensione del gruppo in segno di protesta con la “deriva autoritaria” di Matteo Renzi e dei suoi più stretti collaboratori. L'ex sindaco di Firenze, di ritorno da un viaggio in Cina, non avrebbe nascosto la sua ira per la decisione assunta dalla sinistra del partito; il segretario ha ricordato che l'elettorato pretende le riforme: “Abbiamo preso il 40 per cento dei consensi, non posso lasciare il Paese nella mani di Corradino Mineo”.



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