Il M5S festeggia il taglio ai vitalizi, ma rimane incognita Senato e Consulta
Il Movimento 5 Stelle festeggia il taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari della Camera. Davanti a palazzo Montecitorio Luigi Di Maio stappa champagne e libera palloncini colorati, nel suo ufficio il presidente Roberto Fico rivendica la “fine di una grande ingiustizia” e Riccardo Fraccaro parla di “atto rivoluzionario”. In tutto, precisa il Presidente della Camera Roberto Fico, si parla di 40 milioni all’anno di risparmi, che salgono a oltre 200 milioni nell'intera legislatura. Il taglio è stato votato anche con il sì di Lega, Fratelli d’Italia e Partito Democratico e l'astensione di Forza Italia, mentre Liberi e Uguali non ha partecipato al voto.
Ma sulla misura pesano diverse incognite, perché problemi potrebbero arrivare dal Senato se non dovesse adottare un provvedimento simile. La presidente Elisabetta Casellati aveva già lo scorso mese avanzato pubblicamente le sue riserve, e comunque il vero timore è che il provvedimento possa non superare il vaglio della Corte Costituzionale, in seguito ai ricorsi che presenteranno gli ex parlamentari colpiti.: la possibilità ovviamente esporrebbe la Corte a una durissima battaglia istituzionale.
E’ lo scenario che evoca anche il Pd, con Ettore Rosato: “Lo strumento non è dei migliori, è molto molto debole. La Corte costituzionale probabilmente sanzionerà, e credo ci sia un retro pensiero da parte di chi ha voluto questa delibera: quando la Corte sanzionerà si stracceranno le vesti per anni...”. Questo è in realtà anche il timore di Fi e di Fdi, pure favorevoli alla misura, di fare da sponda a un’infinita campagna M5S sui vitalizi che potrebbe persino durare per anni se la Consulta dovesse poi bocciare la delibera Fico. rischio che, peraltro, secondo molti aumenta se il Senato non adottasse le stesse norme di Montecitorio.
Roberto Fico si dice tranquillo, sia per le mosse del Senato, sia per il vaglio della Consulta: “Sono certo che il Senato andrà avanti, farà le sue valutazioni e arriverà a una soluzione senza dubbio simile”. Per quanto riguarda l'eventuale intervento della Corte Costituzionale, possibile a seguito dei ricorsi in tribunale degli ex parlamentari, il presidente della Camera dice: “Non sono preoccupato, so che la delibera che ho scritto è forte, sostanziale, sostanziosa, che ripara a delle ingiustizie”. Matteo Salvini ovviamente sostiene la misura, cercando di non lasciare tutto il merito a M5s: “Stop a vecchi e assurdi privilegi. Con la Lega, dalle parole ai fatti”.
Ue taglia la crescita italiana
Come ormai ampiamente atteso l'economia europea rallenta e così quella italiana, confermandosi ultima in classifica anche nelle nuove previsioni della Commissione Ue. Ma sull'Italia, oltre a rischi globali come le tensioni commerciali con gli Usa, pesano anche quelli domestici cioè la “riaccesa incertezza” sulle politiche del nuovo Governo. Bruxelles, insomma, comincia a esplicitare i suoi timori ma allo stesso tempo lancia un'ancora a Roma: il Commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha assicurato: “Incontrerò il ministro Giovanni Tria a margine dell'Ecofin e continueremo il nostro dialogo per trovare soluzioni comuni”. E di fronte alle intenzioni esplicitate dal Ministro dell’economia Tria al vicepresidente Dombrovskis di congelare l'aggiustamento dei conti per il 2019, per non compromettere la crescita, risponde scettico: “L'aggiustamento è indipendente dalla crescita”. La battaglia con Bruxelles sui conti pubblici è quindi ufficialmente aperta. Il premier Giuseppe Conte esclude una manovra bis ma ribadisce che il Governo vuole tenere in ordine le finanze, perché “non siamo una banda di scapestrati”.
Tria, garante con l'Europa di questo concetto, ha però spiegato a Dombrovskis che il Governo non farà nessun aggiustamento strutturale importante, perché rallenterebbe l'economia già in frenata. La mossa ha portato il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno a ricordare come lo stesso Tria, nella riunione di giugno, aveva assicurato il rispetto degli impegni con l'Ue.
Bruxelles ha tagliato da 1,5% a 1,3% il Pil 2018 e da 1,2% a 1,1% quello del 2019, spiegando che “i rischi al ribasso sulle prospettive di crescita sono diventati più prominenti di fronte a una riaccesa incertezza di politiche a livello globale e domestico”. Il “riemergere di timori o incertezze sulle politiche economiche” e le possibili conseguenze dello spread sui costi di finanziamento delle imprese, “possono peggiorare le condizioni del credito e zittire la domanda interna”, finora principale traino della ripresa. Rischi elevati, insomma, che si aggiungono a un quadro già difficile perché, ricorda Moscovici, il rallentamento della crescita italiana è dovuto a “problemi strutturali di ieri, e non di oggi”.
Tria assicura che con l'Ue non c’è alcun dissenso e che il dialogo è avviato. Si tratterà quindi di vedere come farà la Commissione a concedere nuova flessibilità, visto che le clausole sono state tutte esaurite dal precedente Governo. E il richiamo che arriva oggi dalla Corte dei Conti Ue non aiuta la trattativa: i margini concessi erano “eccessivi” e l'hanno allontanata dagli obiettivi di risanamento. Per La Corte dei Conti servirebbero “norme più rigide per i Paesi fortemente indebitati” perché tutte le concessioni non hanno fatto calare il debito.
Nel PD è stallo sui componenti della nuova segreteria
È giallo sulla nuova segreteria del Partito Democratico. Il giorno fatidico per l'inizio delle danze doveva essere martedì, poi mercoledì e si è arrivati a giovedì. Ora la linea di confine si è spostata a sabato e il momento clou slitta. Il segretario, intercettato alla Camera, assicura di essere a buon punto, ma a gelare le buone intenzioni di Maurizio Martina ci pensa l'area dell'ex Guardasigilli Andrea Orlando: “Valutiamo l'ingresso in segreteria se non c'è un accerchiamento”.
È questa la posizione dell'area Pd vicina all'ex ministro della Giustizia in merito alla formazione della nuova segreteria perfezionata in queste ore. Gli orlandiani si aspettano dal segretario un segnale di discontinuità rispetto alla gestione di Matteo Renzi. In particolare l'attenzione è puntata su chi entrerà in segreteria e con quali ruoli; per esempio Teresa Bellanova nel ruolo di vice segretario, su cui sembrava esserci l'intesa, non è detto piaccia a tutti.
Per ora si sa che l'intenzione è quella di rappresentare tutte le aree del Pd. È probabile però che i big delle diverse correnti non vogliano impegnarsi in prima persona per tenersi più liberi. Finora nella girandola dei totonomi sono finiti Marina Sereni per l'area di Dario Franceschini e Gianni Cuperlo i cui contatti con Andrea Orlando sono stati fitti.
Intanto Maurizio Martina è impegnato ad Ancona dove, a domanda specifica sulla possibile apertura al M5S, replica così: “Noi lavoriamo per passare dall'opposizione all'alternativa sempre in modo costruttivo e aperto”. Ed è sul rapporto con i Cinque Stelle che Matteo Renzi scommette si giocherà il prossimo Congresso: a scanso di equivoci, Orlando chiarisce di non aver mai detto di votare il decreto Dignità a firma Luigi di Maio.