Autonomia: chiusa fase tecnica, si passa all’accordo politico

Sarà esaminato la prossima settimana, in un vertice politico tra Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, il nodo autonomie. E' quanto è stato deciso nel corso della riunione del Consiglio in cui il Ministro per gli Affari regionali Erika Stefani ha presentato la sua relazione sulle bozze d’intese con Lombardia, Veneto ed Emilia-romagna. Il Cdm ha preso atto dell'accordo tecnico raggiunto sull'impianto delle intese con il ministero dell'Economia, che sostanzialmente prevede il trasferimento dallo Stato alle Regioni delle risorse necessarie per sostenere i costi delle competenze che esse acquisiscono secondo un calcolo in base al costo storico (cioè quanto ha speso lo Stato per svolgere quelle competenze) e non secondo i cosiddetti fabbisogni standard.

Il testo che recepisce l'intesa giungerà non modificabile alle Camere, ma il Ministro Stefani ha assicurato anche in Consiglio che il Parlamento verrà comunque coinvolto prima della sigla delle tre intese: e non mancheranno le tensioni, visto che i gruppi di Camera e Senato del M5S hanno preparato un dossier sul tema dell'Autonomia molto critico, in cui si sottolinea il rischio che si creino cittadini di serie A e di serie B se prima delle intese non si definiscono i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da assicurare a tutte le Regioni.

Su queste preoccupazioni è intervenuto lo stesso Matteo Salvini, che al termine del Cdm ha dichiarato: “L'autonomia entra nelle case di tutti e chi governa meglio spenderà meno. Non ci sarà nessun cittadino italiano che ci perde una lira. Chi gestisce meglio, evidentemente risparmia e potrà utilizzare quei risparmi”; “Sono contento di questi mesi di lavoro, è un passaggio storico: non c’è mai stato nella storia della Repubblica italiana un passaggio così importante. Non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Non vi saranno penalizzazioni a carico di nessuna Regione proprio per il sistema con cui è stata costruita l'istruttoria”.

L’analisi costi benefici sulla Tav non convince Salvini

Non è bastata l'analisi costi-benefici a ricomporre lo scontro fra i due alleati giallo-verdi sulla Tav, al contrario, le valutazioni dei tecnici che hanno bocciato la Torino-Lione hanno portato nuovi elementi di divisione: dei risultati non è convinto Matteo Salvini, che insiste dunque nel sostenere la linea della Lega a favore dell'alta velocità mentre il M5S resta sul fronte opposto. Così il Governo ha rinviato nuovamente, nonostante i richiami dell’UE e le pressioni francesi, alle prossime settimane una scelta che è innanzitutto politica come ha spiegato il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Egli ha ribadito in diverse occasioni la piena disponibilità del M5S ad avviare un dibattito senza pregiudizi e ha nuovamente minimizzato la posizione del tecnico dissidente Pierluigi Coppola, che ha criticato l'esito del documento messo a punto dai Commissari del Governo: “Non faceva parte del team di lavoro di Ponti ed è solo un piccolo contributo di un ingegnere che dice la sua”.

Dubbi però sull'esito dell'analisi costi-benefici, di cui gli esperti rivendicano la neutralità, li ha espressi anche Paolo Foietta, nel suo ultimo giorno da Commissario della Torino-Lione. Si tratta di un “documento omertoso”, ha osservato puntando il dito anche contro il ministro Toninelli: secondo i conti di Foietta, qualora l'Italia decidesse di fermare la Tav i costi da pagare potrebbero arrivare a “4 miliardi”.

Intanto in Parlamento, a riprova della necessità di prendere tempo, viene rinviato ancora una volta l'esame delle mozioni sulla Tav. A chiedere un'accelerazione è stata Forza Italia, da sempre favorevole all'opera, nel tentativo di dividere la maggioranza ma Lega e M5S hanno fatto muro e scelto di proseguire con l'ordine dei lavori prestabilito. Lo studio della Commissione guidata da Ponti “è farlocco”, ha attaccato ancora il vicepresidente degli azzurri Antonio Tajani; quelle dei M5S sono “tutte fesserie”, ha dichiarato Silvio Berlusconi ricordando come un eventuale dietrofront debba passare per l'abrogazione di una legge. Contro un qualsiasi stop anche il Partito Democratico: oggi Maurizio Martina, candidato alle primarie, sarà in Val di Susa per visitare i cantieri.

Via libera del Governo: il Mef entra in Alitalia. Fs sceglie Delta ed EasyJet

Dopo oltre 10 anni sotto la guida dei privati, Alitalia torna pubblica e scommette la propria rinascita sulla sinergia tra treno e aereo e sull'alleanza tra vettore tradizionale e low-cost. Il progetto del Governo giallo-verde per l'ex compagnia di bandiera, con Fs in trattative ufficiali con Delta e EasyJet e un ruolo pubblico che attraverso Fs e il Mefs supererà il 50%, è un po' un ritorno al passato e una sfida tutta da inventare. L'ultimo anno dell'Alitalia pubblica è il 2008, ovvero prima all'arrivo dei cosiddetti capitani coraggiosi chiamati dall'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi per stoppare Air France-Klm. La vecchia Alitalia-Lai lascia nel 2009 il posto ad Alitalia-Cai che, rilevata per 300 milioni, nel 2013 comincia a perdere quota e, nonostante l'aumento di capitale e l'intervento pubblico attraverso Poste, è costretta all'atterraggio.

Il nuovo decollo nel gennaio 2015 è possibile grazie all'investimento da 1,7 miliardi della compagnia emiratina Etihad, ma anche questa volta i privati fanno flop e nel 2017 arriva l'amministrazione straordinaria. In questi circa 10 anni il personale si è ridotto da 19.300 a circa 11 mila dipendenti e la flotta è passata da 181 a 118 velivoli. Negli ultimi 40 anni Alitalia è costata allo Stato otto miliardi di euro, di cui 4,7 solo dal 2007. La prossima Alitalia, quella che dovrebbe nascere dall'alleanza Fs-Delta-EasyJet, è destinata a ridimensionarsi ancora, anche se il ministro Luigi Di Maio ha assicurato che proprio la presenza di Fs e Tesoro è garanzia per la salvaguardia dell'occupazione: il progetto di Delta prevedrebbe infatti 9-10 mila lavoratori e 110 aerei.

Ma oltre ai numeri su flotta ed esuberi, nel prossimo mese e mezzo (entro il 31 marzo è atteso il piano industriale): Fs, Delta ed EasyJet, che dovrebbero entrare nella newco entrambe con un 20%, dovranno definire come sarà la compagine azionaria e soprattutto trovare un equilibrio tra le rispettive strategie industriali, riuscendo senza troppe difficoltà a dividersi la torta delle rotte, con la compagnia americana interessata soprattutto al lungo raggio e la lowcost inglese focalizzata invece sul medio e breve. La quota di Ferrovie dello Stato potrebbe oscillare tra il 20 e il 30%  ma con oltre il 15% del Mef la partecipazione pubblica potrebbe superare il 50%; previsto anche l'ingresso di altre società pubbliche, mentre Cdp potrebbe finanziare il leasing degli aerei. Quest’operazione punta all'intermodalità con l'obiettivo del biglietto unico treno-aereo.

Su tutta questa partita resta acceso il faro dell'Unione Europea, che ha già un'indagine in corso sul prestito ponte da 900 milioni concesso nel maggio 2017 e da restituire entro il 30 giugno. Nei giorni scorsi la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager ha detto che se altre società decideranno di fondersi con Alitalia l'indagine potrebbe sdoppiarsi. Anche l'ingresso dello Stato nel capitale è soggetto a paletti Ue: gli interventi pubblici devono essere a condizioni di mercato.



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social