Nuova tensione nel Governo: a rischio il programma F35
Dalla Via della Seta agli F35 fino al World Congress of families di Verona: il ring dei duelli tra M5S e Lega si allarga sulla scia delle Regionali in Basilicata e con l'avvicinarsi della grande campagna per le Europee. Così, dal Memorandum per la Belt and Road Initiative di ieri si passa a quel programma per gli F35 che Matteo Salvini sostiene con nettezza ma che Luigi Di Maio, da tempo, guarda con prudenza. E, come per la Via della Seta e per lo sblocca cantieri, il cui provvedimento dovrebbe slittare almeno alla settimana prossima, tocca ancora al premier Giuseppe Conte intervenire, prendendo in mano un dossier cruciale anche per i rapporti tra Italia e Usa. Sugli F35 c’è un pregresso, i 389 milioni di euro che l'Italia deve a Lockeed per le commesse già completate, ma lo scontro tra Di Maio e Salvini va oltre e investe l'intero programma al quale l'Italia ha aderito nel 1998.
“Nessun passo indietro sugli F35. Sarebbe un danno per l'economia italiana ogni ipotesi di rallentamento e ravvedimento. Se non lo facciamo noi lo fanno francesi e tedeschi” è la stoccata che, in mattinata, lancia Salvini. E, non a caso, poco dopo arriva notizia di un faccia a faccia a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e il ministro Elisabetta Trenta. “Ci sarà una ricognizione delle specifiche esigenze difensive dell'Italia, in modo da assicurare che le prossime commesse siano effettivamente commisurate alle nostre strategie”, spiegano da Palazzo Chigi, mantenendo ferma la collocazione euro-atlantica dell'Italia e affidando il coordinamento di tale verifica proprio alla Trenta; intanto, a giorni, sottolineano dalla presidenza del Consiglio, saranno concretamente effettuati i pagamenti dovuti. Dall'asse Conte- Trenta, insomma, arriva una frenata al programma F35.
Scontro tra M5S e Lega sulla kermesse del Movimento Globale pro-Family
Lo scontro tra M5S e Lega con il passare delle ore cambia campo e si trasferisce a Verona che a fine marzo ospiterà il Movimento globale pro-family. Da giorni il M5S attacca la kermesse mentre Salvini ha più volte assicurato la sua presenza. Sul patrocinio di Palazzo Chigi alla manifestazione, nel frattempo, si rischia il corto circuito: in serata trapela la notizia che gli uffici del Segretariato generale di Palazzo Chigi hanno chiesto un supplemento di verifica al Dipartimento dell'editoria e a quello per la famiglia sulla concessione di logo e patrocinio: mancherebbe, infatti, una delle condizioni, il fine non lucrativo della kermesse. Il patrocinio, si sottolinea, è stato dato autonomamente dagli uffici del Ministro Fontana mentre il logo è quello di Palazzo Chigi.
Salvini chiede l’esclusione del 5G dall’accordo con la Cina
Resta da vedere se, nei prossimi giorni, lo scontro tra alleati si attenuerà almeno sulla Via della Seta: tuttavia, almeno a parole il pranzo di ieri al Quirinale lo ha solo lievemente attenuato. “Il Memorandum non è un testo sacro”, insiste Matteo Salvini chiedendo l'esclusione del capitolo Tlc e della parola interoperabilità dagli accordi italo-cinesi. I 50 accordi cui il Memorandum fa da cornice dovrebbero essere siglati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal presidente Xi Jinping a Villa Madama sabato 23 marzo. Xi arriverà a Roma già il 21 sera e il giorno dopo è in agenda l'incontro con il presidente Sergio Mattarella. Intanto, martedì prossimo Conte riferirà in Parlamento sul Memorandum nell’ambito delle comunicazioni sul Consiglio europeo della prossima settimana, che avrà Brexit come tema centrale.
La vera sostanza dell’accordo, però, sta nelle numerose intese minori, che sarebbero una cinquantina, una ventina delle quali coinvolgono aziende di rilievo pubblico come Cdp, Snam, Italgas, Sace, Enel, Terna, Financantieri, Eni, Daniel e grosse banche come Unicredit e Intesa Sanpaolo. Particolarmente delicato, poi, è il capitolo relativo ai porti di Genova e Trieste, punti terminali delle rotte marine della Via della Seta. Se l'accordo principale sarà firmato da Conte e Xi, le altre intese verranno siglate nei diversi ministeri competenti. Nei dettagli di questi singoli accordi ci sono problemi che rendono scettica una parte del Carroccio e spingono il vicepremier leghista a tirare il freno. Proprio per questo, rispetto ai piani originari, sarebbero stati messi in pausa i protocolli operativi che coinvolgono le tecnologie 5G, così come le Ferrovie.
Salvini presenta ddl sul made in Italy e anticipa M5S
Giù le mani dalle aziende italiane e dai marchi storici che, inseriti in un albo ad hoc, devono continuare a essere prodotti in Italia. Quindi, basta delocalizzazioni selvagge: come più volte evocato dalla Lega, il provvedimento diventa la nuova battaglia di Matteo Salvini. È lui a presentare alla stampa il disegno di legge della Lega sulla tutela del made in Italy: la proposta, che ha come primo firmatario il capogruppo leghista Riccardo Molinari, è figlia del caso Pernigotti e sconfina nel campo dell'altro vicepremier e alleato di governo Luigi Di Maio, anzi lo anticipa perché a novembre era stato il Ministro dello Sviluppo economico ad annunciare una proposta di legge per legare i marchi nazionali al territorio.
Ieri mattina, nella sala stampa della Camera, è andata in scena la mossa di Salvini. “Vogliamo difendere con le unghie e con i denti e con leggi di buon senso le aziende italiane e i marchi storici”, afferma e fa un esempio: “Vuoi fare il cioccolato in Turchia? Allora metti made in Turchia sui tuoi prodotti”. Idem, al contrario: “Se vuoi aprire, con il nome della Pernigotti o della Borsalino, aziende in Russia o Cina, devi mantenere la produzione in Italia per conservare il marchio storico”. Poi indica i tempi: “Questa sarà una grande battaglia che faremo dopo il 26 maggio”.
FI avverte la Lega: in Piemonte il candidato è Cirio o addio alla coalizione
Il candidato del centrodestra in Piemonte deve essere l'europarlamentare di Forza Italia Alberto Cirio. Se non sarà lui, il partito azzurro è disposto a far saltare il banco, distruggere il centrodestra e rompere tutte le giunte. Forza Italia punta i piedi sulla sfida piemontese, lanciando una sorta di ultimatum alla Lega dopo il vertice dell’altra sera. Il partito di Salvini, per ora evita di polemizzare: fonti vicine al vicepremier si limitano a osservare che si sta lavorando per cercare una soluzione di buon senso senza preclusioni o pregiudizi ma per il meglio della Regione; lo stesso Matteo Salvini davanti alle telecamere ha parlato di accordo quasi chiuso. L’altra sera al vertice a Casa Salvini, ufficialmente, non si sarebbe parlato di Piemonte, ma dopo la riunione il Ministro dell'Interno si sarebbe anche visto a cena con Denis Verdini. Tuttavia, all'indomani dell'incontro, per Forza Italia la candidatura Cirio è “la linea del Piave” per respingere al mittente l'Opa ostile della Lega.
Nessun cambio di cavallo, quindi, ammonisce Forza Italia, che si oppone con vigore al pressing continuo del Carroccio, escludendo in modo definitivo la candidatura di Paolo Damilano o qualsivoglia nome alternativo. Il partito di Silvio Berlusconi non potrebbe mai accettare che La Lega conquisti anche l'ultimo tassello del cosiddetto corridoio elettorale del Nord, guidando con propri uomini Piemonte, Lombardia, Veneto e perfino Liguria, che secondo queste stesse fonti, con la presidenza Toti, gravita ormai nell’area leghista. Questa ferma posizione non cambierebbe nemmeno in caso di una controfferta di candidature azzurre in Toscana o Emilia Romagna; tantomeno, serve aspettare il voto della Basilicata del 24 marzo come qualche leghista ha fatto intendere.
Il Piemonte, replicano gli azzurri, è molto più rilevante sotto ogni punto di vista, elettorale politico ed economico della pur importante Basilicata. Le stesse fonti fanno notare che i tempi per la scelta finale sono abbastanza stretti: se la conferma di Cirio non verrà nel giro di due settimane qualcuno si farà molto male. FdI non parteggia per nessuno ma difende il principio che sia Forza Italia a indicare il candidato in Piemonte.
Zingaretti incassa il sì di Pisapia alle europee
Nicola Zingaretti incassa la disponibilità di Giuliano Pisapia a candidarsi alle europee con il Pd, a patto però che venga messa in campo una lista aperta. Un sì importante quello dell'ex sindaco di Milano in vista del coinvolgimento di Carlo Calenda e del movimento di Siamo Europei. Sembra quindi che il Pd si presenterà alle europee con il proprio simbolo, ma con candidati che non facciano esclusivo riferimento alla politica e che si sentano parte di un progetto di resistenza ai sovran-populisti e di rilancio del ruolo dell'Italia in Europa. Nella strategia per le Europee, così come sui temi interni, insomma, pur senza aver ancora mai messo piede al Nazareno, il segretario continua a disegnare il suo nuovo Pd. Intanto Zingaretti prosegue il lavoro in vista dell’Assemblea Nazionale del partito che ufficializzerà la sua nomina a segretario: nel discorso che sta preparando risuoneranno i temi del lavoro, dell’ambiente e quelle che lui stesso ha definito sue parole chiave, unità e cambiamento.
Ad attenderlo al varco ci saranno i delegati ex renziani appartenenti all'area Lotti-Guerini. Mercoledì sera, in tre ore di riunione, hanno a lungo discusso sul come dare una mano al partito mantenendo le proprie posizioni. Pur volendo dare un contributo alla mozione Martina che hanno sostenuto al congresso sembra che l’intenzione sia di creare una componente a sé; nulla è ancora stato deciso sull'ipotesi di astenersi al momento di votare Paolo Gentiloni come presidente del partito. Ad ascoltare il segretario non dovrebbe esserci Matteo Renzi, che prosegue la sua battaglia culturale per un'Europa diversa in solitaria, sfidando ad esempio Marine Le Pen sulla rete pubblica francese.