Solo oggi scopriremo se il Governo sarà riuscito a trovare le coperture per il taglio dell'Irpef ai lavoratori dipendenti. Il Consiglio dei Ministri non è stato ancora convocato ufficialmente. Il premier Matteo Renzi ha chiesto uno sforzo a tutti i Ministeri, bisognerà contenere la spesa per permettere di far ottenere agli italiani l'ormai famoso aumento di ottanta euro in busta paga. Sono allo studio anche delle misure per gli incapienti, sgravi che con tutta probabilità saranno compresi nel decreto-legge che oggi sarà licenziato da Palazzo Chigi. Nelle versioni circolate ieri tra gli addetti ai lavori era contenuto il taglio degli stipendi per i dirigenti pubblici, così come annunciato giorni fa dal presidente del Consiglio. Una misura marginale che non sarà comunque sufficiente a rendere strutturale la diminuzione del cuneo fiscale. Renzi e i suoi fedelissimi puntano tutto sulla riduzione della spesa pubblica, che coinvolgerà direttamente anche l'amministrazione della Presidenza del Consiglio. Sino alla tarda serata di ieri è andato in scena un braccio di ferro sulla sanità pubblica. Nonostante gli annunci in senso contrario l'esecutivo sembra intenzionato a ridurre gli stanziamenti destinati al comparto. Nella bozza del dl tra le coperture sono previsti 2,37 miliardi di tagli alla sanità in un biennio, riducendo il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per le Regioni e le province autonome: 868 milioni quest'anno e 1,5 miliardi dal 2015. Il testo del governo potrebbe contenere nuovi tagli sulle auto blu, ulteriori limitazioni della spesa per le società pubbliche e l'abolizione delle agevolazioni postali per i partiti politici. Il taglio dell'Irpef sarà inoltre finanziato con il ritorno dell'Imu sugli immobili ad uso agricolo e con l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, prelievo che dovrebbe arrivare al 26 per cento. Un aumento della tassazione in cui rischiano di essere ricomprese anche tutte le imposte locali, così come evidenziato da diversi analisti. Conseguenze in grado di vanificare l'alleggerimento della pressione fiscale per le fasce sociali più deboli. L'eventuale decreto-legge di oggi e il contenuto del Documento di economia e finanza votato ieri dalle Camere rischiano di segnare uno spartiacque nella vita dell'esecutivo. La sinistra del Partito democratico non permetterà al segretario di agire indisturbato tra le voci del bilancio dello Stato. “Il Documento di Economia e Finanza e il Programma Nazionale di Riforme sono ricchi di buone intenzioni. Manca però la svolta attesa rispetto alla linea di austerità e di svalutazione del lavoro. Come è oramai evidente dai dati, lungo questa rotta i risultati rimangono sempre gli stessi: meno Pil, meno occupati, più debito pubblico. Smentita dai fatti la teoria dell'austerità espansiva, si rischia di aggrapparsi all'illusione ancora piu' pericolosa delle potenzialità espansive della precarizzazione del lavoro. Mentre, è la domanda aggregata la variabile decisiva per lo sviluppo sostenibile e il lavoro”, hanno spiegato in una nota congiunta i parlamentari della minoranza Pd Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre e Cesare Damiano. “In particolare – spiegano i deputati – tagli alla spesa per oltre 5 miliardi nell'anno in corso, oltre 20 per il 2015 e oltre 30 per il 2016 sono insostenibili sul piano sociale e depressivi sul piano economico. Determinerebbero un welfare più povero per i poveri e la cancellazione di qualsiasi politica di investimenti pubblici. A fine settembre, con la Nota di Aggiornamento al Def, forte è il rischio di dover rivedere al ribasso le stime di Pil e occupazione e al rialzo quelle deficit e debito pubblico. Con il Def e il Pnr il governo rinvia la scelta di cambiare verso alla politica economica italiana ed europea”. L'accusa è abbastanza chiara. Renzi e il suo governo starebbero portando avanti una politica economica del tutto simile a quella di Monti e Letta, una strategia ritenuta pericolosa per la tenuta sociale del Paese e concretamente in grado di minare alle fondamenta la timida ripresa economica registrata negli ultimi mesi. Parole avvalorate dalle tesi di validissimi economisti: il taglio contemporaneo delle tasse e della spesa pubblica ha un sicuro portato recessivo. Intanto lo scontro tra renziani, cuperliani e civatiani rischia di avere anche un'evoluzione sul fronte parlamentare. La poltrona del capogruppo a Montecitorio Roberto Speranza rischia di saltare. Al suo posto potrebbe essere votato dai deputati Matteo Richetti, uomo di provata fede renziana. Il Def e la ricerca delle coperture per il taglio dell'Irpef rischiano di far ingrossare i ranghi dei parlamentari in disaccordo con la politica economica di Palazzo Chigi.

Oggi alla Camera inizierà la discussione generale della proposta di legge di conversione del decreto-legge “lavoro”. Il ministro Giuliano Poletti ha messo a tacere le polemiche del Nuovo centrodestra spiegando che il voto della Commissione non ha affatto stravolto il contenuto del provvedimento originario. “Il dl è stato studiato per dare risposte rapide in un contesto emergenziale”, ha spiegato in una nota l'ex numero uno di LegaCoop.



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