Conte irritato chiede a Salvini di indicare il nome del Commissario europeo 

Il premier Giuseppe Conte è molto chiaro con Matteo Salvini nel chiedergli esplicitamente di indicare un nome per la Commissione Europa entro oggi all’ora di pranzo quando a palazzo Chigi farà ingresso la presidente Ursula Von Der Leyen. E il leader della Lega si dice pronto: è convinto che il Parlamento europeo sia pronto a bocciarlo ma non intende rinunciare a fare la sua proposta. È una partita molto tesa, quella che si gioca nel Governo: il premier Giuseppe Conte viene descritto come preoccupato, irritato, per un temporeggiare che rischia di danneggiare l'Italia. Senza un nome forte da proporre alla presidente della Commissione Ue, rischia di farsi impervia la partita della concorrenza, che il presidente del Consiglio vorrebbe per l'Italia senza spacchettatura delle deleghe. Ma in casa leghista c’è forte scetticismo che l'obiettivo di un portafoglio così pesante sia alla portata. Ci sarebbe tempo fino al 26 agosto per fare il nome ma Von Der Leyen mette fretta. 

Salvini, però, ostenta tranquillità. E assicura di avere pronto un nome di un politico della Lega, non un tecnico perché “i tempi dei Monti sono finiti”. Salvini parla di un professionista che ha anche esperienza di governo. E non esclude che sia un ministro attuale. Il no dei leghisti a Enzo Moavero e Giovanni Tria viene confermato dalle parole di Salvini. Intanto, altre soluzioni esterne non sembrano trovare riscontri, da Giulio Sapelli a Giulio Tremonti. Considerato il no di Giancarlo Giorgetti, torna ad avanzare la figura del neo-ministro all'Ue Lorenzo Fontana: per lui s’ipotizzerebbe un portafoglio economico. Se la scelta cadesse sull'Agricoltura, candidato naturale sarebbe Gianmarco Centinaio. Il trasloco in Europa di Giulia Bongiorno potrebbe avvenire invece solo per un portafoglio come la giustizia, ma questa ipotesi viene considerata piuttosto remota. Insieme a questi nomi se ne fanno anche altri, come quello del sottosegretario Picchi e di Alberto Bagnai

Il timore tra i Cinque Stelle è che Matteo Salvini possa scegliere la via di un nome provocatorio, ma dalla Lega si stupiscono dalla descrizione di un clima simile. Certo, la convinzione è che il cordone sanitario antileghista creato in Ue possa impallinare qualsiasi nome e perciò Fontana invita Von Der Leyen a dialogare con “il primo partito d'Europa, che si batte per il cambiamento in Ue”. In ogni caso, se il prescelto fosse un Ministro, a settembre si aprirebbe la via al rimpasto di Governo a lungo evocato. Salvini continua a bocciare l'operato di Danilo Toninelli. E, dal momento che continua a non voler aprire la crisi per lo stupore dei suoi, il rimpasto viene considerato lo scenario più probabile. 

Lega in pressing per calo tasse ma ancora un accordo non c’è

Senza un pesante taglio delle tasse la Lega è pronta a non votare la manovra. Mentre nel Governo resta altissima la tensione su autonomia, giustizia e Tav, cresce il pressing leghista per abbassare il peso del fisco. Dopo aver chiesto a sindacati e imprese la loro disponibilità, vista la concomitanza con i tavoli avviati dal premier Giuseppe Conte, Salvini ha confermato il nuovo round per il 6 agosto, il giorno dopo l'incontro di Governo. Da Palazzo Chigi si limitano a ricordare che il tavolo con le parti sociali si terrà il 5 agosto nella sede dell'esecutivo. La maggior parte delle sigle sarebbe orientata a sfruttare anche questa occasione di confronto: “Le parti sociali - ha osservato il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia -  sono compatte” e il 6 si limiteranno a ribadire quanto detto agli altri tavoli. Al Viminale, nel pacchetto fiscale complessivo che sta studiando la Lega, potrebbe essere illustrato anche il progetto di unificare Imu e Tasi, con l'eliminazione del prelievo sui servizi. 

Sul punto, però, ancora non ci sarebbe intesa con il Movimento 5 Stelle. Le distanze con l'alleato sul fisco, così come sul salario minimo, al momento sembrano in generale difficilmente superabili: la Lega punta sulla flat tax, il M5S vede invece una rimodulazione delle aliquote passando da 5 a 3. Il Movimento vorrebbe incidere poi sui sussidi dannosi per l'ambiente, a partire dalla tassazione agevolata sui carburanti, per recuperare risorse. Il Carroccio pensa invece alla pace fiscale, una nuova edizione delle varie sanatorie che apra il saldo e stralcio per i contribuenti in difficoltà anche alle imprese. Ma vorrebbe anche recuperare l'intervento per l'emersione del contante tenuto nelle cassette di sicurezza, già incappato nel muro dell'alleato da sempre contrario a qualunque tipo di condono

Nervi tesi su Giustizia. Salvini attacca, Conte-Bonafede mediano

Dopo il braccio di ferro andato in scena per oltre otto ore in Consiglio dei ministri e la fumata nera sulla riforma della giustizia e in particolar modo sul processo penale, continua il confronto interno tra i gialloverdi. Matteo Salvini ribadisce il suo no: “O una riforma della giustizia è importante, vera, pesante, significativa che dimezza davvero i tempi del processo penale, o non siamo al mondo e al Governo per fare le cose a metà”. La linea, insomma, non cambia: il Carroccio chiede una reale riduzione dei tempi della giustizia (per i tecnici leghisti si può arrivare a 4 anni), manager nei tribunali affinché “diventino realmente efficienti e ci sia certezza della pena: colpevoli in galera e innocenti liberi”, sanzioni certe per i Magistrati che sbagliano o allungano i tempi, no a sconti di pena per i criminali, un impegno per la separazione delle carriere e stop alle intercettazioni gossip

Alfonso Bonafede non ci sta, specie su questi due punti: “Sono i due punti forti della politica sulla giustizia di Silvio Berlusconi. Alla Lega dico sono aperto al dialogo, ma al Governo non sono con Berlusconi, se lo mettano bene in testa” In soccorso del Guardasigilli arriva non solo Luigi Di Maio ma tutta la squadra pentastellata. L'accusa che i due partiti che sostengono l'esecutivo si scambiano da giorni è sempre la stessa e la minaccia che ne consegue è incrociata: “Dobbiamo governare? Bene, facciamolo con serenità e trasparenza. Se qualcuno invece ha in mente altro, lo dica tranquillamente. Penso che possiamo fare tanto con questo Governo, ma ci deve essere la volontà politica da parte di tutti. Da parte del M5S c'è!”, attacca Di Maio. “Io non sto al Governo per guardare le stelle cadenti la notte di San Lorenzo. Sto al Governo se il Governo governa e fa le cose, altrimenti la parola torna agli italiani”, replica Salvini. Se dialogo sarà, comunque, non sarà privo di colpi bassi. Gli ultimi giorni di lavoro in Parlamento, prima della pausa estiva, si annunciano roventi; il calendario, specialmente a palazzo Madama, è pieno di ostacoli, con la probabile fiducia sul decreto Sicurezza bis e le mozioni pro e contro la Tav

Berlusconi azzera i coordinatori, Carfagna e Toti non ci stanno 

Dopo aver sparigliato con l'idea di una federazione di centro fondando un nuovo soggetto politico “l'Altra Italia”, Silvio Berlusconi rimette in riga Forza Italia nominando un Coordinamento di presidenza e superando coordinatori nazionali e Tavolo delle regole. Ma stavolta non si ribella solo Giovanni Toti, escluso dal nuovo organismo, ma anche l'altra ormai ex coordinatrice Mara Carfagna. Il governatore della Liguria preannuncia l'addio al partito, la vicepresidente della Camera parla di “comitato di liquidazione” del quale non farà parte. “Una scelta in direzione esattamente contraria alle intenzioni che mi ha manifestato Berlusconi” appena il giorno prima, accusa Carfagna. 

Il suo dissenso aperto segue una riunione del Tavolo nella sede nazionale di FI con i coordinatori Antonio Tajani, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini. L'incontro era programmato per proseguire il percorso verso il congresso in autunno e le possibili primarie, chieste con forza da Toti. Ma alla vigilia il Cavaliere ha lanciato a sorpresa la federazione, bagnando le polveri all'annunciato progetto di Toti. Carfagna esce, con tre proposte diverse da discutere con Berlusconi, parlando ancora da coordinatore nazionale. Ma nel frattempo arriva il comunicato del presidente del partito: “Preso atto che il Tavolo delle regole per il nuovo Statuto di FI ha terminato i suoi lavori e alla luce del suo esito, Berlusconi ha deciso la nomina di un Coordinamento di presidenza”. Tajani, Gelmini, Bernini, Carfagna e Sestino Giacomoni, fedelissimo del Cavaliere, ne faranno parte. Toti è fuori. 

“Ognuno vada per conto suo, buona fortuna a tutti”, commenta il Governatore uscendo. “La tragedia diventa farsa, non vogliono cambiare nulla. L'Altra Italia: sembra un'auto d'epoca, operazione nostalgia”, ironizza. Immediato il commento di Mara Carfagna: “Un coordinamento del quale nessuno mi ha chiesto di far parte e di cui non intendo far parte, il modo migliore per uccidere Forza Italia”. La vicepresidente della Camera sperava in una maggiore volontà di rinnovamento e la federazione di centro le sembra una formula vecchia e già sconfitta. Con Carfagna e Toti si schierano in modo diverso Paolo Romani, Laura Ravetto, Osvaldo Napoli e altri. Fonti della presidenza di Fi precisano che le nomine del Coordinamento sono state volute per precisa ed esclusiva volontà di Silvio Berlusconi



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