I dati sull'occupazione diffusi ieri dall'Istat rappresentano un buon risultato per il governo. L'esecutivo guidato da Matteo Renzi ha infatti potuto rivendicare le scelte fatte fino a questo momento. Il Jobs Act e la decontribuzione per i neoassunti hanno dato i suoi frutti: le riforme licenziate dalle Camere negli ultimi mesi vanno nella direzione giusta. Certo, le cifre diffuse dall'istituto di statistica non consentono toni trionfalistici ma a confortare sono soprattutto i dati sul Mezzogiorno e il lavoro delle donne. Dopo due mesi di difficoltà, l'occupazione è tornata a crescere, aggiungendo 44 mila occupati rispetto a giugno e 235 mila rispetto a luglio 2014. La disoccupazione è scesa al 12%, cioè al minimo dal 2013, ed anche quella giovanile è diminuita di 2 punti e mezzo, scendendo al 40,5%. Nel secondo trimestre è invece continuato, secondo l'Istat “a ritmo più sostenuto”, l'aumento su base annua del numero di dipendenti a tempo indeterminato, con un rialzo dello 0,7%, ovvero di 106 mila unità. Buone notizie arrivano anche dal fronte del prodotto interno lordo, l'economia è cresciuta più del previsto. Tra gennaio e marzo il Pil è aumentato dello 0,4% e nel trimestre successivo dello 0,3%, in entrambi i casi con una revisione al rialzo da parte dell'Istat dello 0,1% rispetto alle prime stime. Segnali positivi anche dal fabbisogno: i conti di cassa dello Stato migliorano di 19 miliardi nei primi 8 mesi. Il presidente del Consiglio ha affidato i suoi commenti a un videomessaggio. Renzi ha detto che l'Italia sta ripartendo e si propone come Paese guida dell'Unione europea. Anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, pur agendo con la cautela d'ordinanza, condivide la stessa linea. Il titolare del Tesoro parla dei dati Istat finalmente come di stime “ragionevoli e affidabili” che delineano finanze sotto controllo e danno respiro alla ripresa. La direzione intrapresa con le riforme è, per Padoan, quella giusta. Dopo il gelo legato ai dati preliminari di agosto, con le revisioni al rialzo di oggi l'obiettivo di chiudere il 2015 con una crescita dello 0,7% è del resto ormai a un passo, visto che la crescita acquisita per l'anno è dello 0,6%. Anche per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, i numeri sul lavoro confermano l'avvio della ripresa, mentre una voce dissonante arriva dal numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi. Il presidente degli industriali, che pure hanno beneficiato di molte delle riforme renziane, imputa il segno più non a particolari meriti italiani ma ai noti fattori esterni quali il calo del petrolio, il quantitative easing della Bce e la svalutazione dell'euro. Il +0,3% del secondo trimestre non è peraltro sufficiente per sedersi sugli allori. Tra le altre cose, proprio ieri la Commissione europea avrebbe fatto sapere informalmente di non gradire l'impostazione che Palazzo Chigi e il Tesoro vorrebbero dare alla prossima legge di stabilità. Bruxelles giudicherebbe negativamente l'ipotesi di una drastica riduzione della pressione fiscale sugli immobili. Lo scetticismo degli ambienti europei non è rivolto solo alle misure annunciate dallo stesso premier sul calo delle tasse, che dovrebbe iniziare appunto nel 2016 con l'eliminazione della Tasi sulla prima casa, ma anche sul terreno, ancor più delicato, della flessibilità nel perseguire gli obiettivi di risanamento. Flessibilità che, ricordano a Bruxelles, già è stata concessa all'Italia proprio in nome del percorso di riforme avviate e che deve essere portato avanti senza perdere slancio, perché è “la chiave per esaltare il potenziale di crescita dell'Italia”. Renzi e Padoan potrebbero quindi vedersi costretti a rivedere i propri piani, sempre che non preferiscano ingaggiare un braccio di ferro con i vertici dell'Ue. L'Italia – come più volte ribadito dal premier – è infatti uno dei pochi Paesi membri dell'Ue a rispettare tutti i vincoli imposti dai Trattati. Non sarebbe quindi sbagliato chiedere la concessione di un aumento del rapporto tra deficit e Pil. Ieri Renzi ha avuto un lungo incontro Padoan, le prossime ore serviranno a capire quali saranno le prossime mosse del governo. Secondo molti analisti il piano di riduzione delle tasse da 35 miliardi sembra di difficile realizzazione. Intanto oggi la commissione Giustizia del Senato riprenderà l'esame della proposta di legge della senatrice del Pd Monica Cirinnà sulle unioni civili. Sul testo la tensione in maggioranza resta alta, con il Pd disposto a chiarire la distinzione tra unioni civili e matrimonio ma pronto, allo stesso tempo, a forzare i tempi e andare in Aula senza mandato al relatore. E in Aula, dove il ddl approderebbe comunque dopo le riforme costituzionali, il testo potrebbe essere approvato da una maggioranza trasversale, composta da Pd, M5S, Sel e dalla parte più dialogante di Ap. Le votazioni in commissione permetteranno di capire anche quale sia il disagio sulla revisione della Costituzione. I mal di pancia di Ncd potrebbero rafforzare i 26 senatori della minoranza del Pd.



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