Camera e Senato riprenderanno le proprie attività solo dopo le elezioni europee di domenica. Sosta che permetterà ai parlamentari di concentrarsi sugli ultimi giorni di campagna elettorale. All'indomani del conteggio delle schede i lavori entreranno subito nel vivo. Il Parlamento sarà infatti impegnato con la conversione di una lunga serie di decreti-legge.

Renzi, Grillo e Berlusconi cercheranno di portare dalla loro parte il maggior numero di elettori. Il risultato delle consultazioni sarà infatti determinante per lo scenario politico nazionale. Il presidente del Consiglio cercherà una legittimazione “nelle urne”, il comico ligure tenterà di far diventare il Movimento 5 stelle primo partito e il leader di Forza Italia farà di tutto per tentare di stare sopra al 20 per cento. Tra le liste dei “partiti minori” l'unica certa di superare lo sbarramento del 4 per cento è solo la Lega di Matteo Salvini; Fratelli d'Italia e “L'altra Europa con Tsipras” devono invece dare il tutto per tutto nelle prossime ore per evitare di rimanere fuori dai palazzi di Strasburgo e Bruxelles per qualche migliaio di preferenze. Il primo partito sarà comunque quello dell'astensione: secondo le ultime rilevazioni, il 40 per cento degli italianinon avrebbe intenzione di recarsi alle urne nella giornata di domenica.

Matteo Renzi ha ribadito che – comunque vadano le elezioni – si proseguirà sul cammino delle riforme costituzionali. Il centrosinistra è pronto ad andare avanti anche da solo; cambiare la forma di governo e rivedere il Titolo V sono passaggi fondamentali per garantire la ripresa economica e favorire l'arrivo di investitori stranieri. Renzi ha poi annunciato che nelle prossime settimane si concluderà l'iter per arrivare ad un progetto di riforma della pubblica amministrazione e per rendere più snella la normativa tributaria. “Possiamo recuperare e mandare tramite sms la dichiarazione dei redditi precompilata - ha spiegato il politico fiorentino - recuperando un milione di piccoli contenziosi fiscali così, invece di andare a vessare quello che sbaglia di cinquanta o cento euro la dichiarazione, si vanno a cercare i veri paradisi fiscali”. Parole seguite da molti commenti in cui prevalgono i dubbi e le perplessità. A queste dichiarazioni, Renzi ha risposto dicendo che “siamo in grado di modificare in modo strutturale la pubblica amministrazione”, perché, spiega, “nel mondo della digitalizzazione ognuno di noi deve avere un pin per accedere alla pubblica amministrazione e ai suoi servizi”. Per qualche ora, l'inquilino di Palazzo Chigi non ha parlato del decreto-legge con cui si taglia l'Irpef dei lavoratori dipendenti e l'Irap che dovranno pagare le imprese; articolato sul quale si sono confrontate aspramente maggioranza ed opposizione. Provvedimento, ritenuto fondamentale da Palazzo Chigi, che presenta però diversi profili di incertezza: ad esempio non ci sono certezze sul fronte della natura strutturale della misura. Le rassicurazioni fornite dai renziani non sono suffragate dalle cifre indicate nei documenti in discussione al Senato. Qualcuno degli analisti è arrivato addirittura a teorizzare la necessità di una manovra correttiva. Ipotesi smentita dai più stretti collaboratori del presidente del Consiglio.

Matteo Renzi ha parlato anche di politica estera. L'Italia, avverte il premier, non può restare da sola ad affrontare il flusso di migranti che arriva dalle crisi in Africa e Medio Oriente e dal caos libico ormai fuori controllo. “Non si tratta di rimpiangere un dittatore, la stabilità non è un valore a ogni costo”, ha rimarcato Renzi. Ma convinto che alle Europee si voti anche “per una politica estera dell'Unione”, il premier alza i toni con i partner internazionali. A partire proprio da quella Unione europea che “non mette un uomo” nell'operazione Mare Nostrum e che avanza in ordine sparso, con “inviati speciali dei singoli Paesi”.  La questione - insiste però il premier - va portata sul tavolo del Consiglio europeo del 27 maggio e del G7 del 4-5 giugno, perché la Libia deve diventare una priorità.



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