Alle 10 l'assemblea della Camera inizierà l'esame del disegno di legge delega sul “Jobs Act”. Nei piani di governo e maggioranza il via libera dovrebbe arrivare entro mercoledì prossimo, tempi molto stretti che autorizzano ad ipotizzare l'apposizione della questione di fiducia. Decisione che diventerà inevitabile se il dibattito dovesse essere caratterizzato dall'ostruzionismo delle opposizioni. Il testo dovrà comunque tornare al Senato per un ulteriore voto, navetta che potrebbe vanificare il progetto di Palazzo Chigi. L'esecutivo vorrebbe infatti presentare i primi decreti delegati entro la fine dell'anno. Un ruolino di marcia che, in ogni caso, non consentirà facilmente alla nuova normativa di essere in vigore entro il primo gennaio, così come annunciato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Gli schemi di decreto legislativo dovranno infatti essere sottoposti al parere non vincolante del Parlamento. Punto cruciale del provvedimento è il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio per tutti i neoassunti. Nel testo sono state introdotte modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con la possibilità di reintegra nel posto di lavoro in caso di di licenziamenti illegittimi limitata non solo a quelli nulli e discriminatori ma anche a “specifiche fattispecie” di quelli disciplinari, aspetto inizialmente escluso dalla tutela reale. Saranno i decreti delegati a stabilire quali saranno queste fattispecie. Sui licenziamenti per motivi economici giudicati ingiustificati sarà previsto solo l'indennizzo, somma che crescerà in base agli anni passati presso l'azienda. L'obiettivo al quale si vuole arrivare con il contratto a tutele crescenti è di farne la modalità normale di assunzione sfoltendo le decine di forme contrattuali e le norme esistenti. Si punta alla creazione di un testo organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali e al “superamento” delle collaborazioni coordinate e continuative. Nei piani di Partito democratico e Nuovo centrodestra dovrà diventare impossibile autorizzare la cassa integrazione in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. L'obiettivo è di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore. Saranno rivisti i limiti di durata dell'indennità e sarà prevista una maggiore partecipazione da parte delle aziende che la utilizzano. Anche la nuova “Aspi” andrà incontro ad una revisione in grado di potenziarne la durata complessiva e la platea di potenziali beneficiari. Il presidente del Consiglio continua a mostrarsi molto convinto e determinato. Per il leader Pd, il “Jobs Act” “è la più grande riforma di sinistra che esista” che dà e non toglie diritti. “Se diciamo che le tutele dell'articolo 18 - rilancia - sono poco più che un totem ideologico non lo diciamo per abbandonare al loro destino i lavoratori licenziati ma perché quella tutela non garantisce chi perde il lavoro, noi vogliamo tutelare i lavoratori attraverso un sistema di welfare più incisivo”. A chi, anche gli elettori Pd, è contrario, il premier invita a discutere insieme nel merito delle riforme proposte.
Oggi la Commissione Bilancio della Camera proseguirà il confronto sulla legge di stabilità. La Commissione europea dovrebbe esprimere il suo parere sulla manovra entro la giornata di martedì. Un verdetto che non preoccupa né il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, né l'inquilino di Palazzo Chigi. Il governo intanto ha mantenuto le promesse e ha portato a 400 milioni, dai 250 iniziali, lo stanziamento a favore dei non autosufficienti previsto nella legge di stabilità. Le risorse saranno attinte dal fondo per la famiglia che sarà così in parte riconvertito. Altri 60 milioni confluiranno nel Fondo emergenze della Protezione civile, già rifinanziato nello Sblocca Italia in piena alluvione Genova. Per il secondo anno consecutivo, la web tax sui colossi di Internet non riesce ad ottenere il voto favorevole della commissione Bilancio.
Domenica i cittadini di Emilia-Romagna e Calabria saranno chiamati alle urne per eleggere il presidente della Giunta e il Consiglio regionale. Nella regione del nord la partita sarà tra il candidato del centrosinistra Stefano Bonaccini e lo sfidante della Lega (sostenuto anche da Forza Italia e Fratelli d'Italia), Alan Fabbri. Partita molto importante per le dinamiche interne alle opposizioni; il Carroccio vorrebbe raggiungere il 15 per cento per assumere la leadership del centrodestra a scapito dei berlusconiani. In Calabria si contenderanno l'elezione cinque candidati. Da una parte il centrosinistra che, dopo le primarie, ha fatto quadrato attorno all'ex presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, presentando una coalizione di otto liste. Dall'altra il centrodestra diviso su due fronti. Il primo sostiene l'ex presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro e conta sulle liste di Forza Italia, Fratelli d'Italia e civiche. Il secondo nato dall'alleanza tra Udc e Ncd punta sul senatore Nico D'Ascola. Corrono in autonomia i candidati di M5S e Rifondazione comunista.