La Camera e il Senato si riuniranno dopo le feste natalizie. L'8 gennaio, a Montecitorio, proseguirà il dibattito sulle proposte di legge per la modifica della seconda parte e del Titolo V della Costituzione. Anche Palazzo Madama sarà impegnata con le riforme istituzionali; il 7 gennaio, infatti, entrerà nel vivo il dibattito sulla legge elettorale. Due provvedimenti che il presidente del Consiglio e la sua maggioranza vorrebbero portare a casa entro la fine di gennaio. Il condizionale è però d'obbligo: le dimissioni di Giorgio Napolitano e la conseguente convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione di un nuovo presidente della Repubblica potrebbero scompaginare il ruolino di marcia stilato da Matteo Renzi.
Ieri la legge di stabilità è stata definitivamente approvata dalla Camera. I punti cardine restano quelli voluti dal governo, che su alcune misure non ha accettato compromessi. A partire dal bonus degli 80 euro che viene reso strutturale per la platea inizialmente prevista, quella dei lavoratori dipendenti compresi tra gli 8.000 e i 24.000 mila euro di reddito annuo. L'approvazione della legge di stabilità a Montecitorio è stata però caratterizzata dal colpo di coda del Movimento 5 Stelle, in una delle giornate più lunghe per i grillini che hanno dovuto vedersela anche con la fuoriuscita dalle loro fila di tre parlamentari. I pentastellati non avevano dato particolare filo da torcere in Commissione Bilancio né durante i voti di fiducia nel primo esame dell'Aula. Ma hanno deciso di smuovere le acque in questo secondo passaggio alla Camera, scatenando in più occasioni una vera e propria bagarre mediatica. Nel corso della votazione degli emendamenti – respinti dal primo all'ultimo – i pentastellati hanno tentato, con tre distinti blitz, di occupare i banchi riservati in Aula al governo, spingendo il presidente Laura Boldrini ad espellere in varie tornate una quindicina di deputati. Il Movimento di Grillo e Casaleggio ha contestato le misure fino all'ultimo, prima sui giochi, esponendo cartelli contro il “governo d'azzardo”, poi sull'aumento dell'Iva sui pellet (dal 4 al 22 per cento). Misure importanti ma minori rispetto agli interventi della manovra. Dagli 80 euro al bonus bebé, dallo stop ai rincari di Tasi e canone Rai fino al rinnovo dell'ecobonus, sono molte le norme che influiranno sulla vita delle famiglie. Così come sull'attività d'impresa e sul mondo del lavoro: il governo ha infatti puntato sin da subito sugli sgravi Irap sul costo del lavoro, cavallo di battaglia del mondo imprenditoriale, per facilitare la vita alle aziende e, allo stesso tempo, per favorire le assunzioni a tempo indeterminato. Una misura specifica è stata pensata anche per le partite Iva, escluse già quest'anno dal bonus da 80 euro. Il regime forfettario sale al 15 per cento ma la platea si allarga ai redditi tra i 15.000 e i 40.000 euro. Nuove soglie che però non sono piaciute al Parlamento che da destra, con Forza Italia e Fratelli d'Italia, a sinistra, con Cesare Damiano del Pd, hanno criticato il “giro di vite di un governo che degli autonomi si interessa ancora poco”. Tra le modifiche fondamentali introdotte a Palazzo Madama – e confermate alla Camera – spicca quella dei giochi che, insieme ad altri interventi, ha fatto lievitare la manovre di circa un miliardo. Ora l'attenzione si sposta sull'Europa. In vista del giudizio finale di marzo, ma anche per ottenere il via libera alla reverse charge sull'Iva. Senza l'ok di Bruxelles gli introiti previsti dall'estensione del meccanismo dovranno essere infatti reperiti con un classico delle coperture: le clausole di salvaguardia che vanificherebbero il taglio delle tasse operato per altre vie. La legge di stabilità ne prevede due: l'aumento delle accise sulla benzina e dell'Iva al 25,5 per cento.
Intanto tra Palazzo Chigi e ministero del Lavoro si continua a lavorare agli schemi di decreto legislativo sulla modifica del diritto del lavoro. Il governo intende dare parziale attuazione alla delega contenuta nel “Jobs Act” durante il Consiglio dei ministri fissato per domani. Sul tavolo il decreto sul contratto a tutele crescenti, che riscrive le regole e l'entità degli indennizzi e del reintegro superando di fatto l'articolo 18 nella gran parte dei casi di licenziamento ingiustificato, e quello sulla riforma dell'Aspi, con l'estensione della platea ai collaboratori e della durata del sussidio di disoccupazione (anche se resta da sciogliere il nodo delle risorse), con l'ipotesi di allungarla fino a 24 mesi. Cgil e Uil promettono però le barricate contro il disegno della maggioranza. L'esecutivo dovrebbe occuparsi anche di delega fiscale e, come annunciato da Renzi, licenziare un decreto-legge per nazionalizzazione l'Ilva di Taranto. Possibile anche che venga approvato il consueto decreto-legge “Mille proroghe” per procrastinare alcuni termini legislativi in scadenza a fine anno.