Al Senato il dibattito sulla riforma delle legge elettorale ha caratterizzato una seduta-fiume dai toni molto accesi. Immancabili le tensioni tra le varie componenti del Pd e tra le forze della maggioranza e dell'opposizione. Il voto finale sull'Italicum-bis dovrebbe arrivare martedì prossimo. Appuntamento preceduto da un'agenda molto ricca. Il calendario prevede una ripresa del voto sugli emendamenti oggi, dalle 9 alle 12; si ricomincerà poi lunedì pomeriggio alle 15, per proseguire martedì a partire dalle 9,30. Le sedute di lunedì e di martedì non hanno un orario di chiusura. La richiesta di effettuare il voto finale dopo le elezioni del Presidente della Repubblica sono state ribadite in aula dai capigruppo di M5S, Lega e Sel. L'assemblea di Palazzo Madama ha però respinto a maggioranza questa richiesta. I senatori della minoranza del Pd non voteranno il maxi-emendamento a prima firma di Anna Finocchiaro che recepisce gli ultimi accordi di maggioranza sull'Italicum. Lo ha annunciato in aula Walter Tocci, che ha pure annunciato il ritiro dei loro sub-emendamenti. “Dispiace rimanere in silenzio in Aula - ha spiegato l'esponente della sinistra Pd - e ancora più doloroso è non partecipare alle votazioni assieme al proprio gruppo, e spero cada presto il velo di incomprensione tra noi senatori del Pd”. Tocci ha dichiarato di non essere “convinto sull'ammissibilità dell'emendamento Esposito”. Con questo atto si è introdotta “una procedura illegittima” che sposta il diritto parlamentare in un terreno paludoso”. Dopo 10 anni di Porcellum “avevamo l'occasione per cambiare verso e invece stiamo scrivendo una pagina deludente. Stiamo perdendo l'occasione di scrivere una legge semplice, chiara”. “Con un emendamento illegittimo - ha aggiunto - si apre una nuova fase costituzionale, di premierato assoluto”, nella quale “un leader minoritario conquista il banco”, con la conseguenza che si “accentua il rifiuto della parte elettorale che non lo ha voluto”. Le parole di Tocci fotografano la situazione all'interno del Partito democratico. Secondo alcune fonti accreditate, la discussione sulla legge elettorale starebbe addirittura logorando i rapporti personali tra i parlamentati delle diverse componenti. La discussione è quindi destinata a lasciare degli strascichi. La sinistra Pd ha già fatto capire che non garantirà il proprio apporto nemmeno durante il voto finale. L'approvazione del testo solo grazie ai voti di Forza Italia rischia quindi di aprire un problema politico di dimensioni non trascurabili. Un dato che renziani e governo non potranno ignorare.

Oggi i lavori proseguiranno anche alla Camera. Qui però la Conferenza dei capigruppo ha assunto una decisione in netto contrasto con quanto fatto al Senato. L'organo che riunisce i rappresentanti dei vari gruppi ha deciso di spostare il voto finale sulla revisione della Costituzione a una data successiva a quella in cui sarà scelto il successore di Giorgio Napolitano. Una vittoria delle opposizioni imprevedibile non più tardi di qualche giorno fa. La discussione sulla modifica della seconda parte e del Titolo V della Costituzione entra quindi a pieno titolo nelle trattative per l'elezione del nuovo capo dello Stato. Una dinamica “naturale” che l'esecutivo di Renzi avrebbe voluto impedire ad ogni costo. Intanto ieri è arrivato il via libera all'articolo 3 del ddl Boschi di riforma costituzionale con 340 sì, 128 no e 3 astenuti. Il nuovo articolo, che modifica il secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione, prevede che “il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati". Resta inalterato il primo comma dell'art. 59 che invece riguarda gli ex presidenti della repubblica: “È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Ok di Montecitorio anche all'articolo 4 sulla durata della Camera: “La Camera dei deputati è eletta per cinque anni. La durata della Camera dei deputati non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra”. Per tutto il fine settimana andranno avanti gli incontri e le trattative sul nome del prossimo presidente della Repubblica. Per il momento a regnare è la confusione e l'incertezza. Per martedì prossimo dovrebbe essere in programma un faccia a faccia tra Renzi e Berlusconi: sembra però difficile che il premier possa scegliere “un presidente arbitro” insieme al numero uno degli azzurri. Intanto il Movimento 5 stelle ha annunciato di voler essere della partita con una inedita linea morbida. Grillo e Casaleggio hanno invitato Renzi a fare dei nomi credibili. Tutti i pronostici sui “papabili” lasciano il tempo che trovano.



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