Conte e Salvini salgono a Quirinale. Rinviato il decreto sicurezza bis
Tutto rinviato a dopo le europee: Giuseppe Conte, forte di un lungo colloquio avuto con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prova a sminare il terreno di scontro tra Lega e M5S e posticipa a dopo il voto la convocazione del Consiglio dei ministri che dovrà vagliare il decreto sicurezza bis e quello sulla famiglia. Dopo il faccia a faccia tra Mattarella e il premier, a sorpresa è salito al Colle anche il vicepremier Matteo Salvini ed è probabile che nel corso del colloquio con il Capo dello Stato sia stato affrontato proprio il tema del decreto sicurezza e delle criticità rilevate dal Quirinale. “Ho sentito Salvini e Di Maio e convenuto che sia complicato tenere un Cdm domani o dopodomani per cui lo abbiamo rinviato alla settimana prossima, nel primo giorno utile” ha annunciato a fine giornata il Presidente del Consiglio. La decisione sembra essere stata accettata da Matteo Salvini nonostante i ripetuti appelli a portare, subito, il suo dl all'esame del Governo.
Nonostante la tensione alle stelle il leader del Carroccio ha comunque assicurato di voler restare leale all'alleato di Governo e ha promesso che “dopo il voto in Italia non cambia nulla: anche se la Lega vincerà, come sembra, non chiedo un ministro o una poltrona in più”. A mettere il dito nella piaga ci pensa però il suo braccio destro; Giancarlo Giorgetti si fa portavoce del malumore crescente dentro il partito che spinge a rompere con i 5 stelle: “Non accuso nessuno, tantomeno il Premier, ma così non si può andare avanti”. È un gioco delle parti che non va per niente giù a Luigi Di Maio: “Ogni giorno ormai, da circa un mese, c’è qualcuno, e non del M5S, che minaccia la crisi di governo e fa la conta delle poltrone in base ai sondaggi. Oggi è toccato a Giorgetti” tuona il leader pentastellato che avverte: “Basta minacciare crisi di governo e basta fare la conta delle poltrone. Si pensi al Paese”.
I timori del M5S per un possibile strappo della Lega, tra pressing per un profondo rimpasto e crisi, dopo il voto di domenica restano infatti altissimi. È uno scontro sul quale il Presidente del Consiglio cerca di vigilare per evitare di andare al voto con l'incubo di una crisi di governo, ma la tensione rimane comunque molto alta e cresce di giorno in giorno.
Istat taglia le stime del Pil: nel 2019 da +1,3% a +0,3%
Con una revisione di un punto rispetto alle stime precedenti dello scorso novembre, l’Istat ha ridotto allo 0,3% le previsioni di crescita del Pil italiano nel 2019, superando comunque le ipotesi di Bruxelles e andando anche oltre di un decimale rispetto alle stime del Governo. L'istituto fa notare però che le stime risultano lievemente migliori rispetto a quelle rilasciate il 7 maggio dalla commissione Ue (+0,1%) grazie a previsioni più alte per gli investimenti. Rimane il fatto che per quest’anno a sostenere la debole crescita sarà esclusivamente la domanda interna, mentre l’apporto della domanda estera è stimato intorno allo zero. Questo leggero aumento delle previsioni sarebbe quindi garantito da un aumento dei consumi, dal leggero incremento dei salari e in misura limitata dagli effetti del reddito di cittadinanza. La spesa delle famiglie dovrebbe così crescere nell’anno dello 0,5%, poco al di sotto di quanto realizzato nel 2018.
La decelerazione dei ritmi produttivi inciderebbe anche sul mercato del lavoro. Nel 2019 si prevede che l'occupazione rimanga sui livelli dell'anno precedente (+0,1%) mentre si registrerebbe un lieve aumento del tasso di disoccupazione (10,8%). Il dato emerge chiaramente dalla pubblicazione delle prospettive per l'economia italiana e risulta dello 0,6% più alto rispetto alle stime dello scorso novembre. Rimangono invece deboli gli investimenti, che pur sulla spinta di Industria 4.0 anche nel 2018, in termini di quota sul Pil (18%), sono stati ancora inferiori ai livelli del 2007 (21,2%). Per l’anno corrente, spiega l’Istat, il deciso rallentamento delle aspettative sui livelli produttivi dell’area euro e dell'economia italiana incide in misura significativa sulle scelte d’investimento delle imprese. La debolezza del resto è confermata dalle rilevazioni sugli indici di fiducia, che per il comparto manifatturiero oscillano ai minimi degli ultimi quattro anni.
Tria e Conte fiduciosi sulla crescita. Critiche le opposizioni
Dopo le stime dell'Istat sul Pil, a dirsi fiducioso è il ministro dell'Economia Giovanni Tria, che finalmente vede il Paese “sulla buona strada”. In effetti anche se l'Istituto di statistica ha tagliato notevolmente le previsioni sulla crescita per il 2019 si tratta comunque di un dato migliore rispetto a quelli usciti più di recente. migliore anche rispetto all'indicazione del Governo. “Nel nostro Def abbiamo stimato una crescita prudenziale dello 0,2%”, ha ricordato anche il premier Giuseppe Conte, “ma siamo ferocemente determinati a superare questo livello”.
Il Ministro dell’economia Tria, parlando dal Forum ministeriale dell'Ocse a Parigi, ha ribadito anche che “l'occupazione sta tenendo” e che evolverà “in linea con la ripresa dell'economia”. Molto dipenderà dal contesto internazionale, fa capire: “Se tutta l'Europa, come previsto, avrà una ripresa nel secondo semestre avremo una crescita maggiore anche per l'Italia. E non è solo una questione di Pil, visto che deficit e debito vengono calcolati in conseguenza”. Le opposizioni leggono i dati dell'Istat in altro modo; per Paolo Gentiloni, presidente del Pd, è infatti, un bollettino di guerra: “Crescita quasi zero, aumento della disoccupazione purtroppo, caduta degli investimenti”. Secca la conclusione di Mariastella Gelmini, capo dei deputati di Forza Italia: “di questo passo a Natale troveremo sotto l'albero una pesantissima patrimoniale”.
Segnali di intesa per un nuovo centro sinistra tra Renzi e Zingaretti
Nicola Zingaretti e Matteo Renzi si scambiano segnali di intesa sul futuro del Pd. Da una parte l'ex segretario ha ribadito la propria lealtà, dall'altra ha detto che a suo giudizio il centrosinistra può vincere se guarda al centro e non a sinistra. In risposta Zingaretti ha rassicurato Renzi di star lavorando a una coalizione che parli anche ai moderati e che dialoghi con movimenti che dal basso stanno sorgendo contro il governo giallo-verde. Renzi, dopo il comizio a Milano con Carlo Calenda, ha organizzato una iniziativa a Roma a sostegno di due esponenti Dem a lui vicini, Simona Bonafè e Nicola Danti, durante la quale ha insistito sulla propria lealtà al partito, sottolineando come si stia spendendo in questa campagna elettorale nonostante non sia candidato.
L'altro messaggio all'attuale leadership del partito riguarda il futuro del Pd: "E’ evidente che prima delle prossime politiche occorra riorganizzarsi. Bisogna guardare a un centro sinistra moderato, perché la nostra storia e tutto il mondo insegnano che le elezioni noi le vinciamo al centro, non a sinistra”. Dal canto suo, Zingaretti ha ribadito che gli interlocutori per la futura coalizione sono +Europa, Italia in Comune e anche i Verdi, benché non si sia riusciti a fare una lista unica alle europee. Quanto a La Sinistra di Fratoianni, ha osservato Zingaretti, “è lei a non starci”. In ogni caso si tratta di una “coalizione non costruita sugli schemini o sulle sigle del passato. Ma è a quel popolo che “sta reagendo all'autoritarismo di Salvini” che guarda Zingaretti, il quale cita i professori e gli studenti che spontaneamente hanno protestato per la sospensione della professoressa di Palermo.
Il Pd guarda a questi soggetti per andare alle europee “ben oltre il 20%” perché “questa volta non ci si può astenere davanti a quello che sta accadendo. L'intervista di oggi a Renzi - ha poi detto Zingaretti - la considero un grande successo personale: ci vuole un nuovo centrosinistra dice lui, come ho sempre sostenuto, con la rinuncia all'autosufficienza del Pd. Dobbiamo raccogliere anche una parte di Italia moderata”. E magari spetterà a Renzi parlare a quest'area.
In Parlamento
Nella giornata di oggi e per tutta questa settimana l’aula del Senato e della Camera e le relative Commissioni non si riuniranno per consentire a tutte le forze politiche di poter svolgere, senza impegni parlamentari, gli ultimi giorni di campagna elettorale in vista delle elezioni europee di domenica 26 maggio. I lavori sono quindi rinviati alla settimana prossima.