L'Aula di Palazzo Madama proseguirà la discussione generale sul disegno di legge di conversione del dl “Competitività”, testo che – secondo le intenzioni del governo – dovrebbe servire a dare una scossa al tessuto produttivo del Paese. Secondo fonti parlamentari entro la giornata di oggi potrebbe arrivare l'apposizione della questione di fiducia, la fase del dibattito deve infatti essere chiusa al più presto. Occorre fare in fretta per evitare che il governo rischi di perdere il controllo della situazione. Solo ieri è stata bocciata la norma sull'anatocismo, l'istituto che consente di calcolare gli interessi sugli interessi. Un articolo che era stato fortemente voluto dalla Banca d'Italia e dall'Abi. Il presidente della commissione Industria Massimo Mucchetti, del Pd, pur adeguandosi alla decisione, non ci sta: “È un peccato, la norma era costruita con saggezza”. Il decreto contiene tantissime norme utili per industria e Pmi: viene confermato il nuovo “spalma incentivi”, per la riduzione del 10 per cento delle bollette elettriche alle Pmi, con la riscrittura dell'articolo che dovrebbe garantire risparmi per 800 milioni e l'introduzione di opzioni per gli incentivi e tre scaglioni di riduzione; inoltre c'è la possibilità di cedere quota dei diritti degli incentivi e una norma anti-contenziosi con accordi tra governo e banche, su cui si è anche apposta una clausola di salvaguardia. Le aziende italiane potranno inoltre accedere più facilmente alle agevolazioni previste dalla “nuova Sabatini”, la legge che prevede una serie di benefit e crediti d'imposta per chi investe sull'ammodernamento del proprio sistema di produzione aziendale. Ci sono infine norme sui debiti della pubblica amministrazione e sulla gestione dei rifiuti nel Lazio e in Campania.
Grazie al nuovo calendario dei lavori approvato nella serata di ieri, lunedì il Senato inizierà l'esame del decreto-legge sull'introduzione dell'art-bonus. Testo già convertito in prima lettura dall'assemblea di Montecitorio. Anche su questo provvedimento potrebbe arrivare una nuova questione di fiducia; Palazzo Chigi sta infatti riuscendo a declinare la propria strategia: aprire delle finestre per la conversione dei decreti-legge senza concedere lo spazio per l'approvazione di modifiche che ne comprometterebbero la definitiva approvazione. Una gestione dei lavori che finirà per esasperare una situazione resa tesissima dalla decisione della conferenza dei Capigruppo sul contingentamento dei tempi per la discussione del ddl di riforma costituzionale con cui la maggioranza intende modificare la seconda parte il il Titolo V della legge fondamentale. Il testo deve essere votato entro l'8 agosto, non saranno ammesse proroghe della discussione. Una decisione che ha causato la durissima reazioni delle opposizioni, che ieri hanno marciato unite verso il Quirinale per denunciare la situazione al presidente della Repubblica. Un gesto di protesta forte che non è stato possibile motivare di fronte a Giorgio Napolitano, impossibilitato a parlare con i capigruppo di Lega, Sel e Movimento 5 stelle a causa di una leggera indisposizione. Dalla riunione delle minoranze tenuta nella mattinata di ieri è uscita una lettera con l'indicazione di alcuni punti su cui aprire il confronto: immunità, norme sul referendum, mantenimento di un Senato politico eletto dai cittadini. La lettera è stata consegnata al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi la quale aveva detto che il governo “è disponibile ad approfondire” alcuni temi, ma non dietro al contenuto ricattatorio di quasi 8.000 emendamenti: e ne ha chiesto una sostanziosa riduzione. Cosa che non c'è stata e che ha avuto come risposta il contingentamento dei tempi, che porterà al voto finale l'8 agosto. Una decisione che era nell'aria da almeno tre giorni, uno “strappo” che rischia comunque di minare il rapporto tra la presidenza di Palazzo Madama e le opposizioni. La speranza della maggioranza, e l'auspicio espresso in aula dal correlatore Roberto Calderoli, è che le minoranze tolgano dal tavolo le proposte di modifica ostruzionistiche e si confrontino sul merito di quelle questioni aperte e fortemente caratterizzanti. Un appello in tal senso è stato rivolto dai dissidenti del Pd, Vannino Chiti e Paolo Corsini. Su diversi punti indicati dalla lettera delle minoranze, governo e maggioranza sono disponibili a trattare. Ed è su quelli che si tenterà di scardinare il muro contro muro da qui a martedì, quando riprenderà il voto sulle riforme. Dopotutto è stata proprio Maria Elena Boschi a ricordare che Palazzo Chigi è pronto a trattare su alcuni temi, una scelta dialogante che non permetterà però di mettere in discussione la non elettività della nuova Camera alta. Per la maggioranza del Pd e la squadra di governo la nascita di un Senato delle Autonomie di secondo livello è un obiettivo “non negoziabile”. Sembra però che l'esecutivo abbia preso coscienza dell'impossibilità di raggiungere la maggioranza dei 2/3 dei componenti nella seconda lettura del testo al Senato, così come imposto dall'articolo 138 della Costituzione. Fatto che obbligherebbe il testo ad andare incontro ad un referendum confermativo dall'esito incerto. Dubbi che non spaventano il premier Matteo Renzi. Il segretario del Pd continua a dire di non temere le opposizioni e i dissidi interni al Pd. Ha rilanciato le scadenze comunicate qualche tempo fa: dopo la pausa estiva si approverà la riforma della giustizia, della pubblica amministrazione e del diritto del lavoro: “Andiamo avanti senza voto anticipato”.