Il Consiglio dei ministri è convocato per le 11. L'ordine del giorno non è stato diffuso ma, con tutta probabilità, sarà licenziato un decreto-legge attraverso il quale si prorogheranno i termini per la voluntary disclosure. Palazzo Chigi intende infatti dare più tempo a chi intende riportare in Italia capitali detenuti all'estero vista la mole delle richieste di adesione al meccanismo che, nelle ultime settimane, stanno crescendo in maniera esponenziale, tanto che il Governo si attende, in luogo dei 3 miliardi stimati, una cifra che potrebbe raggiungere i 5 miliardi di euro. Secondo le indiscrezioni della vigilia, il termine ultimo per la presentazione della corposa documentazione necessaria, dovrebbe slittare al 31 dicembre. Il provvedimento urgente che sarà portato all'attenzione dei ministri conterrà anche una norma per sterilizzare una parte delle clausole di salvaguardia entrate in vigore con l'approvazione dell'ultima Legge di stabilità: il governo di Renzi intende recuperare 728 milioni di euro proprio attraverso il rientro dei denari dall'estero. Un flusso di cassa che dovrebbe consentire di non aumentare le accise sui carburanti. Nella stessa nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza il governo ha ricordato che “con il decreto-legge Enti locali è stato posticipato a fine settembre 2015 l'aumento dell'accisa sulla benzina previsto dalla clausola di salvaguardia della legge di Stabilità”. Allo stato attuale, quindi, dal 1° ottobre dovrebbero aumentare le accise sui carburanti per assicurare un introito alle casse dello Stato di 728 milioni di euro. Eventualità che il CdM intende scongiurare.

Continuano intanto le trattative sulle riforme costituzionali. Da mercoledì prossimo il Senato comincerà a votare gli emendamenti al disegno di legge all'attenzione dell'Aula, provvedimento che dovrebbe essere approvato entro il 13 ottobre e non entro l'8, come chiedeva il Pd con insistenza. Pressioni e insistenze che hanno spinto il presidente del Senato, Pietro Grasso, a dichiarare di non essere disponibile a vestire i panni del “boia della Costituzione”. Un passo avanti è stato comunque possibile proprio grazie alle iniziative del presidente del Senato che hanno indotto Sel a ritirare i propri 62mila emendamenti, e la Lega a tagliarne 10 milioni concentrati nei primi due articoli, quelli più delicati, del ddl Boschi. Il calendario, dunque, ha dato vita a una violenta contrapposizione con il capogruppo del Pd Luigi Zanda, che chiedeva con il governo il voto finale entro l'8 ottobre anziché il 13. Rimane un clima teso, tanto che la minoranza del Pd ha mantenuto i propri emendamenti all'articolo 2 del ddl Boschi, e la maggioranza ne ha presentato uno che serve a superare una nuova eventuale valanga di emendamenti. Alla fine il calendario è stato approvato quasi all'unanimità, con il solo voto negativo del Movimento 5 stelle, e paradossalmente proprio questo freno di Grasso al Pd e al governo, dà garanzie di una approvazione del ddl, evitando un clima di eccessiva tensione durante le votazioni, che può sfociare in uno sforamento dei tempi. Il sospetto delle opposizioni, spiegato da Roberto Calderoli, era che la data dell'8, con tempi impossibili da rispettare, servisse come scusa per il governo per far votare senza modifiche il testo già approvato dalla Camera. Insomma, il ritiro degli emendamenti, ha detto Calderoli ,“ha evitato il golpe di Renzi”. Martedì la seduta sarà dedicata all'illustrazione generale degli emendamenti e da mercoledì si inizierà a votare sull'articolo 1, dove c'è il primo dei 3 emendamenti della maggioranza, che aumenta le funzioni del Senato. E ci saranno anche i primi voti segreti su due emendamenti della Lega, e proprio su essi punta Roberto Calderoli. Se nel segreto dell'urna l'accordo interno al Pd e alla maggioranza terrà, il cammino sarà in discesa anche sul successivo articolo 2. Che ci siano ancora sospetti lo dimostra il fatto che la minoranza Dem ha comunque mantenuto i propri emendamenti all'articolo 2 e la maggioranza ne ha presentato uno scritto in modo tale da essere votato per primo e da far decadere tutti gli altri.



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