Riprendono i lavori di Camera e Senato

Il Senato tornerà a riunirsi dalle 9.30 per proseguire l’esame del decreto legge sulle ulteriori misure urgenti per gli eventi sismici dell’agosto 2016. Alle 16 l’Assemblea ascolterà le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018.

Dopo che nella settimana scorsa è avvenuto l’insediamento e sono stati eletti Presidenti, Vicepresidenti e Segretari, molte Commissioni riuniranno i rispettivi Uffici di Presidenza per pianificare i lavori dei prossimi mesi. Al termine la Commissione Lavoro inizierà l’esame del decreto, già approvato dalla Camera, sugli ammortizzatori sociali in deroga.

L’Assemblea di Montecitorio tornerà a riunirsi alle 9.30 per le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018. Alle 15 sono previste le interrogazioni a risposta immediata. Come per il Senato, anche in questo ramo del Parlamento le Commissioni riuniranno i propri uffici di Presidenza per pianificare il calendario dei lavori.

Scatto di Fico: via a iter per taglio vitalizi. M5S prova a recuperare sulla Lega

Il Presidente della Camera Roberto Fico non aspetta più l'altro ramo del Parlamento e passa al contrattacco sui vitalizi. Il presidente di Montecitorio vuole mettere a segno uno dei colpi più attesi della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle, tagliando i “privilegi della politica” e le delibere sono pronte da settimane in attesa di quelle del Senato. Sono passati due mesi dall’annuncio e a Palazzo Madama manca ancora il mandato per avviare l'istruttoria, che deve essere assegnato dalla Presidente, ma il provvedimento non partirà nemmeno questa settimana, visto che Maria Elisabetta Alberti Casellati è fuori Roma.

Roberto Fico ha così deciso di convocare l'ufficio di Presidenza per far partire l’iter. Quando il taglio dei vitalizi sarà in vigore, il risparmio calcolato (almeno per le casse di Montecitorio) dovrebbe aggirarsi tra i 30 e i 40 milioni di euro annui: una cifra modesta, ma comunque un segnale per i cittadini-elettori, dopo settimane in cui il Movimento non ha letteralmente toccato palla, fagocitato dalla sovraesposizione mediatica e politica dell'alleato Matteo Salvini.

Di Maio rilancia con dazi e web; pace fredda con Salvini

I dazi come “tabù da infrangere”; la battaglia a burocrazia, vitalizi, pensioni d'oro; l'ammorbidimento del codice appalti sul principio che l'impresa “è onesta fino a prova contraria”; la difesa delle aziende italiane in Ue; la flat tax “per aiutare i più deboli”; e “mezz'ora di Internet gratis” ai poveri: Luigi Di Maio lancia così la sua controffensiva per rilanciare il Movimento 5 Stelle dopo settimane di prevalenza mediatica di Matteo Salvini.

Ieri i due leader della coalizione di Governo Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono intervenuti, in due momenti diversi, all’Assemblea di Confartigianato. Il leader del Carroccio assicura tra lunghi applausi: “Vi difenderemo con ogni mezzo. Aiuteremo le piccole aziende perché' le grandi hanno già avuto” e ancora che l’intesa con i pentastellati sta andando molto bene nonostante quanto emerga dalla stampa.

Nel suo intervento, Luigi Di Maio ha ribadito l'intenzione di fare subito il reddito di cittadinanza e annunciato per i prossimi giorni, forse già oggi, il “decreto dignità”, in cui ci sarà una norma per cui se un'azienda delocalizza dovrà restituire “ogni forma di aiuto statale con interessi anche del 200%”. Il leader pentastellato ha poi parlato lungamente della necessità di difendere il made in Italy.

Mentre Stati Uniti e Cina combattono “tra dazi e controdazi”, afferma, “l'Italia non deve isolarsi” ma non deve neanche avere paura di affrontare in UE il tema “dei dazi per proteggerci dai Paesi che rappresentano una minaccia con i loro prodotti a basso costo”.

Ma poi precisa che l'obiettivo non sono i dazi ma “proteggere le imprese” rivedendo i trattati Ue che le danneggiano (cita il Ceta con il Canada e il Mes China). Il leader del Movimento 5 Stelle afferma che su lotta a burocrazia e povertà “si gioca il futuro del governo” e fa mea culpa sul tema degli appalti, sostenendo che bisogna non irrigidire le norme ma invertire l'onere della prova: “L'impresa è onesta fino a prova contraria”.

Pd è guerra di tutti contro tutti: assemblea il 7 senza certezze

Nel Partito Democratico è guerra di tutti contro tutti. Matteo Orfini critica Carlo Calenda, Marco Minniti e Paolo Gentiloni. Nicola Zingaretti lancia il movimento per l'alternativa con sindaci e associazioni di cui il Pd dev'essere il protagonista.

L’ex ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda annuncia il manifesto del Fronte repubblicano, una “grande lista civica nazionale” che superi il Pd. Da Bologna, Romano Prodi propone di andare oltre il Pd, ma in modo diverso da Calenda. E l'altro padre fondatore dell'Ulivo, Arturo Parisi, precisa che non si tratta tanto di andare oltre quanto in profondità alla ricerca delle ansie degli italiani per offrire “un’alternativa reale” a quella reazionaria.

In mancanza di una linea e di una prospettiva, la crisi d'identità rischia di travolgere il Partito Democratico nel suo undicesimo anno di vita. Le diverse anime del partito salgono a galla e non sempre in accordo tra loro. In Transatlantico al Senato ci si chiede che intenzioni abbia Matteo Renzi, si guarda a Nicola Zingaretti e si fanno ipotesi su Paolo Gentiloni. Alla Camera si mormora contro l'area di Andrea Orlando e Cesare Damiano che presenta in conferenza stampa un pacchetto di proposte di legge da offrire al Pd con cui si prevede la modifica del Jobs act e la quota cento per le pensioni.

L'ora della verità scoccherà sabato 7 luglio all'hotel Ergife di Roma quando i mille delegati dell’Assemblea Nazionale saranno chiamati per la seconda volta a votare un nuovo segretario (o la conferma di Maurizio Martina) oppure a indire il Congresso (breve, lungo o costituente).

Se da un lato Orlando, Emiliano e Cuperlo lo vorrebbero subito, contrari e sono l'area renziana e AreaDem. Al momento infatti gli unici a essere quasi usciti allo scoperto sono Maurizio Martina che vorrebbe essere confermato segretario con pieni poteri e Nicola Zingaretti che vorrebbe essere incoronato dopo il Congresso. Il nome di Paolo Gentiloni aleggia nell'aria, mentre quello di Graziano Delrio resta sullo sfondo. Per ora si sa che Matteo Renzi non intende tornare in prima linea nel Pd almeno per qualche anno.



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