Come stabilito in sede di programmazione dei lavori, le assemblee di Camera e Senato non si riuniranno. Scelta effettuata per permettere ai parlamentari di prendere parte alla campagna elettorale per il rinnovo di sette Consigli regionali. Oggi le commissioni Cultura di Montecitorio e Palazzo Madama si riuniranno per audire i rappresentanti delle associazioni dei genitori, dei dirigenti scolastici e dei docenti in relazione all'istruttoria del disegno di legge “La buona scuola”. Successivamente saranno ascoltati i forum degli studenti e i sindacati confederali. “Non è come per la legge elettorale, lì abbiamo detto 'o si fa così o tutti a casa'. Sulla scuola è diverso, c'è stato un dissenso forte, per larga parte continua ad esserci, e noi dobbiamo ascoltare. Al Senato ascolteremo come abbiamo fatto alla Camera però l'importante è che la legge si faccia e che sia buona. Sono tranquillo e ottimista però non la prendiamo con la stessa forza con cui abbiamo preso la legge elettorale. Con i nostri ragazzi, con gli insegnanti e con i professori parliamo”, queste le dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Parole che confermano un'apertura verso il dialogo con la minoranza del Partito democratico.

Gli italiani saranno chiamati a decidere tra chi propone e si sforza di risolvere i problemi e chi è bravo solo a protestare. Questa la chiave di lettura delle elezioni regionali di domenica fornita da Matteo Renzi. L'ex sindaco di Firenze sta rilasciando diverse interviste alle tv locali per colpire gli avversari e rivendicare il lavoro svolto sino a questo momento. Il leader dem crede ancora che il 6 a 1 sia possibile e che in ogni caso “il Pd lunedì sarà ancora il primo partito”. Come dice il fedelissimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, il Pd “mette la faccia sulle regionali”. Ed il primo a farlo è il presidente del Consiglio pur negando il valore nazionale del voto. Per questo Renzi garantisce sulle liste Pd: “non ci sono impresentabili”, assicura mentre la commissione Antimafia discute, e si aggiorna, sui candidati “macchiati”. Certo il premier avrebbe preferito non giustificare presenze scomode nelle liste collegate ai candidati presidenti del Pd. Ma spera che sull'elettorato faccia premio l'impegno del governo “che ha rimesso il falso in bilancio”, ha istituito l'Autorità Anticorruzione e “ha messo regole molte dure contro la corruzione”. Dopo di che, è la valutazione dei renziani, De Luca risponderà delle sue scelte davanti agli elettori. Per questo, dopo la puntata a Salerno, il premier – salvo sorprese dell'ultimo minuto – non tornerà in Campania, una delle due regioni insieme alla Liguria dove la partita sembra, stando ai sondaggi, più aperta. La novità, però, è che il leader Pd non dovrebbe più fare il comizio di chiusura a Genova ma ad Ancona e poi, annuncia il segretario toscano Dario Parrini, a Firenze. Non che Renzi non riconosca il valore simbolico della sfida ligure dentro la sinistra. “La Liguria è diventata una cavia perché la stanno usando per regolare i conti”, ha rimarcato in un'intervista a Telenord, accusando la “sinistra radicale di voler aiutare Berlusconi”. E per dimostrare che il governo fa cose di sinistra oggi, a Palazzo Chigi, il premier firma, con i vertici di Audi e Lamborghini, il protocollo d'intesa per il via alla costruzione del nuovo Suv Urus nello stabilimento di Sant'Agata Bolognese che porterà cinquecento nuovi posti di lavoro. Oltre alla sinistra, il premier sa che deve guardarsi da Beppe Grillo e Matteo Salvini. Per questo il messaggio è che la scelta è “tra chi urla, sbraita, spera negli incidenti e che non si risolvano le crisi occupazionali” e chi, come il Pd e il governo, avanza con le riforme: la scuola, “entro l'estate le unioni civili alla tedesca” e l'impegno in Europa per affrontare veramente l'emergenza immigrazione dove anche “le quote sono un palliativo” se non si bloccano “i flussi di partenza in Africa”. Intanto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il titolare dell'Economia, Pier Carlo Padoan, hanno confermato che il governo non intende intervenire sulle pensioni. Palazzo Chigi farà di tutto per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale sulla rivalutazione degli assegni ma non ritoccherà la normativa in essere. Sulla finanza pubblica pesa anche l'incognita di una nuova sentenza della Corte, relativa all'aggio di Equitalia, nonché quella che si prospetta ben più grave e relativa al blocco dei contratti degli statali: “Se ci saranno misure da prendere le prenderemo - assicura Padoan - e rispetteremo la sentenza sempre nei vincoli di finanza pubblica”. Solo la decisione su Equitalia potrebbe costare sino a tre miliardi di euro.



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