Oggi le assemblee di Camera e Senato non si riuniranno. Come impone la consuetudine parlamentare è stato deciso di non convocare il Parlamento per permettere a deputati e senatori di seguire sul territorio la campagna elettorale per le elezioni regionali. Anche le Commissioni permanenti non saranno convocate. L'unica eccezione è rappresentata dalle commissioni Cultura di Camera e Senato, che si riuniranno per ascoltare i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del mondo della scuola. Audizione connessa all'esame del disegno di legge “La buona scuola”. Le tante sigle che si sono già avvicendate nella sala della commissione Cultura di Palazzo Madama auspicano però che il confronto di cui parla il premier produca effetti, e dunque modifiche al testo della riforma nella convinzione che, come ha fatto notare il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso a deputati e senatori, “la condivisione è essenziale perché le riforme vadano a buon fine”. I temi caldi sono sempre gli stessi, con accenti marcati soprattutto su precariato e potere dei presidi. Per il primo, la soluzione proposta “è parziale e non permette di dire che si è affrontato e risolto” ha osservato la Camusso che ha tenuto pure a sottolineare come sulle assunzioni il governo sia dovuto intervenire a causa della sentenza della Corte di giustizia europea “e non per un afflato di bontà”. Quanto alla questione dei presidi, secondo il leader della Uil, Carmelo Barbagallo “così come è posta finisce per incidere sull'autonomia dell'insegnamento e può generare abusi”. “Nel merito il ddl sulla riforma della scuola non risponde assolutamente alle vere esigenze del settore e avrà pesanti ricadute sul personale docente e Ata” ha denunciato il segretario confederale dell'Ugl, Valentina Iori.

La campagna elettorale per il rinnovo di sette Consigli regionali si avvia verso le battute finali. I candidati e i leader nazionali avranno altre 48 ore per tentare di convincere gli elettori. Nonostante le dichiarazioni del presidente del Consiglio, la partita avrà un sicuro impatto sullo scenario nazionale. Ieri Silvio Berlusconi è arrivato a dire che Renzi e il suo governo si dovrebbero dimettere se il centrosinistra non dovesse vincere in Veneto, Campania e Liguria. Parole molto nette che non hanno però spaventato il Partito democratico, deciso a guardare con fiducia all'appuntamento con le urne. Le ultime ore di campagna elettorale rischiano di essere compromesse dal dibattito sui politici colpevoli di gravi reati. Continua lo stillicidio dei nomi degli “impresentabili”, il cui elenco l'Antimafia renderà noto solo domani, a 24 ore dal voto e alla vigilia del silenzio elettorale. Intanto deflagra in Campania la grana De Luca, con ripercussioni che investono direttamente Matteo Renzi. Non fa bene al premier, infatti, la sicumera con la quale il candidato Pd in Campania, Vincenzo De Luca, lo chiama in correità contro il rischio decadenza legato alla legge Severino e alla annunciata sentenza di martedì della Cassazione, che affida al giudice ordinario e non al Tar il giudizio sulla sospensione. “Renzi ha chiaramente definito la Severino un problema superabile, confermando che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare”, mette le mani avanti De Luca che, nella serata di ieri ha poi corretto il tiro sottolineando la neutralità del governo nel dibattito. La questione è che se De Luca fosse eletto non potrebbe esercitare le sue funzioni perché proprio il premier, stando alla lettera della legge, dovrebbe dichiararne la sospensione in quanto condannato in primo grado per abuso d'ufficio. C'è chi pensa di percorrere la via dell'immediata formazione di una giunta con tanto di assessori e un vicepresidente facente funzioni. Ma è chiaro che il pasticcio De Luca rischia di imbarazzare il premier. “Sento parlare di impresentabili, ma sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno. Questo è il Pd, è legalità. C'è chi la combatte a parole, chi con i fatti”, contrattacca dalla campagna elettorale in Umbria Renzi. E proprio per rivendicare quanto fatto sino a questo momento, oggi sarà a Melfi e Olbia per due importanti appuntamenti. In Basilicata visiterà gli stabilimenti della Fiat e incontrerà Sergio Marchionne e i 1.500 operai neoassunti. Numeri che, secondo Palazzo Chigi, sono in grado di conclamare la bontà delle scelte dell'esecutivo sul diritto del lavoro. L'amministratore delegato di Fca, dal canto suo, ha elogiato le misure varate dal governo Renzi a partire dal Jobs Act. In Sardegna il presidente del Consiglio darà il via ai lavori dell'ospedale Mater di Olbia. Un investimento di un miliardo finanziato dal Qatar.



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