Sale la tensione sul fronte della nuova legge di stabilità. Dopo i richiami della Commissione europea è arrivata la dura replica del presidente del Consiglio. Matteo Renzi ha rivendicato con molto vigore la sua indipendenza dai diktat di Bruxelles: saranno il governo e il Parlamento a capire come dosare i saldi da inserire nella manovra di finanza pubblica. I vertici dell'esecutivo comunitario si dovranno limitare a verificare il rispetto formale dei Trattati. “C'è qualcuno a Bruxelles che pensa di mettersi a fare l'elenco delle tasse da tagliare, spero sia stato il caldo, le tasse da tagliare le decidiamo noi, non Bruxelles”, ha tuonato il premier intervenendo in un programma radiofonico, palesemente irritato per lo scetticismo europeo filtrato nelle scorse ore, quando alcune fonti hanno ricordato che le raccomandazioni hanno da sempre invitato i Paesi a spostare il carico fiscale dalle persone ai beni, immobili in primis. Ma non è certo “l'Ue che si gira dall'altra parte sui migranti che può darci lezioni sulle tasse”, è il messaggio che fa arrivare a Bruxelles il capo del governo, intenzionato ad andare avanti con il suo progetto. Sempre ieri, ha scritto che il prossimo 16 dicembre rappresenterà l'ultimo appuntamento degli italiani con la liquidazione della tassa sulle prime case. Almeno per il momento, non ci sarà nessun cambio di programma. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, la strategia del segretario del Pd farà risparmiare a 19 milioni di famiglie proprietarie della loro abitazione in media 204 euro l'anno, che potrebbero salire, per le famiglie più ricche, attorno ai 2.000 euro se si dovesse decidere di esentare anche le abitazioni di pregio. La legge di stabilità, che tutti i Paesi devono presentare entro metà ottobre e che sarà sottoposto al vaglio della Commissione europea, è comunque ancora un cantiere aperto, sul quale si sta lavorando a pieno ritmo. Sembra essere confermato il tanto sbandierato taglio delle partecipate locali: anche se si dovranno rispettare l'autonomia statutaria degli Enti locali e i vincoli imposti dal codice civile. La modifica di maggior rilievo dovrebbe riguardare gli ambiti territoriali per permettere la sopravvivenza delle aziende di servizi costituite in passato da Comuni e Province. Altri risparmi potrebbero essere maturati attraverso la diminuzione dei revisori contabili e la liquidazione di enti e agenzie statali. Il commissario alla spending review Yoram Gutgeld, insieme a Roberto Perotti, ha scandagliato tutti i capitoli di spesa con l'obiettivo di individuare 10 dei 25-30 miliardi complessivi necessari per la manovra. Il lavoro ormai è alle battute finali e la parola passerà presto alle scelte politiche. Di sicuro entrerà nel menù anche una limatura delle centinaia di sconti fiscali attualmente presenti, anche se alla fine si potrebbe trattare solo di una “mini-sforbiciata” al di sotto del miliardo di euro. Quello di detrazioni e deduzioni d'imposta è un capitolo intricato. Grazie al combinato disposto di diversi testi normativi e alla successioni delle leggi nel tempo ci sono oltre 250 voci di spesa che permettono di rivedere il carico fiscale gravante su contribuenti e persone giuridiche. Una massa di agevolazioni il cui valore si aggira intorno ai 160 miliardi di euro. Almeno per il prossimo anno fiscale, non dovrebbero essere toccate le detrazioni in materia di spese sanitarie. Potrebbero inoltre arrivare delle modifiche sul fronte delle pensioni. Ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha iniziato a lavorare sul complicato dossier. Sembra però scontato che un'anticipazione dell'età pensionabile porterà con sé delle penalizzazioni per chi deciderà di abbandonare il posto di lavoro anzitempo. Intanto, il Governo porterà gli ultimi decreti attuativi del Jobs Act, tra cui anche quello molto controverso sui controlli a distanza, nel Consiglio dei ministri previsto per la giornata di domani. Riunione dell'esecutivo in cui si avvierà il confronto informale sul rinnovo degli sgravi per le aziende che decideranno di assumere a tempo indeterminato i lavoratori. Ad attirare l'attenzione della politica c'è anche la “battaglia del Senato” sulla riforma costituzionale. Ieri Renzi ha rimandato al mittente la proposta di “soccorso azzurro” arrivata da Forza Italia. La maggioranza del Pd non è disposta a fare nessuno scambio tra la modifica della legge elettorale e la revisione della legge fondamentale. Nelle scorse settimane FI aveva insistito sulla modifica dell'Italicum, con l'attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito vincente, come condizione per sostenere in Senato le riforme costituzionali. Renzi sostiene di avere i numeri per andare avanti. Rimane però aperta la questione dell'articolo 2 del ddl sull'elettività della nuova Camera alta. Il presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso, ha nuovamente invitato le forze politiche a trovare un compromesso politico. Sul tavolo ci sono decine di migliaia di emendamenti da votare.



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