La giornata di ieri si è conclusa con un nulla di fatto. Confermando il pronostico della vigilia, a conquistarsi la ribalta sono state le schede bianche e i “voti dispersi”. Il presidente del Consiglio ha però chiarito il suo obiettivo di fronte ai grandi elettori del Pd: eleggere Sergio Mattarella al quarto scrutinio. Sulla carta il giudice della Corte costituzionale può già considerarsi inquilino del Quirinale. I veri protagonisti restano però le dinamiche politiche e gli intrighi di Palazzo. L'esito della prima votazione in programma sabato mattina sarà quello ipotizzato dal segretario del Partito democratico solo se i suoi parlamentari voteranno in maniera compatta. Ipotesi molto difficile se solo si considerano i trascorsi degli ultimi mesi. Gli esponenti della minoranza dem si sono detti tutti molto soddisfatti per il nome di Mattarella, un profilo ineccepibile sotto diversi aspetti. Lo stesso ragionamento è stato fatto da Nichi Vendola, che avrebbe il modo di riportare Sel al centro della scena politica del centrosinistra. Potrebbero avere molto peso nella scelta del giurista palermitano le preferenze dei fuoriusciti dal Movimento 5 stelle. Alcune fonti hanno svelato che sarebbe stata portata a termine una trattativa tra Ettore Rosato, deputato Pd di primo piano, e Walter Rizzetto, vicepresidente della commissione Lavoro e animatore di “Alternativa libera”, componente del gruppo Misto formata da ex pentastellati.
L'accordo prevederebbe l'appoggio alla strategia renziana, almeno per quanto concerne l'elezione del capo dello Stato. Un patto che renderebbe del tutto ininfluente la tattica adottata dal Movimento 5 stelle, deciso a votare Ferdinando Imposimato. Nome uscito dalla consultazione online ospitata sul blog di Beppe Grillo. La vera variabile impazzita è rappresentata dall'atteggiamento di Silvio Berlusconi. Il leader azzurro dovrà inventarsi qualcosa per evitare di essere condannato all'irrilevanza. Nella mattinata di ieri sembrava fosse pronto a votare convintamente Sergio Mattarella, scelta che – a quanto pare – sarebbe stata suggerita dal fedelissimo Gianni Letta e dalla sua famiglia. Intendimento durato lo spazio di un paio d'ore. Nel primo pomeriggio la posizione è mutata radicalmente: il metodo adottato da Matteo Renzi non sarebbe piaciuto né a Forza Italia né al Nuovo centrodestra. Eppure, il magistrato siciliano potrebbe rientrare nell'identikit stilato qualche giorno fa da Berlusconi. L'unico episodio di “grave inimicizia” nei confronti del Cavaliere risale a più di vent'anni fa. Le decisioni che saranno assunte dall'ex presidente del Consiglio rischiano inoltre di avere un fortissimo impatto sul futuro del suo movimento. Dai parlamentari vicini a Raffaele Fitto sono arrivate parole durissime. Maurizio Bianconi, ex tesoriere del partito, ha addirittura chiesto di voltare pagina azzerando tutte le cariche. Un quadro che fa cambiare pelle anche al Patto del Nazareno, centrale negli ultimi mesi, con un equilibrio politico del tutto nuovo. Il Cavaliere, dopo lo strappo, deciderà se restare partner di Renzi sulle riforme o venire meno alla parola data. Ma se Mattarella verrà eletto con un buon margine sui 505 voti necessari al quarto voto, sarà chiaro che tra i due contraenti del Nazareno ora è il premier quello più forte, mentre il Cav resta un interlocutore obbligato a non rompere, per mantenersi in una cornice che lo legittima. Ancora più complessa la partita per Angelino Alfano, che si affanna a distinguere i piani: da una parte la maggioranza di governo, dall'altra quella che elegge il nuovo Presidente, dall'altra ancora quella sulle riforme. Renzi chiede al leader del Nuovo centrodestra di comportarsi da forza di governo ed allargare il consenso intorno a Mattarella, ma Berlusconi lo tiene legato alla prospettiva di una ricostruzione del centrodestra proprio a partire dal Colle. E Alfano si barcamena, rischiando di perdere su un fronte e sull'altro. Senza contare che ci sarebbe chi starebbe già pensando alla campagna elettorale per le prossime elezioni, per qualcuno molto prossime. Se Renzi non dovesse riuscire a compattare il centrosinistra si aprirebbe una crisi di governo di difficile risoluzione.
Non è difficile ipotizzare un redde rationem nei confronti di Ncd e Udc, colpevoli di aver abbandonato la maggioranza durante uno degli appuntamenti politici più importanti della legislatura. Insomma, Matteo Renzi non si potrà permettere di abbassare la guardia e dovrà fare di tutto per cercare altri voti oltre i confini del Pd. Una mano potrebbero tendergliela i 35 forzisti di osservanza fittiana: appoggio da fornire nel segreto dell'urna senza proclami e prese di posizione.