Matteo Renzi continuerà a godersi lo strepitoso successo elettorale incassato alle elezioni europee di domenica scorsa. Le preferenze sono state di gran lunga superiori a qualsiasi previsione e non possono non rappresentare un punto di forza per il segretario del Partito democratico. Il 40 per cento rappresenta comunque un punto di partenza e non un punto d'arrivo. Renzi e suoi fedelissimi cercheranno di lavorare per ottenere un “rimpasto” della segreteria in grado di rafforzare Pd e centrosinistra; l'ex sindaco di Firenze ha ottimi argomenti per “mettere in un angolo” chi non ha mai nascosto il suo scetticismo nei confronti del nuovo corso del partito.
Ieri si è tenuta una direzione nazionale del Pd molto importante, nei prossimi mesi ci sarà poco spazio per chi si era messo in testa di portare avanti una lunga guerra di logoramento nei confronti di Renzi. Il premier intende rilanciare e consolidare quella vocazione maggioritaria sempre evocata da Veltroni ma mai raggiunta nei fatti. Dopotutto, i numeri gli danno pienamente ragione. Il partito avrebbe le carte in regola per poter correre alle politiche senza il bisogno di una coalizione di alleati. Ovviamente, molto dipenderà dalla legge elettorale in vigore al momento del voto. L’Italicum – se le percentuali dovessero rimanere quelle di domenica – avrebbe regalato un trionfo al partito di Renzi, ipotesi che non si augura nessuna delle forze politiche presenti in Parlamento. “Ha ragione chi parla di partito della nazione e il consenso che ci impone a provare a cambiare l'Italia in modo forte e l'Ue”, ha detto Renzi intervenendo di fronte ai dirigenti del suo partito. “Il Pd è primo partito in Europa e ha una responsabilità che giudico naturale venga colta in pieno e non immiserita negli scontri interni. Trovo allucinanti le polemiche per la foto di gruppo: non c'è nessun salto sul carro ma un partito che è convinto di poter discutere al proprio interno con serenità. Ha vinto il Pd”. Sul partito poi, ha aggiunto, dobbiamo parlare un “linguaggio di verità: il 40 per cento è un accidente della storia, un colpo di fortuna o un obiettivo stabile?”. E sull'obiettivo bisogna decidere se vogliamo “considerarlo come casa nostra, se vogliamo metterci la residenza o limitarci a vivere l'istante”. Per questo il segretario vorrebbe che l'assemblea nazionale del 14 giugno “fosse l'occasione per una ripartenza, un nuovo inizio insieme. Il Pd non può essere una sommatoria di correnti o il modo di ricordare quello che è accaduto al congresso. Non interessa a nessuno”. Per questo motivo il mese di giugno sarà cruciale per le riforme del governo; sul tavolo ci sono quella sul Terzo settore, sulla pubblica amministrazione, un nuovo provvedimento sulla competitività, l'attuazione della delega fiscale e la riforma della giustizia. Un menù molto ricco che dovrà trasformarsi in atti concreti, c'è infatti il rischio che esecutivo e maggioranza non riescano a rispettare il ruolino di marcia predisposto dal presidente del Consiglio.
Nei prossimi giorni si potrà inoltre capire se la maggioranza potrà contare sull'appoggio di nuove forze. Dentro Sel, la componente vicina al capogruppo a Montecitorio, Gennaro Migliore, starebbe spingendo per una collaborazione con il Pd di Renzi. Un'evoluzione in grado di rappresentare un ottimo assist per il principale partito del centrosinistra, che potrebbe inglobare anche qualche fuoriuscito da Scelta civica. Alcune fonti si spingono ad affermare l'esistenza di “grandi manovre” per favorire la nascita di un nuovo soggetto politico centrista che svolga la funzione di “alleato strategico” del Pd. All'ordine del giorno ci sarebbe anche la nascita di un nuovo gruppo parlamentare al Senato, formazione animata dai parlamentari espulsi dal MoVimento 5 stelle. Rimane però tutto da verificare il loro atteggiamento nei confronti dei singoli provvedimenti, sembra difficile che ci possa essere un sostegno incondizionato a tutti gli atti firmati dal Pd o dal governo.
Le principali difficoltà per Renzi potrebbero arrivare dalle riforme costituzionali. Di fronte alla minaccia della Lega Nord di presentare migliaia di emendamenti al disegno di legge costituzionale e trasformare i lavori in un Vietnam, la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro ha rinviato a martedì il termine per la loro presentazione. L'obiettivo è trovare entro quella data una intesa politica che consenta poi un cammino agevole. Uno “stop” che giunge quasi in contemporanea alle parole di Renzi che alla direzione del Pd ha chiesto di imprimere un'accelerazione tale da poter approvare entro l'estate la riforma del Senato. Un risultato molto difficile da realizzare. A prescindere dalla condotta del Carroccio – comunque contrario ad un Senato non elettivo formato da consiglieri regionali – saranno gli eletti pentastellati a depositare diverse centinaia di emendamenti. Atti che, a meno di sedute notturne ad oltranza, non permetteranno di portare a termine l'istruttoria entro poco più di sessanta giorni. La tanto temuta “palude” aleggia sempre su un governo deciso a spingere sempre di più sull'acceleratore.