Alle 10 è prevista la riunione del Consiglio dei Ministri. Una convocazione che all'ordine del giorno prevede argomenti di carattere interlocutorio. L'unico punto degno di nota è l'esame preliminare del decreto legislativo relativo all'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, provvedimento che sarà trasmesso in Parlamento per il parere. Il premier Matteo Renzi sta però organizzando gli ultimi aggiustamenti per approvare entro la metà del mese una proposta in cui sarà contenuta la diminuzione dell'Irpef e il taglio del cuneo fiscale. Testo che elencherà anche tutte le coperture che saranno utilizzate per finanziare l'intera operazione, vero scoglio per qualsiasi programma che preveda una riduzione del carico fiscale. Prima sarà però fondamentale la discussione sul Documento di economia e finanza (Def), che sarà presentato martedì prossimo. Palazzo Chigi ha chiarito che non intende sforare i vincoli di bilancio imposti dalla normativa europea; le politiche di stimolo per tentare di intercettare la ripresa saranno quindi declinate senza sorpassare l'ormai famoso 3 per cento del rapporto tra deficit e Pil. Le azioni dell'esecutivo saranno finanziate grazie ai miliardi recuperati attraverso la spending review, economie che finiranno però per pesare su alcuni settori dell'apparato burocratico statale. Renzi sa benissimo che molto del suo futuro prossimo dipenderà dall'approvazione dei disegni di legge o dei decreti in cui sarà contenuta la sua strategia macroeconomica. Solo allora sarà possibile zittire quei settori del Partito democratico che non fanno mancare occasione per indirizzare critiche a Palazzo Chigi. L'ex sindaco di Firenze – durante la trasmissione televisiva “Otto e mezzo” - ha fatto anche un rapido accenno alla politica industriale del Paese. Il Presidente ha ricordato che non ha nessuna intenzione di mettere sul mercato ENI o di cedere quote delle altre società partecipate dallo Stato. Se si dovrà ridurre la presenza del pubblico in economia si dovrà invece iniziare dalla riduzione di municipalizzate e società possedute dalle Regioni.
A tenere banco nelle prossime settimane saranno comunque la riforma del bicameralismo perfetto e la modifica delle regole sul lavoro, incombenze che possono tramutarsi in un ginepraio per Renzi e per i suoi ministri. Ne si è avuta la riconferma ieri quando sono venuti allo scoperto i ventitré senatori firmatari del ddl depositato dall'esponente della minoranza Pd Vannino Chiti. “Non è una controriforma, perché noi spingiamo per il rinnovamento, ma una riforma che affronta il problema molto grosso del bilanciamento dei poteri. Ogni parlamentare ha un vincolo di lealtà verso il suo partito ma anche verso i cittadini. Renzi ha posto 4 paletti per la riforma del Senato. Noi condividiamo appieno 3 di questi, anzi, li superiamo, ma per uno poniamo una questione: la sovranità dei cittadini va garantita. Non imponiamo nulla, tenteremo di convincere della bontà delle nostre ragioni. Da oggi si discute”, ha chiarito Chiti durante una conferenza stampa. Parole a cui ha replicato in serata Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme e i Rapporti col Parlamento, rimarcando che sul Senato elettivo “non ci sono spazi di manovra”. Una nettezza che rischia di favorire il dissenso e la guerra per bande all'interno del Pd. Il successo delle riforme dipenderà poi dall'appoggio di Forza Italia e di Silvio Berlusconi. Nelle prossime ore si potrebbe tenere un incontro tra Renzi e alcuni emissari azzurri, faccia a faccia utile per fare il punto della situazione. I maggiorenti forzisti non hanno infatti gradito le scelte adottate negli ultimi giorni e sono quindi desiderosi di ricordare al presidente del Consiglio che senza il loro sostegno non ci sarà nessuna riforma della Costituzione. Le parole pronunciate da Renato Brunetta, all'indirizzo del ministro Boschi, non promettono nulla di buono per il Pd. “A quanto risulta – ha detto il deputato di FI – il testo di questa fantomatica riforma del Senato, presentato in pompa magna nella conferenza stampa di lunedì scorso a Palazzo Chigi, non è ancora stato trasmesso dalle segrete stanze del governo agli uffici competenti della Camera alta. Francamente, quanto sta accadendo non è una cosa seria”. Matteo Renzi dovrà riuscire a non perdere il controllo della situazione per continuare a credere nella sua sfida. La palude da lui tanto invocata rischia di materializzarsi a soli quaranta giorni dalla fiducia.