Il governo è in un momento di evidente difficoltà. Il presidente del Consiglio e i suoi ministri devono riordinare le idee prima che si possa far strada l'ipotesi di una crisi, anche perché è sempre più largo il fronte del dissenso interno alla maggioranza. Il blocco del contratto degli statali e il programma di revisione della spesa saranno nodali. La spending review renziana rischia infatti di assomigliare a quella voluta da Giulio Tremonti qualche anno fa: ci sarebbe in programma un taglio lineare del tre per cento per la dotazione organica di tutti i dicasteri. Addio quindi allo studio di Carlo Cottarelli e ai tagli mirati, non ci sarebbe il tempo per calibrare riduzioni e programmare aumenti su voci in grado di favorire la ripresa e la crescita. Una fretta in grado di conferire all'intera operazione una forte impronta recessiva, così come denunciato a gran voce dalle opposizioni. Gli avversari dell'ex sindaco di Firenze potranno ora giocare di sponda con una vasta schiera di alleati, i dipendenti pubblici – poliziotti, carabinieri e finanzieri compresi – e i loro sindacati hanno infatti annunciato di voler proclamare uno sciopero generale qualora si dovesse decidere di mantenere il blocco dei contratti, ormai fermi dal 2010. Una misura in grado di far risparmiare circa due miliardi di euro. Ieri Palazzo Chigi ha dimostrato di non aver ben chiara la situazione. Il ministro Maria Anna Madia, titolare della Funzione pubblica, il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi e il presidente del Consiglio hanno quasi rivendicato lo stop ricordando che il blocco era già previsto nel Documento di economia e finanza già votato dalle Camere. Parole maldestre che hanno finito per far aumentare il livello della tensione. Lo sciopero di Forze dell'ordine e Forze armate – peraltro vietato dalla normativa vigente – sarebbe una prima assoluta nella storia della Repubblica, un dettaglio che ha convinto il premier ad annunciare una serie di incontri con i rappresentanti dei lavoratori in difesa. In caso di conferma del blocco nella legge di stabilità, sindacati e Cocer (gli organi di rappresentanza nelle Forze armate) si dicono comunque pronti a “continuare a garantire la difesa, la sicurezza e il soccorso pubblico al nostro Paese”, ma “chiederemo le dimissioni di tutti i capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi ministri poiché non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la specificità, la professionalità e l'abnegazione del proprio personale. La frattura che si creerebbe in tale scenario - sottolineano - sarebbe insanabile; per questo diciamo che in tale ipotesi, o restano loro oppure tutti quelli che si sacrificano ogni giorno e in ogni angolo del Paese e dell'intero mondo per garantire sicurezza e difesa”. Gli uomini che ogni giorno rappresentano lo Stato sul territorio non ne fanno solo una questione di stipendi tabellari, in ballo c'è il livello di sicurezza delle prestazioni erogate. I Vigili del fuoco, solo per fare un esempio, denunciano da anni lo smantellamento della propria rete sul territorio nazionale; programma che finisce per mettere a repentaglio le esistenze dei cittadini. Lo stesso discorso viene fatto all'interno delle carceri, dove la carenza di personale della Polizia penitenziaria è ormai cronica nonostante il livello di sovraffollamento.
Nelle prossime ore si definirà anche il programma relativo alla riforma della giustizia civile e penale. A breve ci potrebbe essere un incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi; Forza Italia potrebbe infatti decidere di dare il suo contributo per garantire i numeri al Senato. Dalla sede del partito azzurro non si fa mistero di una certa fiducia sulla possibilità di procedere, così come si è fatto sulle riforme, ad un cammino il più possibile condiviso. Giustizia a parte, l'incontro tra i due leader è necessario soprattutto per definire le modifiche alla legge elettorale. Martedì è convocato l'ufficio di presidenza della commissione Affari Costituzionali di Montecitorio e Anna Finocchiaro, presidente della Affari costituzionali Senato, ha già fatto sapere che incontrerà sia Renzi sia Maria Elena Boschi, titolare delle riforme, proprio per discutere l'argomento.

Anche la presidenza della Repubblica è direttamente interessata alla sorte che subiranno i vari disegni di legge governativi attraverso i quali dovrebbe essere attuato il programma di riforme. Giorgio Napolitano vuole un cronoprogramma preciso e teme che il calendario di Camera e Senato sia già troppo carico per poter procedere a tappe forzate su giustizia e riforma del diritto del lavoro. Si tratta di un vero proprio puzzle da comporre con cura e il Governo deve decidere al più presto le priorità per trasmetterle alle Camere. Il Quirinale non starà a guardare.



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