Dopo una settimana piuttosto turbolenta si cerca di ritrovare l'armonia nella maggioranza di governo. Il Partito democratico non può permettersi né di andare avanti senza certezze né di aprire una crisi al buio. Ieri,il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’Interno Angelino Alfano avrebbero raggiunto un armistizio dopo le polemiche relative all'elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Il premier sa che l'asse con i moderati non dà garanzia totale sui numeri. “Non escludo che tanti parlamentari siano consapevoli della responsabilità fino al 2018”, ammette Debora Serracchiani su un allargamento della maggioranza dopo la rottura del patto del Nazareno. Che sembra avere come effetto un indurimento del governo verso Forza Italia: nelle prossime ore rischiano di saltare gli sconti di 50 milioni per Rai e Mediaset sulle frequenze tv e nel nuovo testo sul ddl corruzione compare una disciplina più pesante sul falso in bilancio. Il primo a mettere da parte i malumori è stato Angelino Alfano e con lui anche gli esponenti di Ncd più vicini a Forza Italia come Maurizio Lupi. “Siamo contro le vecchie logiche ma sui contenuti c'è la riconferma del contributo di Ncd nell'azione di governo”, sostiene il ministro delle Infrastrutture, soddisfatto per il chiarimento tra il premier ed Alfano. Lupi è talmente convinto del ruolo centrale di Area popolare che non vede di buon occhio un allargamento della maggioranza, soprattutto al Senato, che apra all'ingresso di singoli parlamentari. “Di responsabili il governo Berlusconi è morto, lo dico da ministro di quel governo e ritengo che abbiano tutti da imparare”, afferma categorico ricordando l'epilogo dell'ultimo governo di centrodestra che sfociò nell'esecutivo di Mario Monti. Certo, il rinnovato asse Pd-Ncd, se oggi consente di sciogliere i nodi a lungo rinviati dentro la maggioranza sul disegno di legge contro la corruzione, non garantisce il passaggio di riforme, controverse anche nel Pd, come la legge elettorale o il decreto banche su cui Renzi è disposto a mettere anche la fiducia.

Oggi la maggioranza renziana potrebbe essere, se non allargata, irrobustita. Perché tutti e sei i senatori di Scelta civica – eccezion fatta per l'ex presidente del Consiglio Mario Monti – con alcuni deputati Sc sarebbero in procinto di passare al gruppo del Pd. Una decisione che sembra farsi sempre più concreta dopo le parole di stima espresse in serata da Renzi: “Il contributo leale sulle riforme e il Colle può portare a individuare un approdo comune e un comune cammino per il cambiamento dell'Italia”, è il messaggio fatto recapitare dal segretario Pd ai senatori di ispirazione montiana. Le reazioni non hanno tardato ad arrivare. Alla luce dell'appello starebbe facendo una valutazione in tal senso anche il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini nonché il sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova. Di sicuro non si iscriverà al gruppo democratico Enrico Zanetti, sottosegretario all'economia, che accusa i transfughi di scelta “demenziale”. “Trovo stupefacente il comunicato del premier Matteo Renzi, per l'occasione nella veste di segretario del Pd, in cui ringrazia i senatori di Scelta civica per aver votato le riforme e il presidente della Repubblica. Mi risulta che anche i nostri deputati non siano mai stati da meno. Ma la classe non è acqua. Domenica noi faremo il nostro congresso e se magari Renzi fa un salto riesce pure a spiegarci di quali approdi comuni parla e scusarsi con i nostri parlamentari. Trovarsi dentro a un Pd guidato in questo modo deve essere difficile, entrarci su chiamata, demenziale. Poi ognuno faccia quel che crede”. È quanto dichiarato in una nota da Enrico Zanetti, destinato a diventare nuovo leader della formazione centrista. Intanto la componente renziana del Pd dovrà riprendere a fare i conti con la sinistra del partito. I deputati della minoranza sono pronti a dare battaglia su legge elettorale e riforma della Costituzione, nessuno può quindi permettersi di considerare già approvato l'Italicum-bis recentemente licenziato da Palazzo Madama.

Primo obiettivo per cuperliani e civatiani resta quello di rivedere radicalmente il sistema dei cento capolista bloccati. Ci sono poi gli scrutini a voto segreto sulle norme riguardanti le minoranze linguistiche, appuntamenti sempre utili per chi intende far saltare il banco. Intanto continua lo scontro all'arma bianca tra le varie anime di Forza Italia. Raffaele Fitto è tornato a chiedere l'azzeramento di tutte le cariche e la chiusura di ogni forma di collaborazione con Matteo Renzi. Parole accolte non positivamente dai parlamentari di più stretta osservanza berlusconiana. I lavori parlamentari delle prossime settimane si annunciano in grado di riservare sorprese per la maggioranza e l'opposizione. Renzi non può dirsi sicuro di avere i numeri per declinare il suo programma.



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